Il domani sorge sempre al tramonto

Lo sdegno e il coraggio di una donna vittima di violenza nel romanzo di Mariagiovanna Saladino

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Vera è una giornalista che ama il suo lavoro a tal punto da recarsi spesso in tipografia per seguire l’iter di stampa del giornale per cui scrive. È in una di quelle notti, all’uscita dello stabilimento tipografico, che viene aggredita e violentata selvaggiamente. Appena tornata in redazione riceve l’incarico a seguire una inchiesta su cinque madri assassine. Che farà con il suo bambino, frutto della brutalità di uno stupro?
Il romanzo si intitola Il domani sorge sempre al tramonto (Herkules Book), l’autrice è Mariagiovanna Saladino. Sarà interessante capire la genesi di un libro che offre interessanti spunti di riflessione. La giovane scrittrice è nata a Lamezia Terme, in Calabria ed ha conseguito la laurea in Lettere Moderne.
Giornalista freelance è stata finalista nella sua regione al premio letterario La Giara – RAI. Ha partecipato con successo al Women’s Fiction Festival di Matera ed è socia EWWA (Europan Writing Women Association), con la quale ha pubblicato un primo racconto che le ha consentito di scalare le classifiche su Amazon. Per conoscerla meglio e capire il significato del suo ultimo lavoro, Zenit l’ha intervistata.
Può raccontarci in poche parole la genesi di questo lavoro e come il suo doloroso tema centrale, sia stato catturato da una “penna” così giovane e tranquilla?
Il domani sorge sempre al tramonto è una storia molto intensa, forte e coraggiosa. È una storia che si dipana tra emozioni profonde ma anche forti e alterate. È una storia di vita che si contrappone alla morte, è la storia di una sofferenza abbracciata, interiorizzata e redenta. È la storia del buono di un’anima che lotta per svilire quella condizione di male quando essa cerca prepotentemente di abitare dentro di noi e vincere. È la storia di quel “possibile”, di quel “poter essere” che la vita racchiude in sé e la cui forza è capace di squarciare il nero più cupo, anche quello di una cronaca giornalistica, fugacemente raccontata e relativa ai casi di violenza sulle donne, all’aborto volontario e agli infanticidi compiuti da madri assassine. È una storia di speranza che nasce dunque da una realtà molto cruda, ma che ha finito per ricercare e riversare nella pagina scritta, la sua voce più profonda, più introspettiva, tentando di aprire, attraverso i tempi meditativi della lettura, agli abissi della comprensione di ciò che realmente può accadere (nel nostro essere umani, nel nostro essere donne e madri). È andata un po’ così: la “penna” di giornalista ha ceduto il tratto realista di chi rendiconta un quotidiano spesso “alterato” al tratto più sensibile e riflessivo, che si cela dentro ogni notizia. Credo nel valore della scrittura, scrivendo si possono dire cose importanti e ci sono cose come il valore della vita, anche quando questa è segnata da profonde sofferenze, che meritano di essere dette… anzi scritte, incorniciate nella parola.
La protagonista Vera è frutto della sua fantasia o porta in sé tratti reali che direttamente o indirettamente hanno interessato lambiente in cui vive o ha studiato?
Vera è una donna che si confronta con la vita, con ciò che accade fuori e che inevitabilmente e di rimando le accade dentro. È un “personaggio” che però si muove nella realtà di una cronaca dura e violenta che fa parte dei nostri giorni e che ha coinvolto tantissime donne e altrettante madri. Non nascondo che nel delineare la figura di Vera ho sempre cercato di guardare negli occhi di una donna che potesse essere Vera, in tutte le donne che convivono con un dolore e non sanno di poterlo oltrepassare, che c’è del buono in questa vita e che bisogna seminarlo. Vera è una giornalista affermata e appassionata del suo lavoro, ha subito una violenza e porta in sé il frutto di quel sopruso. Non ne fa subito morte. Le viene affidata una inchiesta importante che la porterà a raccontare le storie di cinque casi di infanticidio compiuti da mano di madri assassine: Vera entrerà con il suo dolore di donna violata nelle “stanze” del dolore di donne che hanno invece violato la loro stessa esistenza, trascinerà il lettore nei meandri di pagine crude ma sincere, portando chi legge ad interrogarsi sul bene e sul male, sul bianco della vita e sul nero della morte.  