Cento anni fa, a Maglie, località del Salento, nasceva Aldo Moro. Oggi, a Roma, tra le mura vaticane, procede spedito il percorso verso la sua beatificazione.
Già nel settembre 2012, subito dopo il nullaosta del card. Agostino Vallini, vicario del Papa, che ha proclamato Moro “Servo di Dio”, il Tribunale della diocesi di Roma (sede competente perché è nella capitale che lo statista della Democrazia Cristiana fu ucciso) ha accolto il “supplice libello sulla fama di santità”, ossia il documento che costituisce il presupposto per avviare la causa.
“Stiamo nella fase in cui stiamo raccogliendo dichiarazioni da parte di vescovi, cardinali, politici e anche persone comuni a proposito delle virtù del candidato”, spiega a ZENIT l’avv. Nicola Giampaolo, postulatore della causa di beatificazione. Il quale sottolinea che “l’affetto e l’entusiasmo intorno alla figura di Moro, testimoniati da conferenze, celebrazioni, intitolazioni di strade in ogni parte d’Italia, soprattutto in occasione del centenario della sua nascita, ci fanno capire che siamo dinanzi a un Servo di Dio che ha una fama di santità in crescita”.
L’ottimismo che aleggia adesso attorno a questa causa sembra aver dissipato del tutto le ombre che oltre un anno fa, nel giugno 2015, stavano rallentando l’iter. “Ci fu un’incomprensione – racconta Giampaolo – per via di alcune dichiarazioni rilasciate da esponenti della Regione Puglia nella commissione parlamentare d’inchiesta su Moro”. Si trattò – aggiunge – di “parole sul conto di mons. Antonio Mennini”.
Qualcuno attribuisce all’attuale nunzio apostolico in Gran Bretagna di aver confessato lo statista Dc nel covo di Via Montalcini, dove era detenuto. Circostanza che tuttavia il presule ha sempre smentito. “Dal momento che mons. Mennini ha parlato in commissione sotto giuramento, io credo a tutto ciò che lui ha detto”, afferma Giampaolo, confermando che la questione è ormai chiusa.
Del resto, aggiunge il postulatore, l’auspicio di andare avanti lo si percepisce dalle tante attestazioni verso lo statista democristiano: “In un momento di crisi e disaffezione verso la politica, il popolo italiano ha bisogno di un riferimento morale e di un modello di vita come quello di Aldo Moro”. Giampaolo, autore del volume “Aldo Moro, un cristiano verso l’altare” (ed. Laterza, 2015), riconosce in lui il profilo di un uomo che “faceva politica con il cuore”.
Aldo Moro ricoprì incarichi importanti in una fase della storia italiana in cui acceso era il confronto su temi dirimenti, che attengono alla sfera della vita e della famiglia. Nella seconda metà degli anni sessanta la legge sul divorzio svolse il suo cammino verso l’approvazione, che avvenne nel 1970. Allora Moro ricopriva incarichi istituzionali tali da potergli permettere di arrestare quell’iter parlamentare. Aver agito diversamente non inficia questo modello di politico cristiano?
“Aldo Moro ha dimostrato – risponde a quest’interrogativo Giampaolo – di esser stato laico nelle istituzioni e credente nella sua vita di cristiano e nel suo agire politico”. Il postulatore afferma inoltre che “basta leggere gli scritti di Moro o i testi delle sue lezioni all’università, per evincere che metteva sempre sopra ogni cosa, coerentemente con l’insegnamento della Chiesa, il rispetto della vita e della dignità umana”.
Fugati i dubbi, si attende ora che la documentazione sulla causa di beatificazione riceva il nullaosta della Conferenza episcopale per l’apertura del processo vero e proprio. Non mancano le segnalazioni di presunti miracoli avvenuti per intercessione del Servo di Dio Aldo Moro. Tuttavia è probabile che non serviranno. Il miracolo o la grazia, infatti, non occorrono se il candidato è morto “in odium fidei”. E sembra proprio che Aldo Moro verrà riconosciuto martire.
A tal proposito, l’avv. Giampaolo riferisce con tono sibillino: “Aldo Moro e Paolo VI hanno tentato di anticipare di vent’anni il disegno politico e sociale attuato da Giovanni Paolo II tra i due blocchi geopolitici”, pertanto “la vicenda Moro, con tutta la sua grandezza ed anche tragicità, può far correre la mente al Terzo Segreto di Fatima”. Il postulatore non si sbilancia ulteriormente, lasciando che si legga tra le righe della sua dichiarazione.
Era il 1978 quando Aldo Moro, riuscito a convincere la Dc della necessità di un Governo di solidarietà nazionale insieme al Pci, fu rapito e ucciso.
Aldo Moro - Wikimedia Commons
Aldo Moro ucciso "in odium fidei"?
Il postulatore della causa di beatificazione parla del “martirio” dello statista e accenna ad un intreccio con il Terzo Segreto di Fatima. Dirime poi le controversie, come l’atteggiamento dinanzi alla legge sul divorzio