“Abbiamo scritto una pagina di storia, un capitolo nuovo nella storia contemporanea della nostra Chiesa. Tornando a casa possiamo dire di aver dato prova ancora una volta della nostra unità in Cristo. Siamo una Chiesa indivisibile e abbiamo sperimentato la gioia dell’unità nella nostra diversità”.
Sono le parole con cui il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I ha chiuso i lavori del “Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa” di Creta iniziato, tra difficoltà e defezioni, lo scorso lunedì 20 giugno e concluso domenica con una Divina Liturgia. Alla grande assise hanno preso parte circa 290 delegati di dieci Chiese ortodosse; tra questi non erano presenti il patriarcato di Mosca e le Chiese di Antiochia, Georgia e Bulgaria a causa di alcuni punti di divergenza come, ad esempio, la scelta di invitare una quindicina di osservatori delle altre Chiese cristiane che seguivano a latere i lavori.
A Creta, erano presenti infatti rappresentanti della Comunione anglicana, della Federazione luterana mondiale, ma anche di organismi ecumenici come la Conferenza delle Chiese europee (Ccee) e il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente. In rappresentanza della Santa Sede c’erano il presidente e il segretario generale del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, il cardinale Kurt Koch e mons. Farrell.
La scelta del dialogo ecumenico è stata ribadita da Bartolomeo, il quale, salutando i delegati delle Chiese cristiane e ringraziandoli per la loro “pazienza” e “l’interesse sincero” nel seguire il Concilio, ha sottolineato: “In questa settimana tutti noi in questa sala abbiamo sperimentato la luce dello Spirito Santo. Tutti noi siamo stati confermati dell’importanza vitale del dialogo con le altre Chiese cristiane”.
Durante i cinque giorni di lavoro, i padri conciliari hanno poi ampiamente discusso i sei documenti all’ordine del giorno su temi come: la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, la diaspora ortodossa, l’autonomia delle Chiese e il modo di proclamarla, l’aggiornamento delle norme sul digiuno, i rapporti con le altre Chiese cristiane, gli impedimenti per la celebrazione del matrimoni.
Affrontata anche la questione dei rifugiati; a tal riguardo le Chiese ortodosse chiedono “alle autorità civili, ai cittadini e ai cristiani ortodossi nei Paesi verso i quali i perseguitati cercano rifugio, a continuare ad offrire il loro aiuto nei limiti e al di là delle loro capacità”.
Fino all’ultimo giorno, i padri hanno lavorato intensamente per introdurre emendamenti e limature ai testi; infine è stata pubblicata una Enciclica e un Messaggio “al popolo ortodosso e a tutte le persone di buona volontà” nel quale si denuncia vigorosamente ogni forma di violenza e si esprime la preoccupazione per l’espandersi dei fondamentalismi. “Il Santo e Grande Concilio ha aperto il nostro orizzonte sul mondo contemporaneo e multiforme”, si legge nel Messaggio, e “la Chiesa ortodossa è sensibile al dolore, alle angosce e al grido di giustizia e di pace dei popoli”.
Nel testo viene comunicata anche la decisione di voler convocare un Concilio ogni 7-10 anni.
Si è concluso domenica con la celebrazione della Divina Liturgia il Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa. “Abbiamo scritto una pagina di storia”, ha detto il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I chiudendo i lavori . Le Chiese hanno deciso di convocare un Concilio ogni 7/10 anni. E nel messaggio finale, scrivono: “Siamo in ascolto del dolore, delle angosce e del grido di giustizia e di pace dei popoli”.