Musica e Poesia al Narnia Festival

A Narni in un luogo magico a metà tra medioevo e rinascimento giovani musicisti e  poeti crescono

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Il visitatore che in questi giorni si trova a passeggiare lungo le strade medievali del bellissimo centro storico di Narni, sarà colpito, oltre che dal fascino dello scenario architettonico, anche dal gran numero di giovani che portano sulle spalle la custodia del loro strumento.
Giunto alla sua quinta edizione, il Narnia Festival è un appuntamento ormai noto a livello internazionale, che riunisce grandi maestri e giovani allievi di tutto il mondo per un concentrato di musica che occupa quasi tutto il mese di luglio.
L’edizione 2016, diretta da Cristiana Pegoraro – che del Festival è ideatrice e organizzatrice, insieme al maestro Lorenzo Porzio – è in programma dal 10 al 31 luglio e punta su una innovativa formula interdisciplinare, con iniziative mirate alla diffusione e comprensione delle arti e alla conoscenza del patrimonio culturale, storico e architettonico dell’Umbria.
Quest’anno il Festival ha proposto una “prima assoluta”: un Premio di poesia promosso dall’agenzia di stampa ZENIT, dall’associazione di cultura Narnia Arts Academy, dall’editrice IF Press, dall’associazione Giuseppe Jovine e dal social network Orbisphera.
Il Premio, di cui abbiamo già dato notizia, è intitolato Il linguaggio dell’anima, è dedicato alla memoria del poeta Giuseppe Jovine, ed è ispirato ai temi della pace, dell’amore, della fratellanza, della condivisione e dell’accoglienza.
Temi quanto mai attuali, anche per la coincidenza con il Giubileo della Misericordia che, in un mondo sconvolto da troppe violenze, rappresenta un autentico faro per riaffermare l’imprescindibile esigenza della “cultura dell’incontro”.
Ieri 23 luglio si è svolto a Narni l’evento conclusivo del Premio con la presentazione dell’antologia delle migliori opere in concorso e l’annuncio ufficiale dei due vincitori: uno per la sezione “autori adulti” e l’altro per la sezioni “giovani poeti” (fino a un’età di 19 anni).
In una spettacolare scenografia – la Chiesa di San Francesco, gioiello dell’architettura quattrocentesca decorato con affreschi che riproducono episodi della vita del Santo –, Antonio Gaspari, direttore editoriale di ZENIT, ha illustrato ai presenti i fondamenti etici e culturali all’origine dell’istituzione del Premio (l’intervento di Gaspari è leggibile, nella sua stesura completa, nell’articolo intitolato: Il perché di un concorso di poesia).
Massimo Nardi, responsabile organizzativo del Premio, ha poi presentato al pubblico l’antologia intitolata Il linguaggio dell’anima, comprendente le opere dei ventidue autori finalisti (l’antologia è in distribuzione sul sito dell’editrice IF Press a questo link).
È stata poi la volta degli otto poeti finalisti presenti a Narni che hanno dato pubblica lettura delle loro opere, sottolineata dagli applausi del pubblico: Giancarlo Castagna, Edoardo Ferri, Augusto Finessi, Carmelina Giancola, Visar Zhiti, Chiara Esposito, Giuliano Vinci, Alessio Rosei (gli ultimi tre autori citati partecipanti al Premio nella sezione “giovani poeti”).
Infine il momento dell’annuncio dei due vincitori: Visar Zhiti, per la sezione “autori adulti”, e Chiara Esposito, per la sezione “giovani poeti”. Antonio Gaspari ha letto la motivazione formulata dalla Commissione di esperti per il premio conferito a Visar Zhiti: “Per la testimonianza esistenziale e letteraria che l’ha portato ad essere un simbolo della libertà artistica e della poesia del pensiero contro la barbarie della dittatura. Per la tensione morale e religiosa che Zhiti continua ad esprimere anche nella sua missione attuale di ambasciatore dell’Albania presso la Santa Sede”. Ed ecco invece il giudizio della Commissione a favore di Chiara Esposito: “Per la disposizione ritmica e la coerenza riflessiva volta a indagare il rapporto fra l’uomo e il mistero”.
Visar Zhiti, scrittore di valore internazionale che ha subito la barbarie del totalitarismo scontando una condanna di dieci anni ai lavori forzati per il solo fatto d’essere poeta, ha voluto esprimere il suo particolare ringraziamento per un premio di poesia conferito all’interno di una chiesa: un ambiente – ha detto – che simboleggia e richiama il “linguaggio dell’anima”, riportandoci alla verità della nostra natura spirituale (mentre le sue parole erano, in qualche modo, “illuminate” dalla luce tremula di una vetrata artistica che accentuava la suggestione poetica…).
Quindi Cristiana Pegoraro ha consegnato ai due vincitori il “Leoncino d’argento” del Narnia Festival (intestato, per l’occasione al Premio di Poesia “Giuseppe Jovine”) ed ha annunciato le esibizioni concertistiche che avrebbero concluso la manifestazione, tra le quali un quartetto per oboe e archi su musiche di Franz Danzi (1763-1826).
Ma prima del momento musicale conclusivo, Rosario Giuffrè, componente della Giuria del Premio, ha illustrato gli orizzonti concettuali che hanno orientato il suo impegno e, in senso lato, il lavoro dell’intera Giuria.
“Ho accettato con timore la partecipazione alla giuria del Premio Il linguaggio dell’anima – ha spiegato Giuffrè, architetto, professore emerito universitario e poeta lui stesso – perché esprimere un pensiero su tante significative composizioni poetiche comportava un responsabile lavoro. Nel mondo di oggi parlare di poesia potrebbe accogliere un tema non attuale, né attivo, ed in più potrebbe far apparire il mandato come un dover emettere un giudizio, e ciò non è vero sia per gli autori, sia per il prodotto”.
“Noi siamo abituati a leggere i componimenti poetici – ha continuato Giuffrè – come un esame critico legato alla struttura discorsiva, alle forme del linguaggio, ai temi metrici ed alle ricorrenze lessicali, a volte considerate come rime. E invece dimentichiamo che una poesia instaura e costituisce una figura, non una semplice immagine, una forma organica del pensiero che si costruisce entro lo spazio poetico (perché esso si forma), perché delinea una forma di linguaggio che trasmette le intenzioni dell’autore, le sue dediche, ma ancor più perché produce effetti in chi legge, fa risuonare nel suo interiore queste articolazioni e scopre una ulteriore configurazione ed innovativi contenuti.
Quella che in neuroscienze si proclama come realtà aumentata, che non è virtuale, ma proprio figura, struttura che contiene in se significati, valori, modalità, innovatività originari e ricostruiti dal fruitore”. “Ecco – ha concluso Giuffrè – questa impressione ho ricavato dalla lettura e dal risentire interiormente, i versi, le organizzazioni, le sequenze…”.
 

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ZENIT Staff

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