Un grottesco dibattito sta facendo da sfondo alla campagna elettorale statunitense per le prossime presidenziali. Lo scenario lo si trova – per parafrasare una tra le più classiche indicazioni che ricorre nei luoghi pubblici – “in fondo a destra”.
È nel bagno, insomma, che si combatte una battaglia sui cosiddetti “nuovi diritti”. Recentemente alcuni Stati americani hanno adottato leggi che consentono la scelta delle toilette pubbliche non sulla base del proprio sesso biologico, bensì su quella dell’identità gender. Una misura cui si è opposta la North Carolina, emanando una norma che, al contrario, impedisce di potersi scegliere il bagno o lo spogliatoio pubblici in modo arbitrario.
Apriti cielo. La scelta della North Carolina ha suscitato una rovente polemica. Multinazionali, la lega di pallacanestro, volti noti della musica si sono stracciati le vesti e hanno minacciato boicottaggi nei confronti di uno Stato giudicato “discriminatorio” verso le persone omosessuali e trans.
A nulla è servita la giustificazione del governatore Pat MacCrory, il quale ha ragionevolmente fatto notare che ammettere la presenza di uomini travestiti nei bagni delle donne potrebbe foraggiare i malintenzionati e rappresentare così una potenziale minaccia alla sicurezza.
O meglio, le parole di MacCrory – che in tempi di maggior senso del pudore e minor senso del ridicolo sarebbero state considerate superflue – sono servite a qualcosa. Ad alimentare la polemica, facendola trasbordare fin dentro la Casa Bianca.
Sul tema è infatti intervenuta anche Loretta Elizabeth Lynch, Procuratore generale degli Stati Uniti, ossia il Capo del Dicastero della Giustizia. “È molto più che una questione di bagni”, ha commentato la Lynch. E non si riferiva al fatto che le leggi riguardano anche gli spogliatoi, bensì alla sua decisione di far causa alla North Carolina per violazione della legge sui diritti civili.
La questione secondo lei “riguarda la dignità e il rispetto che concediamo ai nostri cittadini e le leggi che, come popolo e Paese, abbiamo emanato per proteggerli”. Il solenne discorso sui bagni della Lynch prosegue poi così: “Gli ideali fondanti hanno portato gli Stati Uniti – con esitazione ma inesorabilmente – in una direzione di uguaglianza ed inclusione per tutti”.
Il Procuratore generale ha osato poi un paragone storico molto discutibile: ha messo sullo stesso piano – lei che è nera – la misura della North Carolina alle leggi Jim Crow per la segregazione razziale di fine ‘800 e inizio ‘900.
Ma la Lynch è andata anche oltre. È arrivata a sostenere che il desiderio di una persona di scegliersi il proprio sesso è più importante del diritto alla privacy degli americani in strutture condivise, come bagni o spogliatoio pubblici. Come a dire: la sicurezza di una donna che si fa la doccia può essere sacrificata sull’altare del gender.
Di tutta risposta, il governatore McCrory ha detto: “In questo momento l’amministrazione Obama sta aggirando il Congresso, tentando di riscrivere le leggi e impostare criteri igienici di base, le politiche riguardo bagni, spogliatoi e docce per i datori di lavoro pubblici e privati in tutto il Paese, non solo in North Carolina”.
McCrory accusa Washington di aver dato vita a una campagna a favore dell’identità gender attraverso atti autoritari, senza passare prima per il dibattito parlamentare. “Se la Casa Bianca può dettare le politiche riguardo i bagni americani, cos’è fuori dalla sua portata?”, si chiede preoccupato McCrory. E promette: “Porteremo l’amministrazione Obama in Tribunale”.
È così che si fa interprete di un’insofferenza diffusa tra gli americani. Quella stessa insofferenza che riguarda anche i cittadini italiani, che stanno assistendo a una forzatura delle norme parlamentari da parte del Governo pur di approvare una legge sulle unioni civili. Il vento che fa sventolare la bandiera arcobaleno spazza via la democrazia?
Per la Casa Bianca il gender è più importante della sicurezza delle donne
Il Procuratore generale Usa fa causa alla North Carolina, “rea” di aver adottato una legge che non consente di scegliersi il bagno pubblico sulla base dell’identità gender