Giovani senza futuro?

Per alimentare la speranza i giovani hanno bisogno, da parte degli anziani, di esempi di onestà, di coerenza, di altruismo

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«Se i giovani non sperassero e non progredissero più, se non inserissero nelle dinamiche storiche la loro energia, la loro vitalità, la loro capacità di anticipare il futuro, ci ritroveremmo un’umanità ripiegata su se stessa, priva di fiducia e di uno sguardo positivo verso il domani».
Lo diceva Benedetto XVI nel febbraio del 2013. Ed oggi c’è da chiedersi che speranza possa nutrire – e quale futuro avere – una generazione alla quale l’avvenire è precluso quasi per legge, se non formale certo economica.
Che l’Italia possa presto ritrovarsi incapace di guardare al tempo che la attende, come paventato dal Papa emerito, pare drammaticamente confermarlo l’annuncio lanciato nei giorni scorsi dal presidente dell’Inps Tito Boeri. Allarme, a dire il vero, fatto suonare già a dicembre, ma rimasto inascoltato. Stavolta, invece, più di una foglia è caduta dagli alberi immobili dell’establishment.
D’altra parte, è difficile continuare a far finta di niente: secondo il numero uno dell’Istituto previdenziale, i nati negli anni ‘80, cioè quelli attualmente di età compresa tra i 25 e i 35 anni, stando alle proiezioni statistiche potranno andare in pensione quando di anni ne avranno tra i 70 e i 75, per percepire un assegno mediamente più basso del 25% di quello percepito oggi da un pensionato con analoga anzianità contributiva, o anche peggio in caso di versamenti discontinui, come pure è tristemente e notoriamente regola per una marea di lavoratori precari o a partita Iva under 40.
Insomma, un’incudine sulla testa delle giovani generazioni, che con un po’ di supponenza erano state definite “bamboccioni”, “neet”, “millennials”, come se non volessero diventare grandi e assumersi le loro responsabilità di uomini e donne del terzo millennio.
La nuda verità, al contrario, è che con le norme in vigore per loro non ci sarà domani. Per il Paese nemmeno: già adesso tra i trentenni, dicono gli esperti, le incertezze economiche sono tra le cause principali della frenata fatta segnare statisticamente dal fiorire di nuovi nuclei familiari (con o senza matrimonio) e dalle nascite.
Semplice e lineare: niente lavoro? Niente soldi. E senza un reddito sicuro e stabile passa la voglia di famiglia, ancor più quella di avere figli. Il nodo, non meno intricato di quello gordiano, almeno sul piano previdenziale è come riuscire ad allentare la morsa sull’età del pensionamento senza incidere troppo sul bilancio pubblico.
Ma la risposta al quesito, per quanto essenziale ed urgente, potrebbe non essere da sola sufficiente, se non sarà accompagnata dalla definizione della più drammatica delle questioni irrisolte, ovvero l’occupazione, e dalla consapevolezza – citando l’indimenticato Presidente della Repubblica Sandro Pertini – che «i giovani non hanno bisogno solo di prediche: i giovani hanno bisogno, da parte degli anziani, di esempi di onestà, di coerenza, di altruismo».
 
 

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Vincenzo Bertolone

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