Francesco d’Assisi è uno dei Santi più venerati in Italia e nel mondo. La sua storia è segnata da un radicalità evangelica che ancora oggi stupisce e intriga. Voleva essere un cavaliere, si convertì profondamente, divenne un uomo eucaristico, visse in povertà assoluta e spese la sua vita a servizio degli altri. Il suo esempio, il suo stile di vita, il suo essere capace di amare la croce oltre ogni misura permise la conversione di moltissimi e la nascita di un ordine, che pur nelle divisioni successive, è ancora oggi uno tra i più numerosi. Con l’elezione di un Pontefice che ha scelto di chiamarsi Francesco, la storia del poverello di Assisi assume una rilevanza e un significato enorme. Per saperne di più ZENIT ha intervistato fra Domenico Paoletti, OFMConv., docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura – Seraphicum di Roma.
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Chi era Francesco d’Assisi?
Non è facile definire Francesco perché, come afferma il grande storico Joseph Lortz, Francesco è un “mistero” e, come tale, non si lascia facilmente porre entro confini, non si lascia appunto “de-finire”. Sentire tanti sproloqui e tanta retorica “buonista” spalmata in tutte le salse, non aiuta a capire Francesco che, come ogni mistero, chiede che ci si avvicini con umiltà, togliendosi i sandali della supponenza e prostrandosi a terra, come Mosè di fronte al roveto ardente. Francesco, un mistero, come ogni persona, che aprendosi al Mistero della vita ha riconosciuto e creduto all’amore di Dio per noi rivelatosi, in pienezza e verità, in Gesù di Nazareth. Aprendosi, incontrandosi e convertendosi a Gesù Cristo, Francesco ha scoperto la verità della vita che è la relazione con Dio, con i fratelli e sorelle e con tutte le creature. La “cifra”, quindi, per capire un po’ Francesco di Assisi è la sua “conversione” al Vangelo, che per lui è la persona di Gesù Cristo, nostro contemporaneo in quanto crocifisso risorto. Se non si riconosce che Cristo è tutto per Francesco e che tutto quello che fa e dice è una logica conseguenza ed espressione del suo “seguire” Gesù Cristo, il “sequi vestigia Christi” come ritroviamo nei suoi pochi scritti, non capiremo mai il fenomeno Francesco che tanto affascina l’uomo di ogni tempo, di ogni spazio, di ogni credo e di nessun credo.
Perché e in che modo è diventato uno dei Santi più importanti d’Italia e del mondo?
Francesco è uno dei santi più conosciuti e ammirati del mondo – anche se il meno imitato – perché si è “convertito” veramente e, quindi totalmente, al Vangelo fino a diventarne icona vivente. La credibilità, il fascino e la forza attrattiva di Francesco scaturiscono semplicemente dal suo essere cristiano. Nel Vangelo, in Gesù Cristo, il cristiano Francesco ha scoperto sempre più la bellezza, la verità e la bontà di Dio, dell’uomo, della storia e del creato. Collaborando con passione e totale coinvolgimento con la grazia è diventato uno dei più grandi mistici e la figura più vibrante ed eminente del cristianesimo. Purtroppo spesso ci si è fermati a presentarlo come asceta o un romantico dei “Fioretti” tanto da non cogliere in tutta la portata l’amore totale di Francesco per Gesù Cristo. Da tale amore scaturisce il suo pieno orientamento ad assimilare nella propria vita tutti i misteri di Cristo accolto, amato e seguito come via, verità e vita. Per esempio, se non si tiene presente la devozione di Francesco per l’Eucarestia e l’adorazione eucaristica, il contatto con il vivo corpo di Cristo nella storia, “memoriale” della Pasqua, centro e cuore della vita della Chiesa, non si comprende Francesco fratello di ognuno e servo di tutti e, pertanto, non si comprende come sia diventato il santo che tutto il mondo ama.
Quali erano le sue virtù?
