Gesù, il Rabbi che predicava nelle Sinagoghe

Un libro di Pinchas Lapide per una lettura ebraica dei Vangeli 

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C’è qualcosa di molto importante che spesso sfugge nel leggere i Vangeli. La lettura dei racconti degli apostoli infatti è spesso condizionata dalla concezione e visione occidentale, cioè mediata dalla lingua e dalla cultura greca. È abbastanza comune infatti dimenticare che Gesù era intimamente e profondamente ebreo, come anche Maria, Giuseppe, gli apostoli.
Non conoscere o non tener conto di questa realtà, limita la comprensione e spesso le implicazioni profonde di quanto Gesù ha detto e fatto. Tutta la vicenda di Gesù si svolge in un contesto religioso, legislativo, culturale, profondamente ebraico. Nei Vangeli per 13 volte Gesù viene chiamato Rabbi .
Matteo (4:23) racconta che “andava in giro per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, e predicando la buona notizia del regno” e Giovanni (18:20) riporta le parole di Gesù “Ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove si radunano tutti i giudei”.
Ma quali sono le implicazioni ebraiche di Gesù nella lettura dei Vangeli? Quali i temi, gli argomenti, le domande che trovano risposta solo nella lettura ebraica del Vangelo?
Pinchas Lapide, console d’Israele a Milano, grande figura di esegeta neotestamentario ebreo, direttore d’Istituto all’Università di Bar Ilan di Tel Aviv e professore di esegesi neotestamentaria in numerose facoltà e accademie teologiche svizzere e tedesche, molto impegnato nel dialogo ebraico cristiano, ha provato a leggere i Vangeli secondo la conoscenza, la cultura e la religione ebraica. Ha messo insieme le sue riflessioni e le ha pubblicate nel libro “Predicava nelle loro Sinagoghe-esegesi ebraica dei Vangeli” (Paidea Editrice)
Lapide è deceduto nel 1997 e questo suo libro è stato edito per la prima volta in tedesco nel 1980. In Italia la Paideia Editrice lo ha pubblicato nel 2001. Scrive lo studioso che Gesù è ebreo di nascita e che ci sono almeno sei elementi primari che sono necessari per poter leggere i Vangeli in maniera adeguata:
La prima è la geografia di Israele, con la sua flora, fauna, agricoltura, aria, clima. La seconda è la lingua “parlò e pensò in ebraico con l’aramaico come lingua gemella”. Lingua nazionale non solo nella vita quotidiana, ma lingua sacra della preghiera e del culto. Terzo elemento l’interpretazione della Bibbia, intesa come Vecchio Testamento.
In quarto luogo la “fantasia orientale” che “per indicare le verità ultime e indicibili della salvezza, parla per immagini e parabole, fantasia che sente il restrittivo letteralismo occidentale come cosa estranea”. Il quinto aspetto è la preoccupazione per Israele, Gesù infatti temette per il proprio popolo sia per la potenza pagana dell’esterno che per l’incredulità all’interno. Il sesto elemento è quello che Lapide chiama “non detto” cioè il testo di Gesù che va letto accuratamente secondo i canoni ebraici, è ciò che Gesù non aveva bisogno di dire in quanto patrimonio ebraico. Per esempio, nel capitolo secondo del Vangelo di Giovanni è scritto “E il terzo giorno si celebrò uno sposalizio a Cana di Galilea”.
Perché il terzo giorno? Un non ebreo non capisce, mentre un ebreo sa bene che si tratta semplicemente del martedì, considerato quello ideale per gli sposalizi poichè gode di una preferenza biblica. Quasi tutti gli sposalizi ebraici si svolgono in questo giorno. Nelle tentazioni del deserto si dice che Gesù digiunò quaranta giorni e quaranta notti. Perché quaranta?.
Per un ebreo religioso la vicenda fa venire in mente i quarant’anni di peregrinazioni nel deserto, così come i quaranta giorni di digiuno di Mosè (Es, 34,28) e del profeta Elia (I Re 19,8), personaggi a cui nei Vangeli Gesù è paragonato non meno di 17 volte.
Altra questione: perché Gesù invia inizialmente dodici apostoli? Per un ebreo la risposta è chiara il numero dodici simbolizza le tribù che rappresentano l’intero Israele. Nel decimo capitolo delle Genesi il numero 70 indica l’intero numero delle nazioni pagane. Per espiazione ogni anno nel tempio di Gerusalemme per la festa delle capanne venivano sacrificati 70 tori. Nel capitolo decimo del Vangelo di Luca si legge” Dopo di ciò il Signore nominò altri 70”.
Per un ebreo il significato è chiaro: nel linguaggio di Gesù e dei suoi apostoli, prendendo le mosse da Israele dopo i dodici, il campo missionario deve essere allargato al mondo intero. Secondo Pinchas Lapide, i legami di Gesù con l’ebraismo da cui proviene vanno oltre, e chiunque non nutra pregiudizi può vedere nei Vangeli una fonte della fede ebraica, redatta da ebrei credenti, per ebrei credenti.
Ebrei furono i primi autori, ebreo il primo pubblico cui si rivolgeva, ebreo il tema principale. Per Lapide nei Vangeli c’è “la continuità ininterrotta della forza della speranza ebraica, dell’ottimismo ebraico sulla creazione, dell’attesa ebraica della fine dei tempi, dell’universalismo profetico della salvezza, dell’ethos e della oralità ebraici, della totale fiducia ebraica in Dio dell’impazienza messianica ebraica e on ultimi della sofferenza e del martirio ebraico”.
L’autore lamenta che essendo l’originale ebraico dei Vangeli andato perduto fin dai tempi di Girolamo, le traduzioni sono state fatte in un cattivo greco. A conferma dell’ebraicità dei Vangeli, Lapide indica la frase dal Vangelo di Matteo (Mt 1,21) “Gli metterai nome Gesù poiché egli salverà il suo popolo”. In greco, in tedesco e in ogni altra lingua questa frase è insensata, perché il Salvatore del suo popolo non avrebbe potuto chiamarsi Simone, Giuda o Abramo?.
Solo conoscendo la lingua ebraica si capisce, perché Jeshua  letteralmente significa “egli salverà” oppure “Dio salverà” e questo indica una predestinazione e un simbolo, come quello dei nomi di molti personaggi della Bibbia ebraica, come per esempio Abramo “il padre di molti popoli” e di Isacco “egli ride”.
Il capitolo conclusivo del libro di Lapide è dedicato ai segni di riconciliazione, partendo proprio alla Croce. La Croce che per i cristiani è lo strumento della salvezza, mentre per gli ebrei è rimasta finora una realtà di sofferenza, non potrebbe diventare il punto di incontro? “Non dovremmo infine dare un senso nuovo a questa croce?”
Si chiede Lapide: “Invece di ricordarla come ricordo di una disumana brutalità, della passione di Gesù e di fin troppi suoi fratelli ebrei, non potrebbe diventare anche la materializzazione della fede delle nostre due religioni bibliche?” E ancora: “L’asta verticale della croce non è simile a un palo che ha le radici in terra e indica dritto al cielo, come il comandamento dell’amore di Dio che chiede il dono totale di sé?”
Per Lapide la sostanza del compendio di tutti e dieci i comandamenti del Sinai è contenuta nelle parole di Gesù:” Amore di Dio e del prossimo. Giustizia, misericordia e perdono delle colpe. E’ questa la summa della lieta novella della Bibbia, il resto è commento”. Conclude l’autore: “Non l’ostilità né la litigiosità caratterizzano i rapporti di Gesù con in contemporanei ebrei, ma un autentica amicizia, simpatia, fraternità. Così fu un tempo – prima del divergere delle strade della chiesa e della sinagoga”. “Così può tornare ad essere – se noi tutti prendiamo sul serio il comandamento del duplice amore, come fece Gesù. Allora, infatti, ma soltanto allora ‘non siamo lontano dal regno di Dio’. Com’egli ha detto”.

