Non poteva mancare al Meeting di Rimini uno spazio dedicato al confronto catto-ortodosso. Momento, quest’anno, reso più significativo del solito dallo storico incontro tra papa Francesco e il patriarca di Mosca, Kirill, avvenuto a L’Avana sei mesi fa.
È stato proprio l’incontro Francesco-Kirill, al centro del dibattito di stamattina sul tema L’abbraccio che cambia la storia: il dialogo tra cattolici e ortodossi parte da un incontro.
Come sottolineato nell’introduzione dal moderatore Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione, quello avvenuto lo scorso febbraio a Cuba è stato un evento sognato e desiderato dagli ultimi due pontefici, San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ma anche dal fondatore di Comunione e Liberazione, don Luigi Giussani, che lo auspicò fin dalla sua giovinezza, negli anni ’30 del secolo scorso.
È stato proprio un figlio spirituale di don Giussani, monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo metropolita di Mosca, a commentare per primo lo storico abbraccio tra i due leader religiosi. Si è trattato, ha detto il presule, di un “abbraccio che cambia la storia” ma il cambiamento “è sempre e solo opera di Dio”.
Come suggerisce il tema del Meeting di quest’anno, il Papa e il Patriarca hanno scoperto di essere “un bene l’uno per l’altro”, a dimostrazione che anche la “diversità” può essere “portatrice di un bene”. Entrambi hanno dimostrato che “la fede in Cristo non solo non è separata dalla vita reale ma è il giudizio che vince il mondo”.
Anche il fatto che l’incontro sia avvenuto nel corso dell’anno giubilare della Misericordia, rappresenta una “storia” e una “grazia”, preparati da molti altri incontri ecumenici precedenti.
“L’unità in cammino è già una grazia – ha ribadito monsignor Pezzi -. Francesco e Kirill sono consapevoli delle barriere che dividono le loro chiese ma hanno dimostrato che un cammino unico è desiderabile” e può essere percorso insieme “senza eliminare le differenze” che, al contrario, possono essere una provocazione a migliorarsi sempre.
Vedere insieme il vescovo cattolico di Roma e quello ortodosso di Mosca, fa pensare ad un rapporto di “fratellanza” e due fratelli, normalmente, sono “diversi”, nonostante abbiano lo stesso padre. Nel caso delle due chiese, monsignor Pezzi ha individuato una comune “madre”, Maria, ed il deposito della tradizione del primo millennio cristiano, fatta anche di molti santi.
“Rischiare su questa fratellanza è ardito ma è più importante la prospettiva di un comune cammino – ha sottolineato ancora l’arcivescovo di Mosca -. Papa Francesco e il Patriarca con quel coraggio di chiamarsi fratelli sono stati testimoni della misericordia”.
Da parte sua, Vladimir Legoyda, presidente del Dipartimento per i rapporti tra Chiesa e società e mass media del Patriarcato di Mosca, ha confessato di non aver inizialmente apprezzato il tema del Meeting Tu sei un bene per me. “Mi sono chiesto: cosa c’entra con la mia vita?”, ha detto. Dopo l’ascolto della relazione di Luca Doninelli sul tema del Meeting, Legoyda ha però cambiato idea.
L’incontro tra Francesco e Kirill, ha proseguito il portavoce del patriarcato ortodosso di Mosca, “è un avvenimento non solo per la storia cristiana ma per la storia dell’umanità” ed è “la dimostrazione che il Signore può trasformare ogni male in un bene”.
Il Papa e il Patriarca non si sono incontrati “perché tutto andava bene”, né “per dirsi quanto il mondo fosse bello” ma, piuttosto, per dare una risposta alla crisi del mondo attuale, in questo secolo XXI, “così tollerante, dove però si perseguitano i cristiani”, uccidendoli in Asia o in Africa ed emarginandoli in Europa per via di una “croce al collo”.
Citando parole recentemente pronunciate dal patriarca Kirill, Legoyda ha spiegato che il suo incontro con Bergoglio è stato preceduto dalla “sensazione che se non faremo un passo forte, ci troveremo in una estrema crisi”.
Evidenziando l’importanza del richiamo alla famiglia – chiamata dagli ortodossi “piccola chiesa” – formata da uomo e donna, nella dichiarazione congiunta di Francesco e Kirill, il portavoce del Patriarcato si è rallegrato di come nel loro incontro non ci sia stato “nulla di artificioso” ma abbia costituito il “dialogo sincero tra due persone”, nello sforzo di trovare un “linguaggio comune”.
Significativo, secondo Legoyda, è stato anche il comune appello ai giovani, i quali oggi “non vanno più a messa perché percepiscono la Chiesa come una serie di divieti”. L’identità dei cristiani non è però tanto nel “riconoscersi peccatori” ma nel riconoscere “il fine della vita in Cristo”.
Il portavoce del patriarcato di Mosca ha infine raccontato un episodio della sua attuale trasferta romagnola. Visitando i mosaici di Ravenna, sua moglie aveva preso atto sconsolata che oggi nessuno sarebbe più in grado di realizzare simili opere. Tuttavia, le ha replicato Legoyda, ogni epoca ha i suoi “mosaici” reali o simbolici, che vanno dalle Confessioni di Sant’Agostino alla basilica di San Pietro.
Il mosaico da comporre oggi è il “vivere in questo mondo tutti insieme, rispettando la dignità della persona che è diversa da me e per la quale Cristo è andato in croce”. E la base di tale mosaico, ha concluso Legoya, è proprio il tema del Meeting: Tu sei un bene per me.
Francesco e Kirill: il coraggio di chiamarsi “fratelli”
Al Meeting di Rimini, l’arcivescovo di Mosca Paolo Pezzi e il portavoce del patriarcato Vladimir Ledoya commentano l’incontro di febbraio, importante “non solo per la Chiesa ma per l’umanità”