Vera è una donna che sulle rovine di un concepimento non voluto, invita a pensare che si può e si deve essere madre nel bene e nel male. Il tutto rispetto ad un’attualità che ci descrive una società dove spesso anche l’essere madre si risolve nel più atroce degli epiloghi. Ogni giorno c’è la figura (sicuramente più nascosta) di una donna che lotta per essere “Vera”, che lotta per la Vita. Si tratta di tutte quelle “donne e madri che nel silenzio del loro cuore hanno saputo amare”, che si trovano a dover lottare nella sofferenza di una malattia o nella povertà della strada, oppure perché abbandonate e maltrattate dai loro compagni e che, nel rispetto di se stesse e dei propri figli, non rinunciano a fare di queste personali sofferenze, ogni giorno, una ragione di vita! Vera dunque, pur portando dentro di sé un dolore, si contrappone a quella figura di madre che ha perso la sua autenticità, offrendo l’immagine di una donna/madre che, sullo scolorire di un tramonto tinto di sofferenza, impara ad andare alla ricerca dell’alba di un altro possibile domani.
saladino foto
Ci può parlare delle madri adirate che attraversano il suo libro e del perché niente e nessuno le ha fatte allontanare dal buio dei loro pensieri? Non siamo forse un po’ tutti perdenti?
Noi perdiamo ogniqualvolta restiamo indifferenti a tutto ciò che accade, limitandoci a giudicare e a cercare esclusivamente la colpa e la condanna. Le pagine del romanzo invece conducono nella dimensione dei “non luoghi dell’interiorità”, nelle cosiddette “stanze” delle madri adirate impregnate di un dolore fatto spesso di debolezza e fragilità. “Spazi” abitati da donne che sono svelate come madri in bilico fra la fermezza della ragione e le inquietudini di un sentimento mortificato; agitate in un mare di emozioni e cambiamenti; esasperate tra diritti e doveri; insostituibili nel gestire la maternità e che hanno finito per tradurre in esclusiva difficoltà il valore autentico del loro essere madri. Nella vita di ogni madre c’è un’anima che va custodita e preservata dal dolore, dal buio dei propri umani pensieri. Siamo noi per prime a dover avere cura di noi stesse e della nostra anima, a non far “degenerare” la sofferenza, l’unica dimensione di fronte alla quale una persona può diventare migliore o peggiore e comunque autentica.
Quanto, a suo parere, è necessaria al riequilibrio interiore delluomo la narrazione di storie cruenti, in questo caso aggravate dalluccisione, da parte delle madri, di bambini ignari?
L’importanza della cronaca è fondamentale. Agostino D’Ippona diceva: “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio”; lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle; dobbiamo cominciare ad avere sdegno (e la cronaca dei nostri giorni purtroppo ci aiuta) e trovare il coraggio di comprendere per cambiare.
A pag. 128, ad un certo punto, lei pone delle domande molto forti sulla condizione della nostra società. Tra tutte le pongo all’attenzione queste due: “Dov’è il valore? Dov’è l’identità assoluta della donna come essere umano e come madre?”. Vera cosa ha risposto? C’è sempre una luce in fondo al tunnel?
Ad illuminare il buio di queste storie di madri assassine, può essere solo un valore assoluto di cui dobbiamo rimpossessarci, quello della vita. A tutti i suoi interrogativi Vera risponde affermando che Il domani sorge sempre al tramonto, perché nella vita possiamo essere noi a scegliere le tinte di ogni nuova alba e quella malinconia che spesso pervade il nostro crepuscolo è destinata a risorgere come ogni nuovo giorno!
Auguri e buon lavoro.

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Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

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