Un po’ di tempo fa nella redazione di ZENIT, discutendo dell’esistenza dell’anima, sorse la domanda su quale fosse il linguaggio dell’anima. Qual è il linguaggio dell’anima ed in quale modo noi umani possiamo intercettare comprendere interloquire con quel linguaggio? Discutemmo a lungo sulle varie ipotesi e giungemmo alla conclusione che la poesia, la musica l’arte, sono parte del linguaggio dell’anima. Perché sono universali, sono presenti come aspirazione e tentativo in ogni gruppo sociale, in ogni civiltà, sono compresi anche se non si capiscono le parole, toccano il cuore e muovono emozioni
La poesia è la parola cantata, messa in rima o anche solamente legata ad una musicalità. Esiste prima ancora della scrittura ed è presente anche nei gruppi sociali più primitivi, quelli che comunicano solo oralmente. La poesia (anche nelle forme più crude) innalza gli animi, solleva l’umano dal riduzionismo del materialismo, invita a innalzarsi verso l’infinito, verso il cielo, verso l’incommensurabile, verso le altissime vette del cuore, suscita amore, amicizia, bellezza, condivisione, perdono, compassione, generosità, dignità, libertà, magnaminità, giustizia civiltà.
La poesia a volte è una voce degli uomini che cercano Dio: voci che lamentano e piangono, che temono per la lontananza del Creatore. Uomini che temono di essere stati abbandonati, come Cristo sulla Croce. La bellezza della poesia, della musica e dell’arte ci avvicinano a Dio e ci permettono di superare le paure, la solitudine, la sofferenza, i dolori, ed anche il timore misterioso della morte,
È singolare infatti notare che la stragrande maggioranza dei poeti, così come tutti gli umani, elevano i loro versi per curare e dare sollievo alle ferite del cuore, alle loro condizioni di umani sofferenti in cerca di amore. Amore dato e ricevuto. Siamo nati per amore e ci realizziamo felicemente quando amiamo.
A questo proposito mi è cara la metafora dell’ostriche perlifere, le quali di fronte agli attacchi esterni, ai corpi estranei che entrano tra le valve e le feriscono, si difendono secernendo intorno agli estranei ed alle lesioni, la madreperla che trasforma l’aggressore e la ferita in una perla meravigliosa.
La poesia quindi invita a provare a coprire le ferite e il dolore con tanta bella e buona madreperla, solo così si possono sopraffare i cattivi pensieri trasformandoli in perle preziose. Ogni poesia è una perla che in lucentezza e bellezza copre e supera il male indicando le vie del cielo.
Questo è lo spirito che ci ha ispirato nel pubblicare una rubrica di poesie due volte a settimana su ZENIT e che ci ha spinto , anche se i tempi erano molto brevi, a lanciare il concorso di poesia che si è concluso ieri al Narnia Festival.
Quando avevo 18 anni misi in piedi la “Accademia degli entusiasti”, cioè degli “ottimisti esagerati”, di coloro “pieni di Dio” che “lanciano il cuore oltre ogni ostacolo” e “credono oltre ogni ragione”.
Un’iniziativa ed un sogno che oggi possono dirsi realizzati. L’idea è quella di mettere insieme le diverse associazioni umanistiche e farle confluire in un movimento che, alla ricerca del vero, del buono e del bello, crei luoghi dove musica, poesia, letteratura, arte, scienza, buona politica , spiritualità si mettano insieme per evitare che il mondo si annienti in guerre e terrorismo e che rinasca con una civiltà dell’amore.
Poesia linguaggio dell’anima
Il perché di un concorso di poesia raccontato al Narnia Festival