L’abbraccio del Papa si stringe intorno ai terremotati e ai familiari delle oltre 240 vittime del sisma che ha devastato ieri il Centro Italia, con particolare violenza in Lazio e nelle Marche. Dopo la recita del Rosario in piazza San Pietro, un altro gesto di solidarietà del Santo Padre che – riferisce L’Osservatore Romano – ha celebrato questa mattina la Messa con le clarisse urbaniste di Santa Maria di Vallegloria, monastero a due chilometri da Spello lungo la strada che porta a Collepino, nella diocesi di Foligno.
Le religiose sono state invitate nella Casa Santa Marta, in Vaticano, accompagnate dal loro vescovo, mons. Gualtiero Sigismondi. La loro presenza è significativa visto che la comunità è stata duramente colpita da un terremoto nel 1997 che ha costretto le suore a vivere per 14 anni in un container. Secondo la tradizione, il loro monastero fu fondato intorno al 560 da alcuni seguaci di San Benedetto, poi riformato nel 1230 da due discepole di Chiara d’Assisi, Balbina e Pacifica.
Nella cappellina dove il Pontefice celebra le sue note Messe mattutine, le religiose hanno accompagnato la funzione con il canto e il delicato suono di un violino, una tastiera e un flauto. Una di loro ha quindi dato voce alle intenzioni di preghiera del Papa per tutti i morti e i feriti della catastrofe che questa notte sono tornate a tremare per le scosse di assestamento. L’ultima intorno alle 14.45.
È la preghiera, infatti, il primo gesto di vicinanza che Francesco ha voluto esprimere verso i terremotati, non mancando tuttavia di rendere la sua solidarietà fattiva inviando ieri ad Amatrice – una delle zone più colpite – una squadra di Vigili del fuoco della Città del Vaticano, e oggi sei uomini del Corpo della Gendarmeria vaticana per collaborare con i soccorritori per la ricerca e l’assistenza delle vittime.
Di preghiera ha poi parlato il Papa nella sua omelia, ricordando che essa è “il punto fermo della vita contemplativa di clausura”. Nella sua riflessione il Pontefice – spiega ancora il quotidiano vaticano – ha consegnato alle clarisse tre parole “utili alla vostra vita ma anche alla vita di tutti”, che “nella nostra vita devono essere realtà”, ovvero: il significato della vera ricchezza, la forza della testimonianza coerente di vita e la speranza.
Un mandato spirituale che ha completato la consegna simbolica della costituzione apostolica Vultum Dei quaerere, dedicata proprio al tema della vita contemplativa femminile, avvenuta al termine della Messa.
La prima parola, ha detto Francesco, è “ricchezza”. Noi siamo già “ricchi” ha affermato, “anche se magari qualcuna di voi dirà: ma noi abbiamo fatto il voto di povertà!”. In realtà, ha spiegato il Papa, “siamo ricchi, come dice Paolo, di tutti i doni del Signore”. Il problema sopraggiunge infatti “quando cerchiamo un’altra ricchezza, fuori da quella dei doni del Signore”, una ricchezza “che viene dalla generosità del Padre che ci dà tutto”. In quel modo “si perde di vista che la vera ricchezza dei consacrati sono i doni del Signore”.
E soprattutto “si sbaglia strada”, perché .ci si lascia affascinare dalle scienze, dal denaro dalla vanità, dall’orgoglio e da altri atteggiamenti negativi. “Uno dei segni, e questo è matematico e si vede continuamente, che una comunità religiosa, una congregazione religiosa, è in decadenza, è che incomincia ad attaccarsi ai soldi”, ha annotato Bergoglio. Si perde dietro ad una ricchezza che si può “maneggiare”, dimenticandosi di quella ricchezza dei doni che invece “è gratuita e viene quando Lui vuole”.
“Questa riflessione ci porta alla testimonianza”, la seconda parola suggerita da Francesco. “Voi siete suore di clausura e nessuno vi vede, ma le persone riconoscono questa testimonianza”, ha detto. “Voi seminate, con la vostra vita e con la vostra preghiera, la vita di Cristo negli altri”. La testimonianza non è altro che dire: “Io ho scelto questo, non ho bisogno di altre cose”. Del resto, ha aggiunto il Santo Padre rivolto alle suore, “voi non avete fuggito il mondo per paura, siete state chiamate e quella chiamata deve essere portata avanti secondo la regola, secondo quello che la Chiesa vi chiede: questa è la vostra testimonianza”.
Perciò “la gente sa che lì ci sono donne consacrate che pregano, che sostengono la Chiesa con le preghiere, e questa è una testimonianza”. Attente dunque ad essere “consacrate a metà e metà”; la regola non deve essere “metà sì e metà no”, facendo “cose che non sono quelle che ha voluto il fondatore o la fondatrice”.
Il tutto deve essere poi condito dalla “speranza”, la terza parola. “Voi siete donne di speranza e voi seminate speranza perché voi aspettate lo sposo come le dieci vergini”, ha detto il Pontefice citando il brano evangelico. “Voi aspettate sempre e guardate che lui venga”. È vero, “alle volte ci addormentiamo, ci stanchiamo”, ma “nel Vangelo il Signore non rimprovera le dieci vergini che si sono addormentate, rimprovera soltanto la cinque stolte che non hanno l’olio”.
A tutti, infatti, può succedere di addormentarsi: “Anche a me… – ha ammesso il Papa – quando vengo a pregare alle volte mi addormento”. L’importante è però “avere l’olio per la speranza, la sicurezza che lui verrà”, perché così riconosciamo i nostri difetti e peccati e li portiamo “con umiltà” al Signore per “chiedere perdono”.
Dunque, “ricchezza, testimonianza, speranza”, ha ricapitolato il Papa. “Le cose contrarie sono brutte”: sono brutte “le ricchezze che non sono quelle del Signore”; è brutta “la testimonianza a metà, come il vino troppo annacquato”; ed è brutto non avere la speranza della misericordia di Dio nel “riconoscere i propri peccati, non quelli della sorella o della priora”. “Ci vuole sempre una «testimonianza di coerenza di vita e non giudicare le altre suore ma pregare per loro”, ha rimarcato il Santo Padre.
Per poi esclamare: “Che bello guardare una suora gioiosa, con il viso gioioso e non con il viso oscuro, ‘all’aceto'”. “Il Signore vi ha chiamato per la felicità e questa comporta un viso chiaro e grande”. Pertanto non bisogna perdere “lo spirito di ringraziare sempre il Signore e di custodire la comunione fra voi”.
“Chiediamo al Signore — è stata la preghiera conclusiva di Papa Francesco — che nella nostra vita ci dia questo atteggiamento di lode e di custodia della comunità, per poter essere persone ricche di doni che danno testimonianza e aperte sempre alla speranza, col viso gioioso”.
Dopo il dono del Pontefice, le clarisse hanno consegnato al Papa una copia fedelissima del crocifisso di San Damiano, dipinta dalla badessa Maria Chiara Mosetti. Dopo la celebrazione a Santa Marta, le religiose si sono recate nella Basilica di San Pietro per una visita e soprattutto per attraversare la Porta Santa. Tutte insieme, in Basilica, hanno recitato anche il Credo e pregato davanti alle tombe dei due Papi Santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
A conclusione della mattinata, hanno ricevuto poi un’altra bella sorpresa: l’invito a pranzo di Papa Bergoglio che ha coinvolto anche l’autista del pullman che accompagnava le suore nel loro viaggio.