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"I luterani? Non più eretici, ma fratelli in Cristo"

Mons. Buzzi, decano della Biblioteca Ambrosiana, spiega perché il viaggio del Papa in Svezia per il 500° della Riforma sia un capitolo importante del lavoro ecumenico

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Il 31 ottobre prossimo saranno passati esattamente 500 anni da quel divorzio in seno ai cristiani rappresentato dalla Riforma luterana. Nella stessa data, tuttavia, saranno passati anche 17 anni da quella che mons. Franco Buzzi – prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, tra i fondatori dell’Accademia di studi luterani in Italia (Asli) – definisce “una pietra miliare nel dialogo ecumenico”. Il 31 ottobre 1999 ad Augusta, in Germania, responsabili delegati della Chiesa cattolica e della Federazione luterana mondiale sottoscrissero la “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione”. Frutto di un lungo lavoro compiuto da una commissione teologica mista, questo importante documento fa da sfondo all’intervista che ZENIT ha raccolto con mons. Buzzi a pochi giorni dalla visita di Papa Francesco in Svezia per l’anniversario della Riforma luterana.
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Mons. Buzzi, quel documento dipana la controversia per eccellenza tra cattolici e luterani?
Il valore di quel documento è importantissimo, è una pietra miliare nel dialogo ecumenico. Per la prima volta, dopo circa 500 anni, cattolici e luterani si sono trovati d’accordo con San Paolo nel capitolo terzo della Lettera ai Romani: “Ora, invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti; giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono”. La nostra redenzione non è frutto del nostro impegno, ma è pura grazia di Dio, è dono della sua misericordia: essa dipende unicamente dall’opera compiuta per noi da Gesù Cristo, dipende dalla sua morte e risurrezione per noi, alla quale aderiamo con fede. Il dono della fede, cioè di aderire con gioia e operosità a Dio che ci parla, si accompagna sempre all’annuncio del Vangelo. Infatti il Vangelo “è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1, 17) e “la fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo” (Rm 10, 17).
Alla luce dei passi in avanti nel dialogo tra le due Chiese, è ancora lecito accusare i protestanti di eresia?
Il medesimo documento del 1999 precisa che rimangono delle differenze nel modo di intendere la tesi della giustificazione per fede. Per esempio, in Lutero si parla della permanenza del peccato, il quale, benché non sia più computato come peccato, rimane ancora in chi è giustificato, mentre i cattolici affermano che il peccato originale è tolto mediante il battesimo e che ciò che rimane della concupiscenza nel battezzato, cioè la volontà cattiva di andare contro la legge di Dio, di per sé non costituisce peccato, quando tale tentazione, che rimane, non venga acconsentita da chi ne fa dolorosa esperienza. Come si vede, si tratta di finezze teologiche che possono essere ben comprese e ammesse senza che si cada in contraddizione sul contenuto della tesi principale. Vale a dire: le differenze che permangono nelle due confessioni relativamente alla giustificazione per fede non sono tali da compromettere l’unità della medesima fede su questo punto. Dunque le differenze non consentono ai credenti delle due diverse confessioni di accusarsi reciprocamente di eresia.
Il monaco di Wittenberg, che accusava la Chiesa cattolica di essersi secolarizzata, trovò tuttavia sponda nei mondani principi tedeschi. La Riforma luterana ha avuto delle implicazioni politiche: ha sottomesso l’autorità spirituale al potere temporale?
La mondanità della Chiesa cattolica dei tempi di Lutero è stata ben descritta dagli storici ed ha rappresentato senz’altro anche per Lutero uno dei motivi della sua energica presa di posizione. Tuttavia non fu nella sua intenzione originaria la volontà di creare un’altra Chiesa rispetto a quella di Gesù Cristo. L’incomprensione e lo sbarramento totale sperimentato dal Riformatore lo indussero progressivamente a prese di posizione sempre più perentorie che lo distaccarono da Roma. In tutto ciò si inserì anche il gioco dei principi tedeschi che videro in lui l’occasione per staccarsi da Roma, per sottrarsi ai gravami economici che Roma imponeva alla Germania, cullando al tempo stesso l’idea di una Chiesa nazionale tedesca. Lutero, in ogni caso, fece di tutto per garantire alla nuova organizzazione della Chiesa in Germania lo spazio di libertà spirituale generato dalla riscoperta del Vangelo. Ne offre testimonianza la sua dottrina del duplice regno, in cui si precisano i poteri e i limiti dell’autorità civile rispetto alla libertà che scaturisce dal Vangelo.
Quali risvolti geopolitici suscitò la Riforma luterana nell’Europa del ‘500?
La Riforma causò effettivamente un grande rivolgimento politico nell’assetto della stessa Germania, ma anche dell’intera Europa, per almeno due secoli, il XVI e il XVII. Basterebbe pensare al gran numero di principati e piccole circoscrizioni territoriali politiche in cui si divise la Germania, anche a seconda della fede abbracciata dai singoli prìncipi, secondo il celebre principio di tolleranza che recita “cuius regio eius et religio”: la religione dell’individuo dipendeva dalla sua appartenenza a un territorio particolare. La rivolta sociale dei contadini, che si diffuse in molti Stati d’Europa, si incrociò di fatto con le cosiddette lotte o guerre di religione tra prìncipi protestanti e cattolici, sia al tempo dell’imperatore Carlo V sia dopo di lui, almeno fino al termine della guerra dei Trent’anni, con la pace di Vestfalia (1648). Ovviamente in tutto questo travaglio la differenza di confessione religiosa fu semplicemente pretesto e paravento per nascondere importanti interessi politici riconducibili alle aspirazioni di potere e di prestigio dei prìncipi regnanti.
Nonostante tutto, restano diffidenze: la scelta di Papa Francesco di partecipare a questa commemorazione in Svezia ha creato perplessità tra alcuni cattolici…
Non si tratta di celebrare la divisione, ma al contrario di mettere al centro del nostro comune interesse tutto ciò che fin d’ora ci unisce, nella comunione di Cristo. Certo si può capire anche la resistenza da parte di alcuni cattolici formatisi alla scuola della contrapposizione confessionale, nutriti di quella teologia controversistica e apologetica che ha dominato la scena della catechesi e degli istituti di cultura teologica per circa cinque secoli consecutivi. Gli ultimi cinquant’anni, in cui grosso modo si è intensificato il lavoro ecumenico, non hanno ancora potuto suscitare l’interesse e l’adesione di tutti a quella prospettiva che intende passare dal conflitto alla comunione.
Considerando che il variegato mondo protestante non ha un magistero unanime, esistono dei temi d’attualità su cui cattolici e luterani possono parlare al mondo con una voce sola?
Sì, certamente. Anzitutto ci deve unire la volontà di annunciare insieme al mondo intero che solo nel nome di Gesù è offerta a tutti gli esseri umani la salvezza da parte di Dio (cfr. At. 4, 12). Non c’è urgenza più grande di questa. In secondo luogo, sia per gli uni che per gli altri, la vera fede in Cristo non può che manifestarsi nelle opere dell’amore (cfr. Gal 5, 6). Su questo terreno occorre che crescano le iniziative di collaborazione per venire incontro agli effettivi bisogni odierni dell’umanità sofferente. Insomma, insieme ci proponiamo di celebrare una festa per Gesù Cristo, rendendo credibile al mondo tale comune testimonianza con le opere dell’amore.

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Federico Cenci

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