Cardinal Muller during the Family Synod

Foto: Catholic Church England and Wales

Müller: "Oggi morte banalizzata. Evitiamo di mescolare pratiche cristiane e materialismo"

Il cardinale commenta l’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede su sepoltura dei defunti e cremazione

Share this Entry

A margine della presentazione in Sala Stampa vaticana dell’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede Ad resurgendum cum Christo, circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione, il cardinale prefetto Gerhard Müller ha risposto ad alcune domande di ZENIT e altri colleghi della stampa.

***

Eminenza, il no più perentorio nel documento è per la dispersione delle ceneri dei defunti o alla loro trasformazione “in ricordi commemorativi, pezzi di gioielleria o altri oggetti”. Come giudica questa tendenza?

Questo è contrario alla tradizione cristiana. Non vogliamo che venga privatizzata la fede e che la memoria diventi qualcosa di individuale ma che sia qualcosa che appartiene alla Chiesa e alla famiglia di Dio. Per questo viene ribadito che è meglio trovare un luogo comune per i nostri morti, in modo che non solo quello che è in possesso dell’anello, ad esempio, abbia un ricordo del morto ma anche altri che vogliono pregare per lui. Una persona in vita non ha avuto solo rapporti con la persona che porta con sé le sue ceneri. Non si possono neanche dividere le ceneri vari pezzi: chi nell’anello, chi nella collana o in altro. Mi sembra una cosa del tutto ridicola.

Una pratica del genere è dunque un peccato per la Chiesa?

Non è un peccato mortale e non è neanche proibito, ma è un simbolo che non va d’accordo con i sentimenti e i principi del cristianesimo, perché il corpo del defunto – come dicevo – non è proprietà privata dei suoi parenti. Siamo tutti figli di Dio e della Chiesa. Un conto è che si conservano gli oggetti in base ad un testamento, ma l’identità di una persona espressa nel suo corpo è altro: non è l’eredità o la proprietà quasi materiale dei parenti o di un genitore, una moglie o chiunque abbia avuto rapporti. Dobbiamo superare questo individualismo e non solo quello…

Cos’altro?

Dobbiamo evitare la mescolanza degli elementi del pensiero cristiano con quelli del pensiero secolarizzato, materialista e individualista. Bisogna ritornare a un pensiero integrale cristiano, ovvero la consapevolezza che quando uno è battezzato alla nascita, l’inizio della sua vita è con Cristo e anche la sua morale, i suoi rapporti sociali sono influenzati dalla comunione con Cristo. Di conseguenza, anche la nostra morte. San Paolo parlava, infatti, della morte in un’ottica di comunione: tutti i morti del Cielo verranno nell’ultimo giorno, si uniranno ai viventi sulla terra. In Occidente si è persa questa dimensione comunionale della nostra esistenza. Si parla dell’autonomia della persona in senso ‘borghese’.

La Chiesa, si ribadisce nel documento, non vieta la cremazione ma preferisce la sepoltura. Può spiegarci perché?

Il modello che seguiamo è Gesù Cristo che è stato sepolto, dopo la sua morte, ed è risorto. In virtù della tradizione cristiana, la Chiesa ha perciò sempre suggerito la pratica della sepoltura con la venerazione del defunto e la preghiera nel Campo Santo o in un luogo sacro vicino alla Chiesa. La cremazione era in uso tra i pagani dell’Impero Romano ed è ritornata nel XIX secolo con la corrente materialista come espressione della negazione della fede e della resurrezione. Questi materialisti anti-clericali hanno avanzato la proposta della cremazione per dimostrarsi superiori a noi cristiani,  troppo ‘tardivi’ nello sviluppo del pensiero. Tuttavia non sempre la cremazione viene fatta per negare la fede; in quei casi, la Chiesa la accetta e la tollera, purché vengano rispettate alcune condizioni come, appunto, non disperdere le ceneri nella selva, nell’acqua, quasi a voler dissolvere l’identità del morto. La Chiesa vuole infatti un luogo per la memoria personale dove sia inciso il nome del morto, perché ognuno deve essere chiamato col suo nome, ognuno deve avere una dignità.

Per chi ha già fatto cremare un parente cosa succede ora?

Non parliamo di una pena per chi ha fatto questo. Neanche adesso vogliamo convincere la gente, ma ribadire quale sia l’atteggiamento giusto, secondo la Chiesa, davanti alla morte. È difficile morire e anche perdere una persona amata, ma ognuno deve accettare questo come una verità che Dio è il nostro Salvatore e non ci lascia fuori dalla speranza della resurrezione. Perciò la Chiesa sconsiglia a tutti i fedeli la cremazione e ammonisce di agire secondo la fede, per non essere cristiani ‘parziali’ ma in ogni momento.

Lei ha parlato di una “sfida dell’evangelizzazione della morte”. Vede oggi una banalizzazione dei concetti di morte, resurrezione, aldilà?

Sì c’è una banalizzazione, ma fa parte della secolarizzazione del cristianesimo. Soprattutto vedo che manca il rispetto della vita e della dignità umana. Tanta gente ha perso la fede cristiana e continua a conservare alcuni usi, tradizioni, elementi, senza rendersi conto della loro dignità. Penso, ad esempio, a quando i bambini ricevono la prima Comunione solo per fare la festa… Siamo tristi, perché queste persone sono affidate al Pastore Gesù Cristo che ha dato la sua vita per noi, ci ha lasciato il sacramento dell’Eucarestia e noi di questi doni consideriamo solo l’aspetto decorativo, li usiamo per feste secolari. Abbiamo invece una dignità, non dimentichiamolo!

Share this Entry

Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione