Eleonora Abbagnato & Stéphane Bullion in Le Parc / Courtesy Teatro dell'Opera di Roma

“Le Parc”: un sentimento sospeso nel tempo

Fino all’11 maggio è possibile assistere al capolavoro di Preljocaj, per la prima volta in scena a Roma

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A poca distanza dal debutto de “Il giardino degli amanti”, ancora un balletto incentrato sulle note mozartiane; e, curiosa coincidenza, anche lo scenario è nuovamente quello di un giardino. È infatti in questi giorni al Teatro dell’Opera di Roma il balletto in tre atti “Le Parc”, la coreografia più famosa del coreografo franco-albanese Angelin Preljocaj.
Prima di cimentarsi con la danza contemporanea – diventata il suo principale interesse grazie all’attività che dal 1984 porta avanti con la sua compagnia di Aix-en-Provence – Preljocaj aveva ricevuto una solida formazione classica, che andò a riattingere nel momento della creazione di quello che che sarebbe presto diventato il suo biglietto da visita nel panorama coreografico internazionale.
“Le Parc” venne infatti creato nel 1994 per l’Opéra di Parigi fondendo tra loro i linguaggi accademico e contemporaneo, sulla base di vari pezzi orchestrali di Wolfgang Amadeus Mozart e le musiche elettroniche di Goran Vejvoda (con la “partecipazione straordinaria”, potremmo dire, dell’Adagio in Fa maggiore di Johann Sebastian Bach nel Terzo Atto). Alla prémiere parigina le scene erano di Thierry Leproust, i costumi di Hervé Pierre e le luci di Jacques Chatelet, mentre gli interpreti principali erano gli étoiles Isabelle Guérin e Laurent Hilaire.
Proprio Laurent Hilaire ha oggi curato la ricostruzione della coreografia per questa realizzazione di “Le Parc”, la prima in assoluto per Roma, con la collaborazione della coreologa Noémie Perlov. Le scene, i costumi e l’attrezzeria, forniti dal Teatro alla Scala, risalgono all’allestimento scaligero del 2007 e riproducono fedelmente gli originali del 1994. Sono state invece riprese da Marco Filibeck le luci ideate da Jacques Chatelet, venuto a mancare lo scorso anno e al quale è stato dedicato questo allestimento del balletto. L’Orchestra e i Solisti del Teatro dell’Opera sono diretti dal maestro David Garforth.
Durante la conferenza stampa tenutasi il 2 Maggio il coreografo Angelin Preljocaj ha dichiarato: «“LeEleonora Abbagnato.Le Parc.Foto Sebastien Mathé Parc” è stata la mia prima creazione all’Opéra di Parigi. Quando inizio una collaborazione cerco di capire il più possibile la natura del luogo in cui mi trovo e i ballerini con cui lavorerò. Ripercorrendo la cultura francese e pensando alla storia dell’Opéra è nato “Le Parc”. »
Sullo sfondo del giardino costruttivista immaginato da Leproust, assistiamo infatti a una vera e propria analisi dell’Ars Amandi, a partire dalle giocose schermaglie fra i sessi, arrivando alla seduzione e infine al nascere di un sentimento più profondo; e l’epoca prescelta per accogliere questi intrecci amorosi è il Grand Siècle francese del XVII e XVIII secolo, noto per la sua filosofia libertina, suggerita dalle briose note di Mozart.
Ma al fianco dei personaggi in abiti d’epoca si muovono quattro oscure figure: sono i giardinieri di questo parco. Loro vivono in una dimensione atemporale, ben esemplificata dallo strano abbigliamento, comprendente occhialini da nuoto e un grembiule di cuoio, che li rende simili ad alieni; e non a caso ad accompagnare ogni loro apparizione in apertura d’atto è la musica elettronica di Vejvoda, dal sapore futurista.
Quando, dopo aver fatto la nostra conoscenza con i misteriosi giardinieri, risuonano nuovamente le note dell’orchestra, vediamo entrare in scena, trascinando con sé delle sedie, i personaggi settecenteschi: i Ragazzi, tra cui spicca un Uomo (Stéphane Bullion, Claudio Cocino il 10 e per il matinée), e le Fanciulle – con indosso abbigliamento di taglio maschile – tra cui spicca una Donna (Eleonora Abbagnato, Giorgia Calenda per il matinée).
Sulle note dei baroccheggianti Adagio e Fuga in Do minore K546, inizia una vivace schermaglia che si conclude con lo schieramento dei due sessi ai lati del palco, seduti gli uni di fronte alle altre. I goliardici dispetti fra le due fazioni raggiungono il culmine nel momento del “gioco della sedia”, che costituisce inoltre il primo incontro vis à vis fra la Donna e l’Uomo, e dà l’avvio al primo dei tre pas de deux (ve ne è uno per ogni chiusura d’atto), denominato Incontro.
NeEleonora Abbagnato in Le Parc.Foto di Sébastien Mathél secondo Atto, che ha come tema la seduzione, vediamo le Fanciulle, riappropriatesi  dei loro abiti femminili, fare il loro ingresso sulla musica elettronica di Vejvoda, subito dopo l’uscita dei giardinieri, e mettere in scena una sorta di civettuola sfilata, in un frusciare dii cappelli, fiocchi e crinoline. Quando però, poco più tardi, rientrano sulle note del Rondò da Eine kleine Nachtmusik  K525 (celebre quasi al pari della Serenata della stessa) si sono liberate dell’ingombrante guardaroba e si muovono spensieratamente con i soli corpetto e sottana: la Donna, vestita di un sontuoso abito rosso fiammante, le osserva con un misto di curiosità e disapprovazione.
Nella successiva sequenza Desideri sei di loro si abbandonano a dolci effusioni con i rispettivi partner, uno dei quali è l’Uomo, ancora troppo preso dalla propria indole libertina per comprendere appieno i propri sentimenti per la Donna; segue l’appassionata danza dei Quattro Innamorati sul famoso Presto da “Ein musicalischer Spass” K522.
Il terzo Atto si apre di notte, e assistiamo al sonno tormentato della Donna, sospesa fra le braccia dei giardinieri quasi in preda al sonnambulismo. È alla fine del di questo atto che arriviamo al clou del balletto, il pas de deux Abbandono: i giardinieri conducono la Donna al cospetto dell’Uomo, e delicatamente le slacciano il pesante vestito rosso, rivelando una larga camicia di tela, simile a quella indossata dall’Uomo.
Sulle struggenti note dell’Adagio dal Concerto per pianoforte n.23, i due amanti si avvicinano, si sfiorano, comprendendo finalmente appieno il sentimento che piano piano è nato in loro. In un inaspettato impeto la Donna getta le braccia al collo dell’amato, baciandolo; l’Uomo non resiste, ma si abbandona anche lui a quello che è stato definito come “il bacio più lungo della storia del balletto contemporaneo”. Ed ecco che lentamente, mentre la musica va in crescendo, l’Uomo sposta lentamente, quasi impercettibilmente, il proprio baricentro all’indietro, permettendo alla partner di sollevare le gambe, unite e compatte, perpendicolarmente al busto dell’innamorato: e, facendo perno unicamente sulle braccia allacciate al collo, l’Uomo inizia lentamente a ruotare su sé stesso, mano a mano sempre più veloce, facendo librare la compagna sempre più in alto; e quando ormai la velocità è costante, anche lui si lascia finalmente andare, allargando le braccia in un gesto spontaneo e liberatorio.
Un delicato e attento equilibrio che permette alla coppia di “volare”, la totale fiducia verso l’altro. Ecco l’amore secondo Preljocaj.

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Maria Irene De Maeyer

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