“Diventano sempre più numerose le segnalazioni dai territori di programmi educativi che sostengono l’ideologia del indifferentismo sessuale, e contemporaneamente ci preoccupa il silenzio del Miur sulle linee guida che dovranno regolamentare i percorsi di educazione alla lotta contro la discriminazione e il bullismo”. Lo dichiara Massimo Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo i Nostri figli, promotore degli ultimi due Family Day.
“Già ora, nonostante la circolare del Miur dell’estate scorsa in cui si garantiva che l’ideologia gender non sarebbe entrata nelle scuole, sono in realtà in atto strategie di cultura gender come concretamente accaduto a Trieste e nella Regione Friuli – prosegue Gandolfini -. Il cambio di indirizzo promesso dalla neo giunta del capoluogo giuliano fa ben sperare ma il silenzio del Miur è carico di incognite negative”.
Per queste ragioni, sabato 25 giugno, alle 11.30, a Roma, il Comitato ha organizzato un presidio di famiglie davanti alla sede del Miur in viale Trastevere, allo scopo di “mandare un segnale inequivocabile alla politica, perché si faccia interprete rigoroso della volontà dei genitori di non vedersi scavalcati nelle scelte educative riguardanti i proprio figli”.
“Confermiamo quindi con forza che programmi di sessualizzazione precoce e di identità di genere non appartengo alla cultura e alla tradizione della popolazione italiana – ha sottolineato Gandolfini -. Si deve lottare alla discriminazione verso ogni persona ma non si deve violare l’identità sessuata di ogni essere umano, in particolare nelle fasi in cui si strutta la personalità dei bambini”.
“Rispetto e delicatezza nei confronti dell’infanzia non sono in contrasto con la giusta lotta al femminicidio e ad ogni violenza. Così come la lotta ai pregiudizi non si combatte decostruendo e rimuovendo ogni tipo di identità legata al sesso biologico dell’alunno”, conclude il presidente del Comitato.
Gandolfini (CDNF): “Sabato al Miur per la libertà educativa”
Imminente una manifestazione di protesta nei confronti delle linee guida ministeriali che, con la scusa educare contro le discriminazioni e il bullismo, introducono surrettiziamente l’educazione al gender