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Antonio Gaspari

Cascia (PG) Italia Studi universitari a Torino facoltà di Scienze Politiche. Nel 1998 Premio della Fondazione Vittoria Quarenghi con la motivazione di «Aver contribuito alla diffusione della cultura della vita». Il 16 novembre del 2006 ho ricevuto il premio internazionale “Padre Pio di Pietrelcina” per la “Indiscutibile professionalità e per la capacità discreta di fare cultura”. Il Messaggero, Il Foglio, Avvenire, Il Giornale del Popolo (Lugano), La Razon, Rai tre, Rai due, Tempi, Il Timone, Inside the Vatican, Si alla Vita, XXI Secolo Scienza e Tecnologia, Mondo e Missione, Sacerdos, Greenwatchnews. 1991 «L'imbroglio ecologico- non ci sono limiti allo sviluppo» (edizioni Vita Nuova) . 1992 «Il Buco d'ozono catastrofe o speculazione?» (edizioni Vita Nuova). 1993 «Il lato oscuro del movimento animalista» (edizioni Vita Nuova). 1998 «Los Judios, Pio XII Y la leyenda Negra» Pubblicato da Planeta in Spagna. 1999 «Nascosti in convento» (Ancora 1999). 1999 insieme a Roberto Irsuti il volume: «Troppo caldo o troppo freddo? - la favola del riscaldamento del pianeta» (21mo Secolo). 2000 “Da Malthus al razzismo verde. La vera storia del movimento per il controllo delle nascite” (21mo Secolo, Roma 2000). 2001 «Gli ebrei salvati da Pio XII» (Logos Press). 2002 ho pubblicato tre saggi nei volumi «Global Report- lo stato del pianeta tra preoccupazione etiche e miti ambientalisti» (21mo Secolo, Roma 2002). 2002 ho pubblicato un saggio nel nel Working Paper n.78 del Centro di Metodologia delle scienze sociali della LUISS (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli di Roma) «Scienza e leggenda, l’informazione scientifica snobbata dai media». 2003 insieme a VittorFranco Pisano il volume “Da Seattle all’ecoterrorismo” (21mo Secolo, Roma 2003). 2004 ho pubblicato insieme a Riccardo Cascioli “Le Bugie degli Ambientalisti” (Edizioni Piemme). 2004 coautore con del libro “Emergenza demografia. Troppi? Pochi? O mal distribuiti?” (Rubbettino editore). 2004 coautore con altri del libro “Biotecnologie, i vantaggi per la salute e per l’ambiente” ((21mo Secolo, Roma 2004). 2006 insieme a Riccardo Cascioli “Le Bugie degli Ambientalisti 2” (Edizioni Piemme). 2008 insieme a Riccardo Cascioli il libro “Che tempo farà… Falsi allarmismi e menzogne sul clima (Piemme). 2008, è stata pubblicata l’edizione giapponese de “Le bugie degli ambientalisti” edizioni Yosensha. 2009. insieme a Riccardo Cascioli “I padroni del Pianeta – le bugie degli ambientalisti su incremento demografico, sviluppo globale e risorse disponibili” (Piemme). 2010 insieme a Riccardo Cascioli, è stato pubblicato il volume “2012. Catastrofismo e fine dei tempi” (Piemme). 2011 Questo volume è stato pubblicato anche in Polonia con l’imprimatur della Curia Metropolitana di Cracovia per le e3dizioni WYDAWNICTTWO SW. Stanislawa BM.

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