Medjugorje - Wikimedia Commons

“La mia vita è cambiata a Medjugorje”

Gerolamo Fazzini non appartiene al al “club dei ‘medjugoriani” ciononostante si è fatto conquistare dalle tante storie di conversione…

Share this Entry

Il 25 giugno saranno 35 anni delle apparizioni di Maria a Medjugorje e per l’occasione le Edizioni Ares ha pubblicato il libro: “La mia vita è cambiata a Medjugorje”
Si tratta di un libro in cui sono raccolte moltissime testimonianze di persone famose e non che sono andate a Medjugorje.
C’è, per esempio, la storia del dott. Giorgio Calabrese, dietologo di fama e di sua moglie, entrambi devotissimi di Medjugorje.
Con loro anche il batterista Tullio De Piscopo e un dentista che amava i soldi e le auto di lusso per arrivare al cuore delle belle donne, ma che dopo Medjugorje si è fatto… prete e ora va in giro per le case della Comunità Cenacolo sparse in tutto il mondo celebrando la Messa e curando i denti… gratis.
C’è anche la storia di Alberto Bonifacio che durante i suoi viaggi umanitari, durante la Guerra nei Balcani, ha portato in Bosnia anche Bompressi e con lui ha salvato Adriano Sofri dalla Sarajevo assediata…
Il prof. Luca Pesenti, sociologo dell’Università Cattolica, a partire da dei questionari distribuiti ai pellegrini italiani tratta in modo scientifico un identikit, il primo del genere, del pellegrino ideale che si reca in Erzegovina.
Il libro chiude con un saggio di Saverio Gaeta.
Autore del libro è Gerolamo Fazzini, editorialista di Avvenire, già direttore per il PIME di Mondo & Missione, noto a molti per essere stato il responsabile della comunicazione durante il VII Incontro mondiale delle Famiglie di Milano.
Per la cronaca sia Fazzini sia il sociologo Pesenti guardavano Medjugorje con indifferenza se non addirittura con sospetto, poi ci sono andati e ne sono rimasti colpiti…
Per saperne di più riportiamo una parte dell’Introduzione al libro scritta da Fazzini.
Ha scritto Gerolamo: “La prima volta che andai a Medjugorje, nell’estate 1990, giurai a me stesso che non ci avrei mai più messo piede.
Avevo 28 anni, ero fidanzato e mi sarei sposato di lì a due anni. Ed ero finito in quel posto – dove si diceva apparisse la Madonna – solo grazie alla caparbia decisione di papa Fulvio, che aveva guidato la ‘carovana Fazzini’ dall’Italia a quello sperduto e anonimo paesetto dell’Erzegovina in piena estate, sotto un sole rovente.
Per motivi che mi rimanevano tutto sommato oscuri.
Ventiquattro anni dopo, nel maggio 2014, a pochi mesi da un doloroso evento professionale, sono tornato a Medjugorje, su invito di Eliseo Rusconi, insieme con mia moglie Laura. E li ho radicalmente cambiato idea.
Quando parlo della ‘carovana Fazzini’ che nel 1990, l’anno prima che scoppiasse la guerra dei Balcani, si diresse a Medjugorje al gran completo, lo faccio a ragion veduta: sono primo di nove figli.
Ci muovemmo su un pulmino Volkswagen bianco e una Peugeot familiare con oltre 300 mila chilometri segnati sul cruscotto: undici persone in tutto, tra i 58 anni di papa (andato in Paradiso nel 2000) e i 12 di mio fratello Lorenzo, ultimo della fila.
Un viaggio improvvisato all’ultimo momento: si decise di dormire lungo la strada, in una casa in costruzione che una famiglia del posto ci concesse per adagiare materassini e sacchi a pelo.
Giunti a Medjugorje l’alloggio ce lo procurò un ragazzino di Čitluk. Dopo solo un paio di giorni di permanenza, facemmo ritorno in direzione Italia, passando per strade impervie.
Prima di scrivere questi appunti, ho interpellato fratelli e sorelle, scoprendo che sulla via del rientro ci concedemmo una scorpacciata di pesce e un sospirato tuffo in mare, che però suscito la vivace reazione di papa, che lo giudicava fuori luogo durante un pellegrinaggio.
Lo, confesso, non ho conservato memoria di questi fatti ne – anche se parrà strano – di un fugace incontro a Medjugorje con la veggente Vicka.
Quel che qui interessa e il fatto che io non riuscivo a capire, anche dopo esserci stato, cosa mai attirasse tanta gente a Medjugorje.
E cosa ci fosse di speciale in un luogo che, a dirla tutta, non vincerà mai il premio per il più bel borgo d’Europa.
Cresciuto in diocesi di Milano, alla scuola del cardinale Carlo Maria Martini, educato alla centralità della lectio divina, devo ammettere non solo che la mia pietà mariana era molto debole (lo è tuttora, in verità), ma pure che provavo un’antipatia nemmeno tanto velata per quasi tutte le manifestazioni di devozione popolare, che consideravo confinanti con la superstizione.
Vengo da una famiglia cattolica, ho avuto la fortuna di avere due genitori davvero credenti. E non ringrazierò mai abbastanza il Signore per questo.
Pero devo confessare, caro lettore, che le centinaia di Rosari recitati fin da piccolo – spesso guidati da papà, a cui si chiudevano letteralmente gli occhi dopo la giornata di lavoro – non erano riusciti a educarmi a quel che si dice una ‘spiritualità mariana’.
A lungo sono stati la tassa da pagare in chiusura di giornata. Una nobile abitudine, niente di più. Un pio esercizio che – anche quando da piccoli eravamo affidati alle zie durante le vacanze in montagna a Premana – ritmava implacabile le nostre giornate.
Nemmeno negli anni che ho trascorso in seminario a Venegono Inferiore, fino alla fine del liceo, il Rosario e diventata per me quella preghiera insostituibile che e per molti amici che conosco, preti e no.
Non appartengo, insomma, al club dei ‘medjugoriani’, termine col quale indico un ristretto gruppo di giornalisti che da anni segue – con passione personale, oltre che per mestiere e con competenza – il fenomeno-Medjugorje così come si e evoluto nel corso di oltre trent’anni.
In questo ambito sono, davvero, l’ultimo arrivato. Non voglio farne mistero, ne sbandierare titoli che non ho. Anzi: immagino già il sopracciglio di qualche amico e collega, che conosce la mia storia, inarcarsi nel vedere il mio nome misteriosamente associato a Medjugorje.
Fazzini scrive di Medjugorje? E perchè mai?”…
Le risposte a queste domande insieme alle storie le trovate nel libro “La mia vita è cambiata a Medjugorje” (edizioni Ares).
 
 

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione