Le conseguenze di un solo gesto malvagio

Ogni azione negativa, anche se non nell’immediato, è destinata a provocare ostacoli al perseguimento del bene comune

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C’è un riflessione che nessuno dovrebbe mai evitare, adoperandosi anzitutto a farla diventare centrale nella propria vita. Ogni uomo infatti è giusto che sappia quanto qualsiasi suo gesto, nel bene o nel male, produca un frutto che può trasformare il corso della storia di un singolo, di una comunità, di uno Stato, del pianeta intero. Afferma il teologo Mons. Costantino Di Bruno: “L’atto dell’uomo vive di vita propria. Messo nella storia, precipita inarrestabile come masso da un monte”.
Se la società diventasse cosciente di questa verità sarebbe obbligata, in ogni sua articolazione sociale, culturale, politica, economica, ecc., a compiere solo gesti di bene, se volesse concorrere ad offrire al mondo intero un frutto di vita per tutti. È fondamentale andare in questa direzione, ancor più se titolari di responsabilità che coinvolgono un numero significativo di cittadini. Una visione cristiana dell’esistenza umana, in grado di mettere al riparo il futuro di ogni collettività da qualunque conseguenza nefasta.
Il male spesso si compie sicuri di poter superare un momento di difficoltà personale o comunitario, sottovalutando il riverbero di una parola di falsità; di una menzogna; di una minaccia; di un raggiro magari ammantato da una parvenza ben truccata e subito, anche se ingannevole, condivisibile. Si ignora, accecati dai riflessi immediati delle cose, che tutto ciò che si semina nella storia non muore girando la testa dall’altra parte, ma continua a lievitare. Lo fa in un modo imprevedibile, portando la sua dose di veleno sociale negli anfratti della quotidianità.
Qualsiasi cosa succeda davanti a noi è sempre il risultato di concause e di parole o di azioni lasciate depositare nel flusso costante della realtà vissuta. Altro inevitabile errore è quello di non considerare la responsabilità, diretta o indiretta nel tempo, che si ha in prima persona di tutto il male che il seme gettato produce e pone in essere. L’uomo così, qualsiasi sia il suo ruolo, si rifiuta di sapere che tutto quello che ha lasciato lungo il suo percorso non lo potrà mai fermare e in nessun caso lo potrà governare.
Un danno inestimabile se si pensa a quanta “sostanza tossica” si inietta per responsabilità personali nel corso della propria esistenza, quando i principi universali che la Parola ha consegnato agli uomini per tutelarli, vengono meno. Afferma mons. Di Bruno: “Uno può distruggere una diga, ma non potrà fermare l’alluvione che essa provoca. Può decidere un attacco cibernetico contro il nemico (oggi di grande attualità). Ma poi sa quali reazioni si avranno? Sa se l’altro è pronto per mali più grandi? La stessa cosa vale per chi scrive; conduce programmi televisivi; insegna; scrive le leggi; decide strategie vitali per un Paese o un piccolo centro.
Vale anche per il mondo religioso, non a caso lo stesso teologo scrive: “Io, teologo, metto nella storia una falsità su Cristo Signore, sul Padre celeste, sullo Spirito Santo. Conosco i frutti che pongo in essere?” Nego la verità di una Parola di Cristo Gesù, in nome di un pensiero personale falso. Posso farlo. Ma poi chi controlla l’alluvione di male? Posso anche sostenere falsamente, erroneamente, ereticamente, che esiste solo la misericordia di Dio? Ma so cosa produce la mia falsità? Insegno che l’inferno è chiuso e che il Paradiso è per tutti. Posso. Ma i frutti da me prodotti li conosco? L’alluvione la posso fermare?”.
Sono interrogativi di una attualità eccezionale che, se ben compresi, potrebbero favorire quel dialogo e quella condivisione che manca tra i soggetti interessati. Specie se necessita indicare le giuste direzioni per migliorare la qualità della vita di ogni essere umano e non solo per quelli che già posseggono risorse e occasioni per attivare il meglio possibile. L’uomo non può far finta di non sapere quanto sia obbligato in coscienza a non produrre, per alcun motivo, un atto di male che riguardi la socialità o la spiritualità di un certo contesto.
Succede spesso l’opposto e inevitabilmente, in proporzione alla portata del seme di male piantato nella storia personale o collettiva, si rischia di porre dei fiammiferi su una polveriera di cui nessuno può prevedere e guidare gli effetti. Ogni azione negativa, anche se nel momento in cui viene generata non porta conseguenze immediate, è destinata a tracciare delle differenze, a provocare smottamenti e diversità che nulla offrono al perseguimento del bene comune. Pensate ad un giovane che vive nell’ozio e nell’apatia più completa!
Si diverte, gioca, gode, ma che farà quando in futuro avrà bisogno della scienza per attivare le sue nuove condizioni di vita? Si troverà ad essere debole e privo di quegli elementi che danno ad un uomo la forza di condurre con dignità e sicurezza la sua battaglia esistenziale. Non può perciò venir meno la prudenza che è sempre garante dinnanzi alla tentazione di non valutare l’errore appena commesso, soprattutto in un mondo che affida al web ogni sua particolare situazione. Il danno è ineluttabile, se non spesso violento.
Le cronache sono piene di atti estremi dinnanzi, ad esempio, alla non avvedutezza che spinge a pubblicare sulla rete anche video privati e sicuramente non in linea con un minimo di moralità pubblica. Risultato? Si piangono le conseguenze e si evita di evidenziare le responsabilità dirette anche se evidenti. C’è anche chi ha il coraggio di giustificare ogni cosa accaduta, pur se fuori da ogni sano principio, in nome di una libertà o felicità che onestamente non hanno alcuna ragione d’essere. Intanto il “masso” della propria inettitudine continua a rotolare dal monte della storia, fino al punto in cui cadrà inesorabilmente sulla testa di qualcuno.
Ognuno di noi deve sapere a tutti i costi quanto sia obbligato a non provocare un qualsiasi atto di male. Una consapevolezza non rinviabile se si vuole preservare una coscienza pulita e serena, convinta della difficoltà assoluta a poter abolire le conseguenze inevitabili di ogni elemento distorto che si è fatto capitolare nei meandri delle relazione umane.
Le parole infine di invocazione di Mons. Di Bruno alla Vergine Maria fanno capire in un modo netto l’importanza per l’umanità di agire profondamente dentro se stessa: “Madre del Signore, infondi la tua sapienza nei tuoi figli, perché sappiamo che non è in loro potere governare il male da essi prodotto. Illumina il mondo, Madre, con la luce della scienza eterna, perché tutti sappiamo che mai potranno controllare l’alluvione da essi generata.

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Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

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