Mons. Giovanni Vaccarotto tiene la sua ultima lezione all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

Mons. Giovanni Vaccarotto tiene la sua ultima lezione all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

"Anche in tribunale il fine ultimo è la salvezza delle anime"

A conclusione della sua carriera di docente all’Ateneo Regina Apostolorum, monsignor Giovanni Vaccarotto racconta la sua esperienza come giudice alla Sacra Rota

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Dopo molti anni di onorato servizio, ha lasciato l’insegnamento accademico, monsignor Giovanni Vaccarotto. Venerdì scorso, il docente ha tenuto la sua ultima lezione di diritto canonico all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Al momento dei saluti, il Decano di Teologia, prof. Edward McNamara LC, a nome suo e delle autorità, alla presenza del rettore, padre Jesus Villagrasa LC, e del segretario generale, padre Thomas Montanaro LC, ha donato a Vaccarotto una medaglia per l’eccellenza accademica ed una Croce, la croce del buon pastore: “A lei – ha dichiarato McNamara – che ha insegnato il diritto canonico con il cuore di buon pastore”.
Noto in modo particolare per il suo incarico di giudice della Sacra Rota Romana, monsignor Giovanni Vaccarotto ha raccontato a ZENIT le sue emozioni del momento, offrendo una breve sintesi della sua lunga esperienza accademica.
Cosa porta con sé come docente presso l’Ateneo Regina Apostolorum?
Porto con me la forza dell’entusiasmo, perché qui al Regina Apostolorum ho trovato sempre molto entusiasmo anche nei momenti più critici per la Legione e, dal canto mio, ho cercato sempre di incoraggiarli e a guardare al futuro.
In che modo il suo lavoro in Vaticano, come giudice della Sacra Rota Romana, influenza il suo ruolo di docente e viceversa?
La docenza l’ho portata avanti su due linee: una pastorale, perché, nonostante gli impegni giuridici, sono stato sempre legato a qualche comunità di fedeli, ed una più prettamente giuridica. In 44 anni di servizio presso i tribunali ecclesiastici prima a Padova, poi a Venezia ed infine al Tribunale Apostolico della Rota Romana, ho avuto la possibilità di fare tesoro di una numerosa e variegata casistica che ho sempre cercato di tradurre, commentando i canoni.
Come vive un canonista il confronto, se esiste, tra misericordia e legge nel contesto del Giubileo della Misericordia?
Quando feci il giuramento come prelato uditore della Rota Romana, dissi che l’essere giudice a nome del Santo Padre significava fare un servizio a Lui e attraverso di Lui alla Chiesa. Ho sempre avuto come principio ispiratore nei vari servizi resi ai diversi tribunali, il canone 1752, cioè la salvezza delle anime, che è legge suprema della Chiesa e nella Chiesa. Posso dire che non c’è contrasto tra aspetto giuridico e pastorale che non può esser definito tale, se non è radicato nella misericordia.
Quale messaggio vuole veicolare agli studenti e all’Ateneo tutto?
Una frase che, come docente, proferii nelle prime lezioni che tenni qui, che mi capita tutt’oggi di utilizzare e che è rimasta nella memoria degli stessi studenti, è: “Il codice vi salverà le spalle”. Il codice è una linea guida dove un pastore saggio e fedele, può trovare delle indicazioni che armonizzino la fedeltà alla Chiesa, Madre e Maestra e dà anche una dimensione di accoglienza.

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Michela Coluzzi

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