Stefano Salvatore – come lui stesso si descrive in una lettera a ZENIT – è “un semplice ragazzo che ama la poesia, lo studio e la quiete”. Ha 18 anni e vive a Foggia. Sin dal periodo della fanciullezza è stato attratto dalle materie letterarie, e dalla poesia in primis, ma poi ha intrapreso studi scientifici.
“Avrei tanto voluto studiare il greco, il latino e la filosofia – racconta Stefano – però, in egual modo, ora amo le materie scientifiche e un giorno, se Dio vorrà, vorrei iscrivermi a Medicina e svolgere la professione medica. Il mio poeta preferito è Leopardi, leggo ogni giorno i suoi canti e cerco di comprendere i suoi pensieri e le sue riflessioni. Amo anche Eugenio Montale e le sue poesie. La sera per diletto, scrivo versi… versi nati da ispirazione o versi nati da riflessioni… un po’ per esternare i miei sentimenti e un po’ per sfogarmi”.
“Io so di non essere poeta – conclude Stefano con un’umiltà e un senso della misura che denotano buon cuore e maturità di pensiero –, forse perché poeta si nasce. Ma l’unica cosa che so è che amo la poesia, lo studio, la cultura, ed è la cosa che continuerò sempre a fare. Scrivo versi per me e non m’importa se la mia poesia (se si può definire tale) non verrà pubblicata…”.
E invece, caro Stefano, non solo pubblichiamo la tua poesia intitolata Le parole da sole svolazzano, ma pubblichiamo anche la tua lettera di accompagnamento, perché dà testimonianza di un approccio culturale che riteniamo molto meritevole in un giovane della tua età, e perché ci offre l’occasione di esprimere alcune riflessioni che appartengono alla linea editoriale di ZENIT.
Tu dubiti del tuo valore letterario. Ma alla tua età è quasi impossibile avere un propria autonoma identità poetica. Quanti anni e quanti autori “attraversò” il tuo amato Montale per arrivare ad esprimere il suo personalissimo stile poetico? I talenti precoci come Arthur Rimbaud sono assai rari e spesso hanno un destino infelice…
La tua poesia si rifà ai classici (e in particolare a quel Leopardi che ami), ma rivela comunque un’acuta sensibilità ed anche una notevole fantasia creativa. Ma, al di là di questo, vorremmo aggiungere che la poesia, in senso lato, possiede un valore intrinseco che non può essere circoscritto alla rare manifestazioni del genio. La poesia ci accomuna tutti, nel senso cristiano del termine. Perché ognuno di noi ha un’anima individuale e ognuno di noi avverte dentro di sé l’anelito per qualcosa di superiore. Nella società secolarizzata in cui viviamo, questo anelito è sovente soffocato da una fitta coltre di condizionamenti materiali. Ma non appena nell’anima filtra un raggio di luce, ecco che spesso prende la forma della poesia… È per questo che molti autori, giovani e meno giovani, scrivono poesie. Perché sono il più naturale e spontaneo “linguaggio dell’anima”.
Conosci – Stefano – la Lettera agli artisti scritta nel 1999 da S. Giovanni Paolo II, lui stesso artista e poeta? “La pagina iniziale della Bibbia – scriveva in quel mirabile testo il grande Pontefice – ci presenta Dio quasi come il modello esemplare di ogni persona che produce un’opera: nell’uomo artefice si rispecchia la sua immagine di Creatore. La bellezza è in un certo senso l’espressione visibile del bene, come il bene è la condizione metafisica della bellezza. L’artista vive una peculiare relazione con la bellezza. Chi avverte in sé questa sorta di scintilla divina che è la vocazione artistica (di poeta, di scrittore, di pittore, di scultore, di architetto, di musicista, di attore…), avverte al tempo stesso l’obbligo di non sprecare questo talento, ma di svilupparlo, per metterlo a servizio del prossimo e di tutta l’umanità”.
Perciò, caro Stefano, continua – come prometti – a scrivere poesie con lo stesso atteggiamento di sincerità e di purezza che anima questi tuoi anni giovanili. Come espressione d’amore e di spontanea ricerca del bello. E chissà che, in futuro, tu non possa diventare un bravissimo poeta… Ricordi la parabola del Seminatore?
Un contadino andò a seminare e, mentre seminava, una parte dei semi cadde sulla strada, altri caddero su un terreno petroso, ed altri in mezzo alle spine, dove non avrebbero mai dato frutto. “Ma un parte – racconta Gesù – cadde in terreno buono: i semi germogliarono e produssero il cento per uno…”.
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LE PAROLE DA SOLE SVOLAZZANO
di Stefano Salvatore
Le parole da sole svolazzano
Libere, così belle circondano
Lo spirto fuggitivo,
All’imbrunir del ciel,
Spinte dai freschi venti vespertini;
Arrivano da sole,
Non cercar, non cacciar come si suole
Le parole dal clivo
Che oscura il fiume rosso
Della malvagia gente;
Le parole cercate
Sono scrosci striscianti
Di lame penetranti,
D’affanno è la sorgente,
Per me è danno, è sol male
Sempiterno dolor!
Le parole arrivate,
Sono dell’alma buono e core frale.
Galleggiano nell’aria
Tersa al dominator
Costellato e la luna;
Lucciole luminose in una valle,
Piccole lampe e l’erba è la lor Cuna,
Farfalle uscite dalla crisalide,
Libere ora per tempo ingannevole
A cercar fiori pel ogni sentiero,
Insetti tanto attratti da trappole:
Son le parole attratte dall’anima.
Di là fluttuano, di là si posano,
Altre spessi mattoni,
Altre flebili piume,
Cadenti, s’avvertono sulla pelle
S’avvicinano, ancora mi cercano,
La notte consigliera
Rivivono i ricordi,
L’ingegno resuscita.
Raggi di luce fioco
Di un insipido sole,
Investono l’abisso
Del mio ramingo core,
Ora ebbro di parole,
Come prisma di vetro cristallino,
Scoppiò in mille facelle,
Abbaglianti scaglie di scintillanti faville.
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La poesia e la parabola del seminatore
Un giovane poeta scrive a ZENIT raccontando la sua spontanea vocazione letteraria e il suo amore per i classici