Foto: Festa del Cinema di Roma

Alla Festa del Cinema di Roma, una denuncia contro la pedofilia

Presentato in anteprima Coco, cortometraggio della regista Veronica Succi che anticipa il prossimo film Parvus

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“Quello che viene presentato è un documento importante, e lo dico non solo da persona attenta ai temi della fede e dello spirito, ma da semplice cittadino”. Con queste parole il direttore artistico della Festa del Cinema di Roma, Antonio Monda, ha presentato Coco, cortometraggio della regista Veronica Succi inserito nel convegno ‘La denuncia contro la pedofilia’.
Realizzato con grande sapienza artistica e cinematografica, Coco racconta la storia di un bambino che, venduto dalla madre prostituta ai propri clienti, reindirizza la propria sofferenza e i traumi subiti nell’arte, diventando un’artista trasformista. Tratto da una storia vera raccontata alla regista dalla stessa vittima delle violenze, il corto rappresenta una denuncia alla pedofilia dotata di profonda onestà intellettuale, mettendo in luce la perdita dell’innocenza del bambino e i risvolti negativi che questo avrà nella sua vita. I richiami freudiani, il lavoro di messa in scena e il linguaggio simbolico/metaforico che arriva direttamente all’inconscio dello spettatore, fanno di Coco non solo un’opera socialmente rilevante ma anche, e soprattutto, un prodotto filmico di straordinaria qualità.
Alla proiezione è seguito un dibattito a cui ha partecipato il cast artistico del film e don Fortunato Di Noto, fondatore dell’associazione Meter Onlus che da oltre 20 anni combatte la pedofilia e la pedopornografia e che ha fortemente sostenuto il progetto della Succi.
ZENIT ha avuto l’opportunità di intervistare la regista Veronica Succi, don Fortunato, il produttore associato Francesco Dainotti per la Gekon Productions, Francesco Dainotti e l’attore e produttore Federico Rosati che nel film veste i panni del violentatore.
Dainotti, già intervistato in occasione dei suoi precedenti film, ha evidenziato il coraggio della regista nel realizzare un film con una tematica tanto delicato e difficile da rappresentare cinematograficamente, poiché si corre il rischio di cadere nel patetico o nel morboso, due poli opposti di un’unica visione. ≪Credo che ognuno di noi ha il dovere morale di cercare di fare qualcosa, per carità è una goccia gettata nel mare, ma è un dovere provarci. Soprattutto chi è matura e ha un’età avanzata deve dare un segnale, dimostrare che il problema esiste, non oscurarlo≫.
Nonostante le difficoltà che si possono incontrare, Dainotti non ha dubbi sull’importanza di realizzare progetti cinematografici del genere: “Il cinema è uno straordinario medium per diffondere valori ed è di vitale importanza che torni a guarda al sociale. Spesso si crea un vuoto, perché si crede che il silenzio sia meglio di qualunque commento o attività, ma questo è un tremendo errore”.
Sui suoi futuri progetti il produttore per scaramanzia non ci ha voluto dire molto, se non che sta realizzando un lungometraggio con una grossa società di produzione cinematografica e un cast artistico di primo ordine, di cui a  bravissimo ci farà sapere.
Veronica Succi ha sottolineato come spesso si tenda a parlare di queste tematiche in modo documentaristico poiché non è facile sublimare una problematica attraverso l’arte, temendo il rischio di cadere nell’incomprensibile o nell’ermetico. Quanto più è difficile la tematica tanto più la si affronta nel modo più basilare e semplice possibile. Io invece credo proprio il contrario, credo che una tematica così complessa non può essere raccontata come una storiella né come un documentario. Ritengo che solamente un lungometraggio, attraverso un approccio artistico, può sviscerare una problematica fino in fondo”.
La regista, che dopo aver studiato a Madrid a La Factoría del Guión di Pedro Loeb ha fatto suo lo stile almodovariano, ci ha spiegato come Coco rappresenti lo spin-off, cioè l’anticipazione del lungometraggio thriller Parvus. “Il lungometraggio in questo momento è in fase di pre-produzione, verrà effettivamente realizzato a settembre 2017. Tratta dell’organizzazione internazionale di pedofili, argomento del tutto inedito, affrontando la tematica dal punto di vista del pedofilo. L’intento è quello di dare una visuale più completa alla problematica, anche attraverso l’aiuto di Antonia San Juan che sarà la co-protagonista del pedofilo e che darà un tocco di ironia a questo thriller, che diversamente sarebbe di difficile approccio. Ritroverete dunque il personaggio di Coco in Parvus, che sarà l’anima e la forza del film”.
