Lettura
Il Vangelo ci riporta una preghiera-confessione scaturita dal cuore di Gesù. Una preghiera rivolta al Padre, nella quale ci partecipa la relazione intima che, solo lui Figlio di Dio e Dio egli stesso, ha con il Padre suo. Ma ci dice pure che, per comprendere il mistero di Dio e il suo amore, non ci vuole tanto la testa, quanto il cuore.
Meditazione
La Parola di oggi è a commento dell’esperienza di santità di san Francesco d’Assisi. Figura di uomo e di santo che, all’inizio del secondo millennio dell’era cristiana, ha intronizzato il Vangelo nella sua vita e in quella della Chiesa. Le stigmate che porta nel corpo e di più nel cuore, sono dono: del Padre che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio; del Figlio che, amato dal Padre e obbediente a lui, ha tanto amato gli uomini da dare la sua vita sulla croce; dello Spirito che, amore del Padre e del Figlio, le attualizza nel corpo vivente della Chiesa. E Francesco vive e le accoglie per entrare in “quell’eccesivo amore” che ha spinto Cristo a morire per noi, con “quell’acerbissima passione” sulla croce. Francesco non ha altro vanto se non nella croce del suo Signore; è l’uomo che l’amore di Dio ha reso nuova creatura, portandone le stigmate nel suo corpo. Perché ci siano solo ferite e feritoie di amore nel corpo di Cristo che è la Chiesa, che siamo noi. La sua vita è al sicuro nelle mani forti di Dio, mentre nelle sue mani ci sono i segni dell’amore per Dio e della fiducia che ha in Lui senza riserve. E, vivendo così, sperimenta e ci insegna dove e come trovare la pienezza della gioia e la dolcezza senza fine alla presenza di Dio. Egli ci istruisce che l’accesso per comprendere l’agire di Dio non è la nostra sapienza e intelligenza, ma la libertà del Padre celeste e soprattutto la sua bontà. E con questo ci mostra con chiarezza la predilezione di Dio per i piccoli e per coloro che, per condizione o per scelta, come san Francesco, abitano la “periferia” e non attirano gli uomini. La proposta che Gesù ci rivolge è di andare con tutte le nostre stanchezze e oppressioni, per cercare e trovare ristoro soltanto in lui. Diversamente cercando questo altrove, altrimenti o da altri, ci caricheremo solo di pesi insopportabili. Ma Dio non è neppure una stazione di servizio dove fare autonomamente rifornimento, quanto una fonte viva di vita e di dolcezza, per tutti e per sempre.
Preghiera
Padre, donaci di non elemosinare comprensione e consolazione da chi non ce la può dare. Facci ritornare verso casa, dove tu ci attendi e ci corri incontro per abbracciarci solo con il tuo amore. Con il vestito nuovo, che ci hai confezionato, entreremo nella festa senza fine che continui a preparare per ogni figlio che ritorna a te.
Agire
Metterò da parte la mia pretesa di voler capire Dio, e mi fiderò di lui, affidandomi senza condizioni al suo amore.
Meditazione a cura di mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, tratta dal mensile MessaMeditazione, per gentile concessione di EdizioniART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it.
Il Vangelo ci riporta una preghiera-confessione scaturita dal cuore di Gesù. Una preghiera rivolta al Padre, nella quale ci partecipa la relazione intima che, solo lui Figlio di Dio e Dio egli stesso, ha con il Padre suo. Ma ci dice pure che, per comprendere il mistero di Dio e il suo amore, non ci vuole tanto la testa, quanto il cuore.
Meditazione
La Parola di oggi è a commento dell’esperienza di santità di san Francesco d’Assisi. Figura di uomo e di santo che, all’inizio del secondo millennio dell’era cristiana, ha intronizzato il Vangelo nella sua vita e in quella della Chiesa. Le stigmate che porta nel corpo e di più nel cuore, sono dono: del Padre che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio; del Figlio che, amato dal Padre e obbediente a lui, ha tanto amato gli uomini da dare la sua vita sulla croce; dello Spirito che, amore del Padre e del Figlio, le attualizza nel corpo vivente della Chiesa. E Francesco vive e le accoglie per entrare in “quell’eccesivo amore” che ha spinto Cristo a morire per noi, con “quell’acerbissima passione” sulla croce. Francesco non ha altro vanto se non nella croce del suo Signore; è l’uomo che l’amore di Dio ha reso nuova creatura, portandone le stigmate nel suo corpo. Perché ci siano solo ferite e feritoie di amore nel corpo di Cristo che è la Chiesa, che siamo noi. La sua vita è al sicuro nelle mani forti di Dio, mentre nelle sue mani ci sono i segni dell’amore per Dio e della fiducia che ha in Lui senza riserve. E, vivendo così, sperimenta e ci insegna dove e come trovare la pienezza della gioia e la dolcezza senza fine alla presenza di Dio. Egli ci istruisce che l’accesso per comprendere l’agire di Dio non è la nostra sapienza e intelligenza, ma la libertà del Padre celeste e soprattutto la sua bontà. E con questo ci mostra con chiarezza la predilezione di Dio per i piccoli e per coloro che, per condizione o per scelta, come san Francesco, abitano la “periferia” e non attirano gli uomini. La proposta che Gesù ci rivolge è di andare con tutte le nostre stanchezze e oppressioni, per cercare e trovare ristoro soltanto in lui. Diversamente cercando questo altrove, altrimenti o da altri, ci caricheremo solo di pesi insopportabili. Ma Dio non è neppure una stazione di servizio dove fare autonomamente rifornimento, quanto una fonte viva di vita e di dolcezza, per tutti e per sempre.
Preghiera
Padre, donaci di non elemosinare comprensione e consolazione da chi non ce la può dare. Facci ritornare verso casa, dove tu ci attendi e ci corri incontro per abbracciarci solo con il tuo amore. Con il vestito nuovo, che ci hai confezionato, entreremo nella festa senza fine che continui a preparare per ogni figlio che ritorna a te.
Agire
Metterò da parte la mia pretesa di voler capire Dio, e mi fiderò di lui, affidandomi senza condizioni al suo amore.
Meditazione a cura di mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, tratta dal mensile MessaMeditazione, per gentile concessione di EdizioniART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it.