“Dio benedica la Georgia e l’Azerbaigian”. È un bilancio estremamente positivo, per certi versi emozionante, quello che il Papa trae dal viaggio apostolico dello scorso fine settimana nei due Paesi caucasici. Un pellegrinaggio, iniziato con la tappa di aprile in Armenia, volto a “confermare la Chiesa Cattolica che vive in essi” e “incoraggiare il cammino di quelle popolazioni verso la pace e la fraternità”.
Nella prima pagina del ‘diario di bordo’ che Francesco condivide con i fedeli riuniti per l’Udienza generale in piazza San Pietro, è segnato anzitutto l’incontro con il patriarca di tutta la Georgia, Ilia II. “La sua testimonianza mi ha fatto tanto bene al cuore e all’anima”, dice il Papa a braccio, per poi aggiungere: “L’incontro con lui quel pomeriggio è stato commovente, come pure lo è stata all’indomani la visita alla Cattedrale Patriarcale, dove si venera la reliquia della tunica di Cristo, simbolo dell’unità della Chiesa”.
“Questa unità è corroborata dal sangue di tanti martiri delle diverse confessioni cristiane”, afferma il Santo Padre, che ricorda le radici storiche, culturali e religiose molto antiche di entrambi i Paesi, i quali, tuttavia, stanno vivendo una fase nuova. Sia Georgia che Azerbaigian celebrano infatti quest’anno il 25° della loro indipendenza, avendo vissuto buona parte del secolo XX sotto il regime sovietico.
In questa fase “essi incontrano parecchie difficoltà nei diversi ambiti della vita sociale”, spiega il Papa. Per questo incoraggia la Chiesa Cattolica “ad essere presente, ad essere vicina, specialmente nel segno della carità e della promozione umana”; e di farlo “in comunione con le altre Chiese e Comunità cristiane e in dialogo con le altre comunità religiose”.
Questa missione, in Georgia “passa naturalmente attraverso la collaborazione con i fratelli ortodossi, che formano la grande maggioranza della popolazione”. Perciò è stato “un segno molto importante”, secondo il Santo Padre, mostrare un’unità con Ilia II, che lo ha pure accolto all’aeroporto di Tbilisi insieme al presidente della Repubblica.
Sempre a Tbilisi, il Pontefice ha pure potuto incontrare la comunità Assiro-Caldea, tra le “più provate”, e vivere con essa “un intenso momento di preghiera per la pace in Siria, in Iraq e in tutto il Medio Oriente”. Di pari intensità la Messa con i fedeli cattolici della Georgia, latini, armeni e assiro-caldei, alla quale, tuttavia, non ha preso parte come previsto la delegazione ortodossa ufficiale, per alcune problematiche interne al Patriarcato.
La funzione, in ogni caso, si è svolta nel migliore dei modi. Essa, dice Bergoglio, è stata celebrata nella memoria di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni: “Lei ci ricorda che la vera missione non è mai proselitismo, ma attrazione a Cristo a partire dalla forte unione con Lui nella preghiera, nell’adorazione e nella carità concreta, che è servizio a Gesù presente nel più piccolo dei fratelli”.
Papa Francesco ricorda in proposito i religiosi e le religiose incontrati a Tbilisi e a Baku che svolgono questo servizio agli ultimi “con la preghiera e con le opere caritative e promozionali”. “Li ho incoraggiati ad essere saldi nella fede, con memoria, coraggio e speranza”, spiega. Poi menziona le famiglie cristiane: “Quant’è preziosa la loro presenza di accoglienza, accompagnamento, discernimento e integrazione nella comunità!” esclama.
È proprio “questo stile di presenza evangelica” che, secondo Francesco, è “ancora più necessario” in Azerbaigian, dove la maggioranza della popolazione è musulmana e i cattolici sono poche centinaia. “Grazie a Dio – annota il Pontefice – hanno buoni rapporti con tutti, in particolare mantengono vincoli fraterni con i cristiani ortodossi”. Per questo a Baku, capitale dell’Azerbaigian, è stato possibile vivere “due momenti che la fede sa tenere nel giusto rapporto: l’Eucaristia e l’incontro interreligioso”.
“L’Eucaristia – sottolinea il Papa – con la piccola comunità cattolica, dove lo Spirito armonizza le diverse lingue e dona la forza della testimonianza; e questa comunione in Cristo non impedisce, anzi, spinge a cercare l’incontro e il dialogo con tutti coloro che credono in Dio, per costruire insieme un mondo più giusto e fraterno”. L’auspicio del Vescovo di Roma è dunque quello già espresso davanti alle autorità azere: “Che le questioni aperte possano trovare buone soluzioni”, affinché “tutte le popolazioni caucasiche vivano nella pace e nel rispetto reciproco”.
In piazza San Pietro, tra le centinaia di pellegrini presenti all’udienza, erano presenti, tra gli altri, il gruppo catalano ‘Invulnerables’ che si occupa di bambini a rischio esclusione sociale, e un gruppo di 33 ex prigionieri polacchi del campo di concentramente di Auschwitz. A loro il Pontefice ha rivolto un saluto personale al termine dell’Udienza, ricordando anche che oggi si celebra in Polonia la memoria di Santa Faustina Kowalska.
“Lei – ha detto – ha ricordato al mondo che Dio è ricco di misericordia e che il Suo amore è più potente della morte, del peccato e di ogni male. Questo messaggio di Gesù Misericordioso, affidato a lei, fruttifichi nella vostra vita con l’approfondimento dell’unione con Dio e con le opere di misericordia. Affidando al Signore noi stessi e i difficili problemi del mondo – ha concluso il Papa – ripetiamo frequentemente: ‘Gesù, confido in te!”.