“Perché Dio non si è fatto conoscere tutto d’un colpo?”

“Le grandi domande dei bambini”: don Andrea Lonardo e padre Maurizio Botta propongono un nuovo libro di catechismo per la prima comunione

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Io ho paura che Dio non esiste!”; “Ma siamo sicuri che la nostra religione è quella vera?”, “Dio sa il mio nome?”. Sono solo alcune delle domande formulate anonimamente da alcuni bambini e inserite nel nuovo libro di catechismo per la prima comunione, intitolato Le domande grandi dei bambini (Edizioni Itaca) e presentato ieri presso il Seminario Romano di San Giovanni in Laterano.
“La catechesi, che tante volte viene disprezzata e irrisa come sappiamo bene, in realtà è una delle cose che tiene in piedi l’Italia, così come la famiglia e la scuola: non solo insegna la bellezza del Vangelo, che ne è il cuore, ma educa, rende l’Italia più accogliente, capace di integrare, di dire dei sì e dei no, di guardare al futuro in modo diverso…”. Così ha esordito don Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio catechistico della Diocesi di Roma e coautore del libro insieme a padre Maurizio Botta, prefetto dell’Oratorio secolare di San Filippo Neri.
“La prima cosa da osservare è che la catechesi oggi è un primo annunzio”, ha ricordato don Lonardo, per questo era urgente un testo che si facesse carico di realizzarlo, che calasse il Vangelo nella concretezza di questa realtà, perché “come fai a conoscere Dio se Dio non ti parla come un uomo?”; un testo che prendesse a cuore le domande più profonde dei bambini, alle quali nessuna lezione di scienze o di matematica saranno mai in grado di rispondere definitivamente.
L’ora di catechesi è talmente importante che non può essere solo ridotta a un “momento di socializzazione alla ‘giochiamo’, ‘accogliamoci’ e ‘prendiamoci per mano’ – che è ciò che va bene se siamo già tutti convinti della stessa cosa, se siamo già tutti appassionati di Gesù, del perdono, dell’eucaristia e della carità”; spesso poi si comincia la prima lezione col dire ai genitori: ‘dovete venire a messa con i bambini altrimenti loro vedono che siete incoerenti’, senza pensare che questo viene dopo come conseguenza dell’annuncio”, e che invece sarebbe più importante rilevare “avete fatto bene oggi a venire qui, perché pensate che così i vostri figli saranno meno tristi!”.
Così “questo testo vuole partire dal cuore, dal ‘perché vale la pena essere cristiani?’; ‘perché è bello?’”, non presupponendo ma, al contrario, proponendo la fede. Il suo titolo vuole sottolineare dei bambini la grandezza che noi adulti “constatiamo per tutto quello che li affascina; problema dell’adulto è quello di essere talmente leale da constatare davvero come sono fatti”, ha affermato padre Maurizio; “i bambini, ad esempio, rimangono estasiati nel vedere gli adulti fare delle cose serie”, dal semplice “nodo alla cravatta” alla cura con cui “il sacerdote copie un gesto liturgico”: “i bambini colgono perfettamente quando siamo appassionati di qualcosa”, di qui poi “vengono le loro domande”, “domande che nel libro sono state lasciate così come erano scritte, senza essere aggiustate, perché le domande dei bambini sono serie, sono molto complicate”. Bisogna “essere all’altezza delle loro domande, non continuamente sminuirle”: “a un bambino che ti chiede ‘se Dio ha creato il mondo, chi ha creato Dio?’, se non rispondi tu a otto anni fai perdere la fede, e lui potrà dire di te ‘ho una catechista bravissima’ come bravissima è l’animatrice simpaticissima del centro commerciale”.
Spesso inoltre, “sembrerebbe un’osservazione banale, ma nessun sussidio finora ha considerato che questi bambini vanno a scuola! Come si fa a rispondere a tutte le obiezioni che vengono loro dalla scuola?”, ha proseguito padre Maurizio; per questo non dovrebbe sorprendere che spuntino tra le pagine del libro big bang, Einstein, caverne e australopitechi, insieme alla storia di Abramo e di Mosè, proprio perché i bambini, che in terza elementare studiano per un anno gli uomini primitivi e in quarta il ‘vangelo di Marx’, cercano risposte che partono dalla realtà, non rassicurazioni poco convincenti che negli anni si rivelano favole.
“Oggi bisogna rendere ragione di tutto, anche del perché si studiano le tabelline: io ai ragazzi mi trovo a dover dire ‘tu poi anche avere whatsapp o la calcolatrice più potente del mondo, ma vai al mercato e ti fregano in cinque secondi, non vedono l’ora di incontrare un ignorantone!’. Inoltre “la contrapposizione tra scienza e fede è uno dei motivi per cui la maggior parte delle persone del mondo occidentale perde la fede”, ha detto padre Botta.
Per questo nel testo, “vedendo la fotografia di Einstein vicino a un prete, un bambino ti può chiedere ‘chi è quello?’. E tu puoi rispondere ‘è uno scienziato, George Lemaitre, quello che ha formulato la teoria del big bang’: così hai disinnescato una mina, perché ognuno è abituato a pensare che la scienza ha valore e la fede no. Occorre dare una goccia di antivirus ai bambini non per fare terrorismo, ma perché non arrivino a quarant’anni a capire che nel mondo vi è ostilità verso la fede”.
Le domande grandi dei bambini è un libro scritto in un linguaggio molto simile a quello di una madre, perché “un bambino non può essere conquistato da un’esegesi”, ma da un linguaggio semplice e mai infantile. La vividezza delle illustrazioni, opera dello scenografo Andrea Pucci, è il risultato di “una sfida difficile”, come ha commentato lui stesso, “per il rischio di trattare banalmente gli argomenti disegnando in modo didascalico ma superficiale”: un’avventura ben riuscita, la cui profondità di intenti è ammirabile soprattutto nelle particolari raffigurazioni della Trinità.
Il nuovo catechismo, al quale seguirà un secondo volume, è dunque un sussidio preziosissimo per i catechisti ma anche per i genitori che “vanno alla ricerca” di un aiuto “che permetta loro di dire qualcosa rispetto alle vertiginose domande vere dei loro bambini”, domande pronte a irrompere, tra le pieghe delle distrazioni quotidiane, anche nella vita di noi adulti, abituati spesso a lasciar seppellire tutto dalla polvere.

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Maria Gabriella Filippi

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