“L’Associazione Medici Cattolici Italiani da sempre impegnata a sollecitare i medici ad esercitare l’obiezione di coscienza come esercizio di un diritto di valore costituzionale recepito nel codice di deontologia medica, in relazione a quanto avvenuto a Catania, ritiene doveroso ribadire che non può essere invocata l’obiezione di coscienza quando la donna versa in pericolo di vita, come, peraltro, previsto nell’ultimo comma dell’art. 9 della legge 194. Di fronte al pericolo di morte della madre, invece, deve scattare l’obbligo grave e irrinunciabile per il medico di fare tutto il possibile per salvarla”.
Queste le parole del prof. Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici, in occasione del convegno su “Fragilità e dolore nel contesto giubilare della misericordia” promosso dall’Amci, in corso all’Università Urbaniana in Roma.
Il prof. Boscia fa riferimento alla vicenda della donna al quinto mese di gravidanza morta nel reparto di Ginecologia dell’ospedale “Cannizzaro” di Catania insieme ai due gemellini che portava in grembo. Secondo alcune testimonianze, il medico non sarebbe intervenuto per salvare la vita alla donna.
Sulla questione è intervenuta Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, che ha inviato degli ispettori per far luce sui fatti. “L’obiezione di coscienza attiene al profilo deontologico e riguarda la coscienza dei medici, ma non ha a che fare con casi come questo – ha detto -: l’obiezione di coscienza attiene infatti all’interruzione volontaria di gravidanza e non in casi in cui si tratta di salvare la vita di una donna”.