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Rifugiati. Snellire procedure per attribuzione protezione internazionale

Da Rinascita Cristiana e Acat Italia un appello per potenziare le Commissioni Territoriali

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“Snellire le procedure per l’attribuzione della protezione internazionale”. È l’appello lanciato dal movimento ecclesiale Rinascita Cristiana e Acat Italia, la ong cristiana che si batte per l’abolizione della tortura, che sollecitano un rafforzamento delle Commissioni Territoriali con l’introduzione di nuovi membri.

“Di fronte al crescente numero di ricorsi contro il diniego espresso dalle stesse Commissioni infatti sembra opportuno – affermano le due realtà ecclesiali – potenziarne la composizione al fine di migliorare la capacità di analisi delle domande dei richiedenti asilo ed evitare così l’appello al Tribunale che implica maggiori costi e inevitabili allungamenti dei tempi”.
L’ideale sarebbe garantire la presenza di un legale che possa tutelare i diritti dei richiedenti. Oggi l’assistenza legale innanzi alle Commissioni Territoriali è a carico interamente del richiedente asilo e pochissimi possono permettersi di farsi assistere da un avvocato. La presenza di un consulente che avesse modo di parlare con il richiedente prima dell’audizione, fornendo l’aiuto necessario, permetterebbe di non intasare i Tribunali con evidente risparmio sia in termini di costi che di lavoro.
A Roma, inoltre, al momento della comunicazione del diniego da parte della Commissione, la Questura ritira il permesso di soggiorno precedentemente consegnato ai fini della richiesta di protezione internazionale, così che il richiedente resta privo di qualsiasi titolo legale sino al provvedimento di fissazione dell’udienza.
Si tratta di una evidente violazione dei diritti umani che va ad aggiungersi spesso a sofferenze pregresse, in quanto il richiedente è in qualsiasi momento rimpatriabile. “Il 30% dei richiedenti asilo, dunque uno su tre, ha subito nel Paese di origine trattamenti inumani, carcerazioni prolungate e torture”, conferma Carlo Bracci, medico legale e rappresentante dell’Associazione Medici contro la tortura.
I sopravvissuti alla tortura, spiega, “non parlano facilmente della loro esperienza, non si lamentano, ma hanno problemi di angoscia, disturbi del sonno e crisi di depersonalizzazione”. “In chi ha subito tortura dominano la vergogna e la paura, gli stessi sentimenti che provano le donne violentate e i bambini abusati”, conclude Bracci sottolineando che ogni anno “sono almeno 180 le vittime di tortura riconosciute”.
 

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ZENIT Staff

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