Federico Rosati ci ha raccontato invece come interpretare nuovi personaggi, anche moralmente inaccettabili come nel caso di Coco, rappresenti l’anima del suo lavoro: “Io cerco di fare dei personaggi, per quanto possibile, che mi diano la possibilità di conoscere me stesso, perchè credo che conoscersi sia l’elemento fondamentale della nostra esistenza. Quando affronti un personaggio del genere inizialmente hai paura, perché sei davanti a uno specchio e sai che è un attimo che la mente può uscire. Come diceva anche Edgar Allan Poe esiste il genio della perversione, guardi il balcone e ti vuoi buttare sotto”.
“Ci sono dei meccanismi della mente umana che sono incomprensibili e irraggiungibili”, prosegue l’attore. “Quando mi presentano un personaggio del genere scatta in me qualcosa di morboso, divento il personaggio, però poi lo attraverso e ne esco indenne, come se mi purificasse. È una sorta di catarsi”.
Analizzando il panorama cinematografico italiano contemporaneo, Rosati si è detto convinto che una nuova generazione di registi italiani emergenti abbiano espresso la volontà di costruire personaggi più complessi. Personaggi in grado di generare empatia con il pubblico pur nella loro negatività o bruttezza. Ma questo non accade se non ti cali nel personaggio, se non si abbandonano i propri panni, la propria faccia. In Parvus sarò un personaggio eclettico con i capelli rossi, gli occhi azzurri e ciglia e sopracciglia rifatte (piccola indiscrezione che Rosati ci ha confidato ), vediamo quale sarà il risultato sullo schermo”.
L’attore sarà prossimamente protagonista di Youtopia, opera seconda di Berardo Carboni con Matilda De Angelis, Alessandro Haber e Donatella Finocchiaro, e sarà in concorso al Riff (Rome Independent Film Festival) con un film prodotto da Marco Buccioni e per il quale è ingrassato 12 chili.
Con don Fortunato di Noto abbiamo approfondito il dibattito sulla pedofilia, soprattutto per quanto riguarda la poca diffusione della problematica: Si parla di pedofilia quando c’è il caso di cronaca, ma di per sé il fenomeno della pedofilia e della pedopornografia è un fenomeno esteso, trasversale e complesso, presente nel territorio italiano e mondiale. Non si sa ad esempio che esistono associazioni a delinquere di pedofili o che la pedopornografia si nutre di gruppi che sfruttano i bambini per fini economici. Solo lo scorso anno sono state diffuse 1.180.909 foto pedopornografiche, di cui 8.745 riguardanti bambini dai 0 ai 3 anni. Se è vero che una foto di un bambino neonato violentato può arrivare a costare 1000 euro immaginate il giro di soldi che sta dietro a questo macabro fenomeno. Tuttavia non se ne vuol parlare perché c’è sempre questa sorta di compiacente silenzio, perché si credo che meno se ne parla meglio è, ma questo fenomeno è un pugno allo stomaco che non possiamo più tacere”.
Parlando del rapporto tra la sua associazione e la Chiesa Cattolica e della gestione di quest’ultima dello scandalo dei preti pedofili, don Fortunato ha osservato come sia paradossale che Meter Onlus non faccia parte della Commissione per la Tutela dei Minori in Vaticano: La mia non è una rivendicazione, ma una semplice constatazione”, ha detto il sacerdote. “Io credo che potremmo dare un valore al Comitato grazie alla nostra esperienza diretta e operativa, legata non solo alla pedofilia online ma ai centri di accoglienza e ascolto delle vittime. Non credo che per il fatto stesso di essere sacerdote, il prete pedofilo vada considerato maggiormente criminale di un pedofilo laico. Se fosse una questione di ruoli sociali bisognerebbe fare lo stesso discorso per i magistrati o i medici, se non i padri o le madri”.
“Credo piuttosto – ha aggiunto Di Noto  che nel passato recente la vera colpa della Chiesa sia stata quella di nascondere, di stare in silenzio e non affrontare il problema. L’errore è stato essere convinti che il problema potesse essere risolto interno alla Chiesa, dimenticandosi però delle vittime. Oggi fortunatamente la tolleranza zero è effettivamente attuata, lo è anzi  fin da Benedetto XVI, con molta determinazione e forza nella certezza della pena. É indegno che un sacerdote abusi di un bambino, credo che gli angeli di Dio si stiano ribellando per questo. Un prete che abusa di un bambino non è, e non sarà mai, un mio collega”.

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Gianluca Badii

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