Sembra davvero lui, il vero d’Annunzio, a primo sguardo, nel suo mausoleo privato: il Vittoriale, tra il lusso sfrenato, il pianoforte appartenuto a Wagner, le preziose vesti, lo stuolo di femme fatale in vesti da sacerdotesse. E invece si tratta di Edoardo Sylos Labini, che in una perfetta mimesi comportamentale oltre che fisica riproduce il vate degli italiani nel suo lato privato e intimo, nascosto ai più: un “D’Annunzio segreto”, come recita lo spettacolo.
Una riproduzione scenografica – della pregiata Marta Crisolini Malatesta – puntuale della dimora del “Vate” con opere d’arte internazionali, ninnoli di ogni parte del mondo, porcellane giapponesi, tappeti persiani e statue elleniche e buddiste. “Vivere nel bello è per me l’unico modo per fare arte”, apostrofava il poeta di Fiume, a chi si lamentava dei debiti contratti per questo suo horror vacui. E tra le opere più care e celate: il busto di Eleonora Duse. Un cimelio votivo all’attrice che ha sempre amato, tra tanti alti e bassi, il cui ricordo gli offusca la mente e affolla le notti insonni, come un fantasma che implora giustizia.
E tra i suoi svaghi segreti, oltre alla cocaina, le donne e il lusso, ci sono, appunto, le conversazioni notturne con la “divina”, che sibillina gli profetizza l’imminente fine e gli ricorda della famiglia, dei figli, di cui prendersi cura, a dispetto del suo cupo isolamento. Un isolamento in parte volontario e in parte scelto da Mussolini, che paga a peso d’oro la sua clausura nella gabbia dorata di Gardone Riviera. E al Vate non restano che i ricordi, la battaglia di Fiume, il suo slancio battagliero il suo “memento audere semper”: il suo motto attivista, da ardente amante della vita e dell’azione, in linea con il futurismo e i principi ispiratori del fascismo. Valori in cui D’Annunzio non si rispecchia più, contrario “all’alleanza con la Germania, che sarà per l’Italia, la fine”.
E chiuso nel suo studio, lo sfiorano pensieri di suicidio, ben celati dal volo dell’Angelo e da altri gesti prodigiosi, nei quali il vate rischiava consapevolmente la vita, non solo per dar sfoggiò di sé ma anche per un inconsapevole desiderio di morte.
E saranno allora le sue donne – la sua governante messalina Amelie Mazoyer, la sua compagna, la pianista Luisa Baccara – a farlo desistere e la droga e gli amplessi con donne fugaci a stordirlo in una felicità artificiale, che lentamente l’ha consumato, lasciandogli il rammarico per la felicità mancata.
Applausi meritati a Edoardo Sylos Labini per la presenza scenica e l’empatia col pubblico, co-autore insieme ad Angelo Crespi della drammaturgia – resa possibile da un’attenta opera di ricerca sui testi rinvenuti al Vittoriale – per la regia ieratica di Francesco Sala che rende questa pièce simile a un santuario del Grande poeta, la cui vita costituisce il patrimonio culturale e artistico di tutti gli italiani, che gli devono più di quanto sanno.
***
Fino al 16 ottobre al Teatro Quirino
D’Annunzio segreto
Drammaturgia: Angelo Crespi
Regia: Francesco Sala
Con Edoardo Sylos Labini, Giorgia Sinicorni, Evita Ciri, Chiara Lutri, Priscilla Micol Marino e Viola Pornaro
Scene e costumi: Marta Crisolini Malatesta
Disegno e luci: Pietro Sperduti
Musiche originali: Antonello Aprea
Maestro d’armi: Renzo Musumeci Greco
Foto: ZENIT - RR
“D’Annunzio segreto”: il Vate nella sua dimora
Fino al 16 ottobre, al Teatro Quirino, lo spettacolo, con la magistrale interpretazione di Edoardo Sylos Labini