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Il card. Vegliò a Genova per ricordare le vittime delle migrazioni

Ieri, nell’antica basilica dell’Annunziata del Vastato, la veglia di preghiera ‘Morire di speranza’ per ricordare tutte le vittime del Mediterraneo

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Si è svolta ieri a Genova, nell’antica basilica barocca dell’Annunziata del Vastato, la veglia di preghiera Morire di speranza in ricordo di tutte le vittime delle migrazioni verso l’Europa. Presieduta dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, la preghiera – riferisce L’Osservatore Romano – ha visto la partecipazione di circa 1500 tra richiedenti asilo, immigrati, membri di associazioni, donne e uomini turbati dallo stillicidio di morti nel Mediterraneo raccolti dai diversi organizzatori. Ovvero la Comunità di Sant’Egidio, il Centro Astalli, la Caritas italiana, Fondazione migrantes, Federazione Chiese evangeliche in Italia, Comunità Papa Giovanni XXIII e Acli. Sedute in basilica c’erano anche persone musulmane, ancora nel pieno del digiuno del mese di Ramadan.
Nella sua omelia il card. Vegliò ha sottolineato che “il Signore ascolta la storia di ognuno di noi di ogni migrante e di ogni rifugiato e ci insegna a riconoscerci come parte della famiglia umana, come fratelli e sorelle lungo il sentiero della vita che talvolta affatica e addolora l’anima e il corpo”.
Alle tante donne e uomini che hanno portato nomi di parenti e amici morti nei viaggi della speranza, il porporato ha rivolto una parola di affetto, ma ha voluto anche esortare gli europei: “Cari amici migranti e cari rifugiati, stasera qui riuniti, preghiamo per le vite innocenti, spezzate, lungo le rotte della speranza, via mare e via terra, mentre soffiano i venti contrari del pregiudizio e della diffidenza contro chi tende la mano disperato verso i Paesi ricchi e in pace. Siamo testimoni di immagini televisive e di politiche che seminano ingiustizia, rassegnazione e paure. Non lasciamoci travolgere dalla tempesta dell’indifferenza che intorpidisce i cuori e mina i valori storici e cristiani dell’Europa, ma, alleviando il dolore di questi fratelli e queste nostre sorelle migranti, poniamo le basi per la pace in Europa per le generazioni future”.
Cuore del problema, secondo il porporato, è la paura del forestiero: “Noi non possiamo lasciarcene travolgere – ha detto – la storia ci giudicherà e il Signore attende di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati. Non possiamo tollerare un’Europa che chiude le proprie frontiere e le porte del proprio cuore. Il Mediterraneo deve tornare a essere un luogo di incontro e non un luogo di morte, il nostro continente deve ricordare la sua storia di democrazia e rispetto per i diritti e istituire corridoi umanitari per salvare sempre più persone”.
Nella basilica, gremita – riferisce ancora il quotidiano vaticano – si sono ricordati poi i nomi e le storie di decine di morti nel deserto, nel Mediterraneo, lungo la “rotta balcanica”: un rosario di nomi commovente, pieno di bambini e giovani. Dalla fine del 2014 a questa prima metà del 2016, si stima che in più di diecimila siano morti nei “viaggi della speranza”, e la gran parte è annegata nel tratto di Mediterraneo che è davanti all’Italia.
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ZENIT Staff

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