È da premettere, come risposta alla sua domanda, il constatare oggi in ambito filosofico un vivace dibattito sull’idea di virtù, in particolare sulla sua fondazione dell’etica. La questione verte principalmente sulla necessità di riscrivere la filosofia morale, dopo il fallimento dell’etica moderna, dominata dalla concezione kantiana del dovere come fondamento dell’agire. Dal dibattito va emergendo sempre più oggi la relazione tra virtù e felicità. Francesco affascina per la sua autenticità che corrisponde al desiderio dell’uomo alla felicità. Più che parlare di virtù forse sarebbe il caso di chiederci: dove Francesco attinge la gioia di vivere, non il piacere momentaneo, settoriale e superficiale, ma la gioia duratura, anche nelle avversità, globale e profonda? E prima di chiederci dove è bene chiederci in cosa consiste questa gioia? La gioia di Francesco, il suo esser uomo ilare, consiste, ha consistenza, nella comunione con Dio e con tutti, secondo il disegno di Dio sull’uomo, sulla storia e sul creato, disegno che Gesù ci ha rivelato nel Vangelo. Del Vangelo, della Rivelazione cristiana, Francesco accentua l’umiltà. Le virtù teologali, fede, speranza e carità, che sono interconnesse e danno forma alla vita cristiana, in Francesco presenti nel dare spessore, radicamento e prospettiva alla sua sequela Christi, vengono testimoniate attraverso la nota specifica dell’umiltà. Ritengo che l’umiltà sia l’elemento originale e centrale della testimonianza del Poverello. Per Francesco, come per ogni cristiano, Dio è amore che infiamma il cuore di desiderio, ma un amore che per Francesco si manifesta nell’umiltà e nella pazienza. Basti pensare che nelle “Lodi di Dio altissimo” Francesco canta con profonda commozione e gioia “Tu sei umiltà”, una delle espressioni più alte che siano mai dette nella storia del cristianesimo. Dio è veramente Colui che, essendo amore, non può non essere umile, non può essere altro che la piena eclissi di sé nei confronti dell’amato. Da qui la centralità del Cristo povero e crocifisso nella contemplazione di Francesco e la sua scelta di minorità: essere frate minore, meno dell’altro, di qualsiasi altro. La minorità come codice relazionale che solo cambia la storia: da lotte tra amici e nemici, a famiglia di fratelli e sorelle.
Cosa c’è di vero sulla radicalità evangelica di Francesco? È vero che la gente dopo aver ascoltato le sue parole lasciava tutto e lo seguiva?
La radicalità di Francesco nasce e si nutre – ed è vera – dallo stupore per l’amore infinito, eterno che ha come termine lui, Francesco “piccolino”. Egli si sente amato da Dio e la sua vita non è altro che una sola passione di amore. La radicalità non è altro che essere totalmente coinvolti in questa relaziona d’amore. Se è vero, come è vero, che la perfezione del cristiano è nell’amore, e nell’amare l’Amore, difficilmente si incontra nella storia una persona che più di Francesco sia bruciata dall’amore. Francesco è il vero serafino che brucia di amore per Dio e per ogni persona che incontra, specie per i più poveri, sull’esempio e alla sequela di Cristo. Dalla sua vita totalmente evangelica, dal suo amore permeato di gioia, di letizia, la gente rimaneva, e rimane, sconvolta e coinvolta, e molti lo seguivano, e ancora lo seguono, lasciando tutto. La radicalità di Francesco e il movimento sorto attorno a lui sono frutto della presenza di Dio nel suo cuore e della capacità di riconoscere questa presenza in ogni fratello e sorella.
Che studi aveva fatto Francesco? Si racconta che non avesse studiato né filosofia né teologia, eppure fu grande e autentico testimone di Cristo. Fondò e governò un ordine che cresceva a vista d’occhio…
Sugli studi fatti da Francesco non abbiamo una documentazione precisa. Le fonti relative ai primi anni di Francesco sono costituite da diverse agiografie che inglobano frammenti di informazioni all’interno di una narrazione con chiari intenti devozionali e liturgici. Inoltre, già vivente Francesco, si apre un dibattito nell’Ordine sul ruolo degli studi, in particolare su come lo studio sia compatibile con la povertà radicale di Francesco. Un dibattito che ha condizionato le agiografie. San Bonaventura ricorda che Francesco aveva appreso l’istruzione di base presso la scuola di San Giorgio (inglobata nell’attuale basilica di Santa Chiara) e, secondo altre fonti, sembra che abbia frequentato un’altra scuola, quella di san Nicola (vicino alla piazza del Comune), sempre in Assisi dove imparò il latino, lingua ufficiale del tempo, accanto al volgare che sempre più andava ad affermarsi. Francesco, grazie alla madre francese, conosceva il provenzale. Fu partecipe della cultura cortese e della mentalità del tempo e, in particolare, del proprio ceto di appartenenza. Il figlio del ricco mercante Pietro di Bernardone, si è formato all’ideale cavalleresco per diventare miles, cavaliere. Francesco si dichiarava “idiota”, ossia non letterato, ma viveva la sapienza dell’amore che gli permetteva di andare al cuore delle cose. In realtà Francesco non disprezza la conoscenza in sé, né disdegna gli studi, come lui stesso scrive ad Antonio di Padova: «Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in questa occupazione tu non estingua lo spirito dell’orazione e della devozione, come è scritto nella Regola». Non era né filosofo né teologo, ma uomo veramente teologale, come detto prima. È questa sua vita di comunione con Dio e con tutti che ha risvegliato in molti il desiderio di seguirlo nella via del vangelo in povertà e letizia. Ha dato inizio a un Ordine, quello dei frati minori, scrivendo la Regola che inizia con queste parole: «La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo». La continua attualità dell’Ordine francescano è data dal fatto che non è un Ordine funzionale a un bisogno contingente della Chiesa, ma è un Ordine evangelico e basta. E ciò lo rende sempre “riformando”, come la storia testimonia.
