Non è la “troppa misericordia” a relativizzare il peccato ma, al contrario, la sua assenza. L’amore di Dio, infatti, è infinito ed è solo grazie a Lui che il male e il peccato dilaganti nel mondo possono essere sconfitti. Con questa convinzione il 35enne don Giacomo Pavanello sta affrontando il suo incarico di Missionario della Misericordia, ricevuto lo scorso mercoledì delle Ceneri da papa Francesco.
Don Pavanello è uno dei cinque sacerdoti attivi nella comunità Nuovi Orizzonti ad aver ricevuto – per tutta la durata del Giubileo – tale mandato, per l’assoluzione di taluni peccati normalmente riservata alla Santa Sede.
“In quanto missionari della Misericordia – spiega a ZENIT – abbiamo il compito e il dovere di ricordare che tutta la Chiesa deve essere misericordiosa, non perché l’ha deciso il Papa, né perché siamo buoni, belli o bravi ma perché l’ha chiesto Gesù Cristo: ‘siate misericordiosi come è misericordioso il Padre Vostro che è nei cieli”.
L’attività di un Missionario della Misericordia non comporta stravolgimenti nella sua quotidianità pastorale ma implica, di tanto in tanto, delle “chiamate” speciali per stare accanto a persone che, per un motivo o per un altro, hanno bisogno più di altre della misericordia di Dio.
Don Giacomo, come avete accolto voi sacerdoti di Nuovi Orizzonti la designazione del Santo Padre come Missionari della Misericordia?
Come in altre occasioni in cui c’è stato l’invito di un Pontificio Consiglio o del Santo Padre stesso, abbiamo dato la nostra disponibilità. Quando il Papa chiede aiuto, per noi è spontaneo metterci a disposizione. Vedere che cinque di noi, su un totale di 1148 sacerdoti, sono stati chiamati a diventare Missionari della Misericordia, è un grande riconoscimento nei confronti del nostro movimento ed è il segno di una grande ed inaspettata fiducia riposta nei nostri confronti.
Questo incarico sta cambiando la vostra vita?
A livello quotidiano, la nostra vita pastorale non cambia. Diamo però una disponibilità piena qualora vi siano le condizioni da parte nostra a rispondere ad inviti che vengono da vescovi o parroci per essere testimonianza di questa sollecitudine materna della Chiesa che acquista le coordinate della misericordia. Poi, di fatto, noi vediamo anche la Provvidenza dietro tutto questo. Dobbiamo essere molto attenti ad essere disponibili con la gente che il Signore ci manda. Ci arrivano persone che hanno bisogno di incontrare il volto della Misericordia, perché particolarmente ferite o in situazioni di peccato grave o estremo: penso a quelle situazioni per le quali il Papa ci ha dato la facoltà di dare l’assoluzione. È aumentata da parte nostra, quindi, la disponibilità per le richieste che ci arrivano, sia nei confronti dei pastori che delle persone che ci chiedono l’esercizio di questo ministero nel sacramento di riconciliazione. C’è anche un’attenzione particolare ad essere testimoni della misericordia nella quotidianità, in maniera più decisa.
Ci sono state situazioni o incontri che l’hanno particolarmente colpita in questi tre mesi?
Per riservatezza nei confronti del sacramento della riconciliazione, non posso dire molto. Comunque ricordo in particolare di tre persone che sono venute a cercarmi proprio in quanto missionario della Misericordia. Avendo saputo che c’erano queste figure e sentendo un grande bisogno di lasciare un peso, di sfogarsi, di incontrare questa benedetta misericordia di cui tanto si parla, taluni hanno smosso mari e monti per trovare un missionario della Misericordia: poi hanno trovato me, dopo alcune vicissitudini, ci siamo incontrati e lì abbiamo visto cosa c’è dietro la misericordia: l’amore rigenerante di Dio. Ho visto risorgere persone interiormente morenti.
Il mandato che lei ha ricevuto, non è in fondo molto in linea con il carisma della “discesa agli inferi”, specifico di Nuovi Orizzonti?
Come comunità Nuovi Orizzonti, il nostro carisma specifico è proprio quello di portare la gioia, con un’attenzione particolare al mistero della discesa agli inferi di Gesù e della sua Resurrezione. È quindi un ambito di lavoro specifico e particolare, nonché espressivo del nostro carisma. Di misericordia c’è infatti bisogno, proprio laddove ci sono gli inferi, dove non c’è la presenza del Risorto e dell’efficacia della sua Resurrezione. Quando interviene questo amore rigenerante, le persone ritornano alla vita.
C’è chi sostiene che di misericordia, di questi tempi, si parli troppo, che si rischi, in questo modo di relativizzare i pericoli del peccato…
Ritengo che, al contrario, sia l’assenza di misericordia, il non parlare di misericordia, che relativizza la potenza di Dio davanti al peccato. Il peccato non ha l’ultima parola sulle vicende umane. L’ultima parola è l’amore perdonante di Dio. Che se ne parli a sproposito a volte è vero, perché alcuni definiscono misericordia quel che misericordia non è. Che se parli troppo non è vero: sconfinato è il male che compie l’uomo, infinito è l’amore di Dio. Allora c’è veramente tanto bisogno di misericordia, di parlare di misericordia, ma soprattutto di esercitare la misericordia, perché il mondo possa vedere concretamente che le conseguenze del peccato saranno sempre inferiori all’efficacia della misericordia di Dio. Nella Bibbia, la Misericordia va braccetto con la Verità, quindi non si tratta di fare un’amnistia e far finta non sia successo nulla… Le cose vanno chiamate con il proprio nome. Noi facciamo un percorso per recuperare il peccatore dopo un periodo di convalescenza. La misericordia è come quell’operazione chirurgica che toglie il cancro del male e avvia un percorso di rinascita.
Don Giacomo Pavanello
“Di misericordia non se ne parlerà mai abbastanza!”
Don Giacomo Pavanello racconta la sua esperienza come Missionario della Misericordia, condivisa con altri quattro sacerdoti di Nuovi Orizzonti