Zuppi alla Festa di San Petronio: "Vincere le paure e abbattere i muri"

L’arcivescovo ha ricevuto il Palio dalle mani del Nunzio Apostolico Adriano Bernardini e ha annunciato per il 13 novembre l’avvio del Congresso Eucaristico diocesano

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In occasione della Festa di San Petronio, patrono di Bologna, l’arcivescovo Matteo Zuppi ha ricevuto il Pallio dal Nunzio apostolico Adriano Bernardini e ha annunciato per la data del 13 novembre l’avvio del Congresso Eucaristico diocesano. La celebrazione ha avuto un momento assai significativo nella presentazione dei doni, durante cui alcuni cattolici africani in asilo politico in Italia e accolti nel centro profughi di via Mattei hanno portato con canti e balli della loro tradizione i doni all’arcivescovo.
All’inizio della celebrazione eucaristica, prima di porre il Pallio sulle spalle del presule, oltre a ricordare la significativa storia della chiesa nella città felsinea, il Nunzio ha voluto sottolineare come tale segno ecclesiale ricorda che: “Pastore è colui che porta sulle spalle ogni pecora e diviene strumento di comunione con il Santo Padre, nella sua diocesi ed in quelle che sono a lui affidate nell’esercizio dell’autorità arcivescovile”. Poi ha consegnato anche l’anello donatogli da Papa Francesco, sulla quale effige è presente un pastore con molte pecore.
Commentando il dono ricevuto, monsignor Zuppi ha affermato che “sono molteplici le pecore che attendono la sua guida umana e pastorale”. Nell’omelia ha poi voluto ricordare come il Pallio appena ricevuto lo aiuti a “fargli sentire l’odore delle pecore e mai a dimenticarlo” e come esso sia un importante segno di comunione “senza la quale la Chiesa rischia di diventare vecchia”.
Rivolgendosi poi alla diocesi ed alla città bolognese, il pastore ha sottolineato come oggi sia necessaria  la concordia che “deve divenire impegno comune verso chi ha bisogno”, insieme al dialogo ed alla comunione “che sa valorizzare il dono che ognuno è in sé e per tutta la società”.
“Ci sono diverse sfide che abbiamo davanti come l’accoglienza e inclusione – ha detto – dobbiamo tessere interessi e conoscenze che vincano la paura, che abbattano i muri e costruiscano quei portici che sono protezione e familiarità, il nostro passato e il nostro futuro e i cui pilastri possiamo essere ognuno di noi. L’accoglienza, intelligente e sensibile non è ingenuità, ma coraggio di futuro”
In tal senso, mons. Matteo Zuppi ha sottolineato l’importanza di recuperare l’umanesimo ricco di storia nella città, quale antidoto all’imbarbarimento della vita delle persone e dalla tentazione oggi dominante del menefreghismo. Dunque quella “visione larga” che Bologna, “città crocevia di tanti, ha sempre coltivato, altrimenti restiamo condizionati dalla paura che spesso rende grandi i problemi piccini”.
In particolare, il presule ha incitato a superare “le paure che trasformano i problemi piccoli in assai gravi” e “a guardare con amore rinnovato alla città, sapendo utilizzare la passione, l’intelligenza e la cultura per difendere la vita di tutte le persone che vi abitano”. Inoltre ha voluto evidenziare la necessità di assumere uno sguardo sul tempo contemporaneo capace di saper leggerne al suo interno ciò che il Concilio Vaticano II chiama i “segni dei tempi”. Infatti, “il Vangelo e l’amore che ne deriva ci sospinge a guardare con speranza il futuro ed a spenderci per costruire insieme agli altri il bene comune”.
Oggi il cristiano, ha continuato mons. Zuppi, in forza del suo ascolto del Vangelo e nella sua tensione a viverlo “non possiede la città ma la serve insieme agli altri uomini, rendendola sempre più bella ed accogliente in quanto accanto a noi c’è’ necessità di accoglienza ed inclusione specialmente verso gli anziani, verso chi ha perso un posto di lavoro o chi ha sofferto per raggiungere il nostro Paese”.
Infine, annunciando il prossimo Congresso Eucaristico diocesano, l’arcivescovo ha affermato che “l’Eucarestia è il dono più grande che abbiamo, dove si sprigiona l’amore per tutti attraverso le opere di bene che siamo chiamati a compiere per i nostri fratelli e sorelle”.

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Carlo Veronesi

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