Seydou, l’immigrato che costruisce l’integrazione

A 21 anni, raggiunse l’Italia dalla Costa d’Avorio. Oggi è sposato e ha tre figli, dal 2009 è cittadino italiano e racconta: “Restituisco il bene ricevuto” 

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Nel corso degli incontri a lato della mostra ‘Migranti, la sfida di un incontro’ che si sono svolti al Meeting di Rimini uno dei curatori della mostra, Giacomo Gentile ha presentato Seydou Konate della Costa d’Avorio, Presidente di Ballafon, l’onlus di Varese che ha come missione favorire l’integrazione culturale. Seydou aveva 21 anni quando mise piede in Italia, 25 anni fa, dopo un lungo viaggio dalla Costa d’Avorio.
Come molti risalì lo stivale: otto anni a Napoli e poi a Varese. “Avevo scelto l’Italia perché non occorreva il visto per entrare come, invece, chiedeva la Francia”. Oggi è sposato e ha tre figli, dal 2009 è cittadino italiano. “Sono qui perché ho incontrato degli amici – ha raccontato – qui davanti ho le loro facce e mi commuovo solo a guardarle. Sono stato uno dei fortunati ad avere incontrato una famiglia: questo ha fatto la differenza. Molti altri arrivati con me hanno preso una brutta strada o sono ritornati indietro”.
L’associazione onlus Ballafon nasce perché Seydou vuole restituire il bene ricevuto: attraverso l’onlus offre vitto e alloggio agli stranieri che arrivano in Italia “per disperazione” come lui stesso ha ricordato al Meeting. Aiuta a dipanare le matasse burocratiche delle pratiche di regolarizzazione, offre cure gratuite grazie a medici volontari. Soprattutto, ed è questa la novità, assiste le persone che vogliono tornare da dove sono partite: “Non vogliamo lasciarli andare via senza avergli dato una preparazione. Offriamo corsi di formazione”.
Ballafon oggi conta 200 persone ospitate in piccole strutture ad ambiente familiare in provincia di Varese. “Chi arriva – prosegue Seydou – ha molte aspettative. Il nostro ruolo è spiegare loro la realtà. Arrivano anche da Afghanistan, Pakistan, abbiamo mediatori culturali che ci aiutano nell’integrazione. È fondamentale che imparino la lingua italiana, ricevano una formazione professionale, conoscano la cultura di questo paese che non significa rinnegare le proprie origini”.
“Cosa si può fare di più?” gli ha chiesto Gentile. “L’Italia fa molto – ha risposto il presidente di Ballafon – ma siccome parliamo di persone, quello che si fa non è mai abbastanza. Per esempio ci servono psicologi: a volte accompagniamo dal medico un migrante e poi ci si accorge che la causa del malessere non è fisica. Serve un sorriso, un incoraggiamento. A chi arriva dico: ‘Hai attraversato la terra e il mare, sei qui perché Dio ti ha già benedetto tante volte. Vivi rispettando le leggi, i costumi. Adesso tocca a te’”.

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ZENIT Staff

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