Anziani e bambini, in mezzo a loro una marea dei giovani. La Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia ha visto, anche se in minor presenza, anche numerosi sacerdoti e accompagnatori anziani tra i 70 e gli 80 anni (e non è eufemismo). Con fatica e determinazione camminavano, con in mano il rosario, silenziosi e protettori di questi figli che nel cuore hanno scelto non “il divano”, ma le “scarpe” piene di fango e consumate per lasciare impronte della ‘sostanza di Gesù”.
Caratterizzati dallo spirito gioioso, dalla esuberanza, dalla fraternità chiassosa tipica della loro età, questi giovani erano vegliati dalla saggezza e dai capelli bianchi, brizzolati, di coloro che nell’orrore della guerra e del terrore hanno creduto sempre all’amore. Senza paura.
Credetemi, erano tanti. I bambini e i neonati, che le coppie giovani, hanno portato sulle spalle, nei seggiolini, in braccio: che immagine di madri e padri amorevoli, così come deve essere la Chiesa: madre accogliente e premurosa. Solo amore, e basta. Una comunità aperta sempre alla novità viva del Vangelo che è capace di rendere visibile – concretamente – la misericordia. E poi c’erano i malati, i disabili e chi con bastoni e improvvisati sostegni si sostenevano per camminare a lungo verso la meta dove ci aspettava Pietro.
Risuonavano, a noi anziani accompagnatori, le profetiche parole di Paolo VI, che non ha mai vissuto una Gmg. Scriveva il Beato: “La società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia. Perché la gioia viene d’altronde. È spirituale. Il denaro, le comodità, l’igiene, la sicurezza materiale spesso non mancano; e tuttavia la noia, la malinconia, la tristezza rimangono sfortunatamente la porzione di molti.” (Gaudete in Domino, 1) e la “carta di identità del cristiano è la gioia” (Francesco, 23 maggio 2016).
Quanta gioia e palpabile ricerca della felicità. 3.000.000 di persone riunite alla Messa con Francesco. Molti erano partiti con ansie e preoccupazioni per la sicurezza ma abbiamo sperimentato che, nonostante la protezione delle forze dell’ordine, eravamo certi che anche nella prova c’è “la sicurezza che Gesù è con noi”. In molti lo abbiamo sperimentato ed è sempre stato così, nonostante le sirene delle ambulanze si sentivano e preannunciavano i malesseri causate dal caldo, dalla fatica. Perché non era una gita, ma un pellegrinaggio .
Andare in pellegrinaggio significa uscire da noi stessi per andare incontro a Dio là dove Egli si è manifestato, là dove la grazia divina si è mostrata con particolare splendore e ha prodotto abbondanti frutti di conversione e santità tra i credenti. Rimane la polvere e la terra dei luoghi santi di una terra – come tante altre terre – lacerata da dolore, sofferenza, pianto.
Tante sono state le Gmg a cui ho partecipato. Ricordo la prima tra il 1984/85, e poi a seguire le altre. Fu l’anno che entrai in Seminario e alle porte del 25° anno di sacerdozio (3 settembre) non potevo non ripetere con i giovani questa esperienza che ti ‘marchia’ il corpo e lo spirito con il simbolo del kerygma, la lieta notizia che Gesù Cristo è morto e risorto; tra il filo spinato dei bambini e milioni di persone che ad Auschwitz furono eliminati e i bambini e anziani cercatori indefessi della felicità che riconoscono la bellezza della vita e la dignità umana. Perdonandosi amorevolmente.
[Di ritorno da Cracovia, 05 agosto 2016]
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Gmg. Anziani e bambini: presenza discreta e saggia tra i giovani
In mezzo alla marea di giovani a Cracovia anche qualche testa bianca e brizzolata venuta a vegliare su di essi