Si è mai compreso perché Francesco non volle mai essere ordinato sacerdote?
Il motivo del non accedere all’ordine sacro nel grado del presbiterato è dovuto, secondo la tradizione, al fatto che Francesco non si considerava all’altezza di tale ministero. Io penso che sia dovuto semplicemente al fatto che non ne sentisse la particolare chiamata. Risulta, invece, dalle fonti agiografiche che abbia svolto funzioni da diacono, come, per esempio, durante il Natale del 1223 a Greccio dove veste da diacono e canta il vangelo.
Umiltà, preghiera, fede e grande fiducia nella Misericordia di Dio. Queste sembrano le virtù mariane di Francesco. Cosa diceva di Maria il Poverello?
Le Fonti francescane ci dicono che Francesco «circondava di un amore indicibile la madre di Gesù, perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà. A suo onore cantava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere». Francesco sente e vive profondamente quanto afferma Paolo VI: «Non si può essere cristiani senza essere mariani». San Bonaventura riferisce che Francesco riponeva in Maria, dopo Cristo, la sua fiducia, tanto che la costituì avvocata sua e dei suoi frati. Francesco vede Maria sempre in relazione e all’interno del disegno salvifico di Dio Padre per mezzo del Figlio Gesù Cristo nello Spirito Santo. Arriva fino a proclamare Maria «sposa dello Spirito Santo», titolo che getta luce sul mistero della Immacolata concezione, verità proclamata solennemente dal magistero della Chiesa nel 1874 grazie alla riflessione teologica della scuola francescana.
Qual è l’attualità di San Francesco e quali sono le orme del Santo di Assisi che Papa Francesco sta ripercorrendo?
L’attualità di Francesco, come ho cercato di fare emergere da questa breve conversazione, è la novità del Vangelo, è l’Evangelii gaudium per dirla con papa Francesco. Non c’è nulla di più attuale e di più nuovo che il Vangelo. Francesco è vissuto seguendo il Vangelo, la persona di Gesù Cristo. Direi, meglio, che l’attualità di Francesco risiede nella luce della Risurrezione dove il santo di Assisi contempla la realtà e da dove deriva la sua scelta di povertà radicale quale risvolto della pienezza traboccante di Dio nel suo cuore. Francesco vede la creazione tutta già trasfigurata dalla gioia pasquale. È la gioia il tratto che illumina Francesco, anche nella sofferenza e nella fatica di capire. La scelta di Francesco della povertà, come la scelta coraggiosa del cardinale Bergoglio, eletto papa, del nome del Santo di Assisi, è all’insegna della povertà. La povertà come conseguenza e condizione della vera gioia e della perfetta letizia. Francesco povero, e profondamente felice, è motivo di attrazione e di simpatia in quanto risveglia in chi lo accosta la nostalgia di ciò che ognuno desidera nel profondo del cuore. L’attualità del poverello di Assisi che papa Francesco sta rilanciando la si può riassumere in tre parole.
1) La gratitudine perché tutto è dono e tutto va ridonato, senza trattenere nulla. Questa è la dinamica che si esprime nella povertà in letizia.
2) La relazione aperta e cordiale verso tutti in un affratellamento cosmico. È quanto papa Francesco rilancia nella Laudato si’ presentando Francesco come l’esempio per eccellenza di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. Per imparare a convertirsi ad una ecologia integrale papa Bergoglio addita Francesco quale uomo della empatica relazione con Dio, con l’uomo e con il creato.
3) La riforma della Chiesa, tanto a cuore all’attuale papa in continuità con il Concilio Vaticano II, inizia dalla conversione dei cristiani. Francesco d’Assisi si è convertito a Cristo nella Chiesa che sentita costitutiva del Cristo vivo e vero. Cambiando la sua vita ha cambiato anche la Chiesa ridonandole bellezza e credibilità. La riforma va portata avanti sull’esempio del Poverello di Assisi.
San Francesco, “icona di Cristo”
Fra Domenico Paoletti spiega la radicalità, il carisma e le virtù del Poverello di Assisi, ripercorse ora dal Papa che ne ha preso il nome