Nella sua consueta rubrica di liturgia, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e Decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde oggi a un lettore statunitense.
La mia domanda riguarda la partecipazione ad una concelebrazione interrituale da parte di vescovi appartenenti a due riti. Ho preso parte a una Divina Liturgia della Chiesa greco-cattolica ucraina presieduta da un vescovo ucraino in una chiesa cattolica di rito romano. L’occasione era l’istituzione di un apostolato da parte di Chiese cattoliche orientali in una scuola statale. La liturgia viene celebrata nella chiesa locale di rito Romano per il fatto che in zona non c’è alcuna chiesa di rito orientale. Alla Divina Liturgia inaugurale, in aggiunta al vescovo di rito ucraino e ad alcuni dei suoi sacerdoti, ha partecipato anche il vescovo locale di rito romano, con alcuni dei suoi sacerdoti. Il vescovo ucraino ha invitato il vescovo e il clero di rito romano a concelebrare la Divina Liturgia. Ma tutto il clero di rito romano ha declinato l’invito e si è seduto da una parte. In particolare il vescovo di rito romano è sembrato incerto circa l’intera situazione, e ha partecipato semplicemente inginocchiato all’intera Divina Liturgia. Questa mancata opportunità per dimostrare l’unità cattolica attraverso la testimonianza liturgica mi ha colpito molto. Il vescovo di rito romano avrebbe potuto concelebrare? – M., Indiana (USA)
Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali contiene alcune norme circa la partecipazione di sacerdoti di rito Latino nelle celebrazioni di rito Orientale. Per qualsiasi vescovo o sacerdote cattolico i seguenti canoni prescrivono:
“Can. 379. I chierici uniti col vincolo della carità ai confratelli di qualunque Chiesa sui iuris, operino tutti al medesimo fine, cioè per l’edificazione del Corpo di Cristo e perciò, di qualunque condizione siano e anche se attendono a uffici diversi, collaborino tra di loro e si aiutino a vicenda.
“Can. 393. Ai chierici di qualsiasi condizione deve stare a cuore la sollecitudine per tutte le Chiese e perciò si mostrino disposti al servizio ovunque ci sia una necessità urgente e specialmente a esercitare, col permesso o su invito del proprio Vescovo eparchiale o del proprio Superiore, il loro ministero nelle missioni o nelle regioni che soffrono di scarsità di chierici.
“Can. 674 §1. Nella celebrazione dei sacramenti si osservi diligentemente quanto è contenuto nei libri liturgici.
“§2. Il ministro celebri i sacramenti secondo le prescrizioni liturgiche della propria Chiesa sui iuris, a meno che dal diritto non sia stabilito diversamente o che non abbia ottenuto una speciale facoltà dalla Sede Apostolica.
“Can. 701. La concelebrazione tra Vescovi e presbiteri di diverse Chiese sui iuris può essere fatta per giusta causa, specialmente per favorire la carità e allo scopo di manifestare l’unione tra le Chiese, su licenza del Vescovo eparchiale, seguendo tutti le prescrizioni dei libri liturgici del primo celebrante, tenendo lontano qualsiasi sincretismo liturgico e conservando preferibilmente le vesti liturgiche e le insegne della propria Chiesa sui iuris.
“Can. 702. È vietato ai sacerdoti cattolici di concelebrare la Divina Liturgia assieme a sacerdoti o a ministri acattolici.
“Can. 703 §1. Un sacerdote estraneo non sia ammesso a celebrare la Divina Liturgia se non esibisce al rettore della chiesa le lettere commendatizie del suo Gerarca, oppure se non consta in altro modo allo stesso rettore della sua rettitudine.
“§2. Il Vescovo eparchiale ha pieno diritto di stabilire su questo punto delle norme più determinate da osservarsi da tutti i sacerdoti, anche se sono in qualunque modo esenti.
“Can. 704. La Divina Liturgia può essere celebrata lodevolmente tutti i giorni, eccetto quelli che sono esclusi secondo le prescrizioni di libri liturgici della Chiesa sui iuris a cui il sacerdote è ascritto.
“Can. 705 §1. Il sacerdote cattolico può celebrare la Divina Liturgia sull’altare di qualsiasi chiesa cattolica.
Ҥ2. Per poter celebrare la Divina Liturgia in una chiesa di acattolici, il sacerdote necessita della licenza del Gerarca del luogo.
“Can. 707 §1. Riguardo alla confezione del pane eucaristico, alle preghiere da recitare dai sacerdoti prima della celebrazione della Divina Liturgia, all’osservanza del digiuno eucaristico, alle vesti liturgiche, al tempo e al luogo di celebrazione e ad altre cose simili, devono essere stabilite accuratamente delle norme dal diritto particolare di ciascuna Chiesa sui iuris.
“§2. È lecito, una volta allontanato lo stupore dei fedeli cristiani, usare vesti liturgiche e pane di un’altra Chiesa sui iuris, se non sono disponibili vesti liturgiche e pane della propria Chiesa sui iuris”.
Tuttavia, i vescovi e sacerdoti cattolici di rito latino devono anche rispettare le seguenti prescrizioni dell’istruzione Redemptionis Sacramentum al n° 113:
“Quando la Messa è concelebrata da più Sacerdoti, nel pronunciare la Preghiera eucaristica si usi la lingua conosciuta sia da tutti i Sacerdoti concelebranti sia dal popolo riunito. Qualora avvenga che vi siano tra i Sacerdoti alcuni che non conoscono la lingua della celebrazione, cosicché non possono debitamente pronunciare le parti della Preghiera eucaristica che sono loro proprie, essi non concelebrino, ma preferibilmente assistano secondo le norme alla celebrazione indossando l’abito corale”.
Di conseguenza, riguarda alla situazione menzionata all’inizio, in accordo al Canone 701 per principio sarebbe stato possibile per il vescovo e per i sacerdoti concelebrare con l’eparca ucraino.
Tuttavia, per rispetto, avrebbero dovuto avere a disposizione il vestiario completo del rito latino, in quanto la maggior parte delle concelebrazioni orientali richiedono che tutti i concelebranti indossino l’abbigliamento per intero e non prevedono l’eccezione esistente per il rito latino di usare anche solo l’alba e la stola. Avrebbero dovuto anche conoscere la lingua della celebrazione, qualora diversa da quella locale.
Per motivi pratici avrebbero dovuto anche acquisire almeno i concetti basilari della struttura del rito, in modo da sapere come muoversi e cosa dire, e quando. Tutto ciò richiede un minimo di preparazione e non può essere oggetto di improvvisazione.
Nella situazione descritta dal nostro lettore sembrerebbe che il vescovo di rito Orientale abbia invitato inaspettatamente l’altro vescovo e i sacerdoti a concelebrare. In queste circostanze, il loro trattenersi dal farlo è da considerare più un prudente rispetto per la Divina Liturgia e la sua corretta celebrazione, piuttosto che una mancata opportunità.
C’è da sperarsi che dopo dovuta preparazione una tale concelebrazione possa avere luogo per il bene di tutti i partecipanti.
[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]
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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.
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Concelebrazioni interrituali: a certe condizioni sono permesse
Il Diritto Canonico lo consente in particolare per favorire la carità e allo scopo di manifestare l’unione tra le Chiese