Foto: Ibrahim Ashram -Abouna.org

Monte Nebo: il Santuario riapre nel segno di una speranza di pace

Nella messa per l’inaugurazione dei restauri, il cardinale Sandri invoca la libertà religiosa e la cessazione dei conflitti in tutto il Medio Oriente

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La giornata di ieri ha segnato un momento storico per la Terra Santa, con la riapertura ufficiale del santuario del Monte Nebo, in Giordania, luogo dove Mosè morì, poco dopo aver visto la Terra Promessa.
La cerimonia di riapertura, dopo vari anni di ristrutturazione ha visto la messa presieduta dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, reduce da una serie di visite, tra cui l’Ospedale Italiano di Amman, la parrocchia di Marqa, e il “Ristorante della Misericordia”, dove si è svolto il pranzo per i poveri, organizzato dalla Caritas locale.
Un’altra sosta del porporato argentino è stata a Madana, presso la parrocchia greco-melkita, dove ha sede un laboratorio di mosaico gestito dai profughi iracheni, con il coordinamento della Caritas e il contributo dell’Ambasciata francese.
Il santuario è stato riaperto ai vespri di sabato scorso, in occasione dei quali “in tanti abbiamo potuto contemplare il frutto dei lavori di questi anni”, ha sottolineato il cardinale Sandri.
“La fede di quei nostri fratelli e sorelle – ha proseguito il prefetto – ci ha donato il suggestivo contesto ove ci troviamo, in cui ogni tessera degli splendidi mosaici oggi quasi fa risuonare il loro cantico di lode al Signore. Via via, lungo i secoli, la luce e lo splendore della loro fede è stata custodita da questi luoghi, e nulla l’ha potuta cancellare, né la polvere dei secoli né la distruzione delle guerre”.
Sandri ha quindi ringraziato “per la fede di tutti costoro, uomini e donne della Prima e della Nuova Alleanza: la fede dei lavoratori e dei pellegrini, come Egeria e Pietro l’Ibero, la fede dei frati archeologi, tra tutti Michele Piccirillo, e dei semplici frati che qui hanno pregato e pregano”.
Una preghiera di intercessione è stata rivolta dal cardinale a San Francesco d’Assisi, il quale “fu capace di cambiare la sua vita prestando l’ascolto alla voce di Dio, in una esperienza del roveto ardente che possiamo identificare nel dialogo col Crocefisso a San Damiano”, divenendo così “intercessore, per il rinnovamento della Chiesa e per la pace tra i popoli”.
Di seguito il porporato ha invitato a rivolgere lo sguardo verso le terre confinanti, segnate da conflitti che “da decenni mettono di fronte un popolo contro un altro popolo” e dal “grido di coloro che fuggono dalla guerra e della persecuzione nella Siria e nell’Iraq, e trovano rifugio nella terra giordana”.
Il cardinale Sandri ha quindi stigmatizzato la “sordità” di “coloro che hanno in mano le sorti dei popoli e della Nazioni, e preferiscono preservare i mercati e i profitti, invece che salvare le vite innocenti delle donne e dei bambini”. Il “mistero del male”, ha aggiunto, può essere sconfitto lasciando che “Dio lo vinca in noi e per noi”.
In conclusione, il capodicastero ha invocato il dono della pace “in particolare per le giovani generazioni” del Medio Oriente, perché “possano essere accompagnate sulla soglia di un’esistenza di pace nei loro Paesi, nella convivenza pacifica tra le religioni e le culture in una gara reciproca alla carità e alla costruzione del bene comune, e mai più alla violenza, alla sopraffazione e alla negazione della libertà fondamentale a professare liberamente la propria fede”.
[A cura di Luca Marcolivio]

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ZENIT Staff

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