L’uomo è strettamente legato a Dio. Tutti coloro che ogni giorno affermano questa verità, religiosi o laici che siano, vengono guardatati sicuramente con rispetto, ma non con la giusta attenzione. La prova è da ricercare nelle azioni quotidiane di ognuno, qualsiasi sia l’attività sociale, politica, economica, ricreativa, professionale, a volte ecclesiale, intrapresa. Emerge sempre il confine terreno saldamente diviso dal cielo, dentro il quale l’uomo costruisce la sua potenza personale o di gruppo, falsando la vera capacità umana e adottando codici che spesso sono l’opposto della legge di Dio o comunque deliberando norme di buon senso che vengono nel la realtà disattese.
Una farsa democratica che sta minando le basi dell’umanità. Quanti provvedimenti a favore della pace! Viviamo per caso in un mondo di serietà e senza violenza? Molte le leggi sulla corruzione o sull’uso delle armi! Siamo perciò in una società che fa dell’etica la sua paladina e cancella a tutto campo la costruzione giornaliera degli armamenti più pericolosi? A parole difendiamo in ogni momento la natura dell’uomo e il suo quotidiano equilibrio sociale! Da Stato cattolico rispettiamo senza cedimenti forse la stabilità congenita e l’essenza ontologica di ogni individuo?
Se si riflette un attimo non è difficile rendersi conto di un divario senza precedenti tra il dire e il fare; tra le cose propagandate e le cose che si attuano; tra una fede annunciata e una fede ampiamente vissuta. Cosa sta succedendo? Si è coscienti che l’uomo, anche quando è potente, non riesce più ad avere una visione della storia nella quale prevalgano non i dissidi e i muri delle paure, ma la condivisione, la riconciliazione, le aperture? I nuovi fili spinati o le barriere di ultima generazione non sono altro che l’emblema di un triste decadimento.
Le risposte a tutto questo sono da ricercare in una unica verità. Scrive in proposito il teologo Mons. Costantino di Bruno: “Quando viene meno, si perde, si distrugge la fede nel vero Dio, subito viene meno la fede nel vero uomo”. Non si può credere nell’uomo se non si crede in Dio. Le relazioni rischiano la falsità; la loro cattiva costruzione; gli imbrogli a cui ci hanno da sempre abituati il mercato, la politica, la stessa religione; la parte della società che sta minando con determinazione le certezze avute fino ad oggi.
Risultato: L’uomo non crede in se stesso e di riflesso non avverte la verità del suo essere, della sua vocazione e della sublime missione che il suo Creatore e Signore gli ha affidato. Se si guarda l’articolazione sociale, nei vari campi d’azione, si tocca con mano l’assenza del convincimento che il Creatore abbia costituito ogni individuo signore nella sua stessa creazione, per portarla al sommo del suo splendore e della sua bellezza. Si assiste invece ad un declino interiore fino al punto di ignorare la propria immagine e somiglianza al Creatore, che ogni altro essere è chiamato alla contemplazione.
Barcollano pertanto in lui le altre verità scritte a caratteri indelebili nel suo essere e che mai si potranno distruggere, cancellare, ma solo, come sta accadendo oggi, soffocare. Se l’uomo perde ogni giorno il legame con la sua verità, si rende difficile costruire quel mondo che tutti a parole, al di là, delle collocazioni religiose, politiche, sociali, promettono di poter mettere in piedi. Una cantilena stancante che deprime la speranza. Rincara la dose Mons. Di Bruno:
“È inutile denunciare alcuni fatti che non vanno. Non solo il matrimonio non va. Nulla va secondo la purissima verità dell’uomo. Se si denuncia il fallimento del matrimonio è a causa dei disastri sui quali l’umanità sarà crocifissa, inchiodata con chiudi inossidabili. Ma non è la distruzione del matrimonio che deve farci paura, è invece la polverizzazione dello spirito dell’uomo che deve terrorizzarci. È questa morte, quella dello spirito dell’uomo, che oggi deve farci paura. Questa morte fa l’uomo senza cuore, senza spirito, senz’anima”.
Una morte che il sacerdote definisce vera eutanasia dell’uomo e per la quale non non vi sono cliniche umane, né psicologiche, né filosofiche, né psichiatriche. Per questa morte il teologo indica una sola clinica: quella dello Spirito Santo. Se poi si comprende che il Dio unico, non trinitario, è senza lo Spirito Santo si capisce che l’uomo si candida per sua volontà ad essere condannato per sempre, dovendo chiudere l’unico “punto ospedaliero” in grado di curare e guarire la collettività da ogni male. Emerge perciò con forza l’importanza della Chiesa una, santa, apostolica.
Una Chiesa forte, meno divisa al suo interno, meno formale sui territori. Quella Chiesa che in questi giorni Papa Francesco ha fatto sentire in Georgia e Azerbaigian, che ogni giorno deve raggiungere lo stesso grado di fede del suo Maestro in se stesso. “Essa è l’unico baluardo di salvezza, l’unica clinica di risurrezione per lo spirito dell’uomo. Ma dovrebbe credere in se stessa. A questa chiesa è chiesta la stessa fede che aveva Cristo in se stesso, nella sua mediazione, nella sua missione, nella sua Messianicità” (Mons. Di Bruno).
Questa è la Chiesa che serve all’uomo per non essere condannato alla morte del suo spirito, non altro! Ma se essa stessa non crede in molti suoi figli in Cristo, potrà mai giungere a possedere la stessa fede del suo Maestro e Signore? E se alcuni suoi figli non credono in essa, come si realizzerà il risanamento messo in atto dal Santo Padre? Bisogna ritornare al cuore del vangelo. Ognuno di noi faccia la sua parte, qualsiasi essa sia. I tanti interrogativi diventeranno certezze e la “clinica dello Spirito Santo”, ben attrezzata, resterà sempre attiva e ben funzionante ad accogliere i “pazienti” più bisognosi.
I tanti interrogativi e la “clinica dello Spirito Santo”
C’è un divario senza precedenti tra il dire e il fare; tra le cose propagandate e le cose che si attuano; tra una fede annunciata e una fede ampiamente vissuta