Sono trascorsi circa due anni e ancora non si è ottenuta giustizia per l’orribile assassinio dei due coniugi cristiani, Shahzad Masih e Shama Bibi, linciati e arsi vivi nel 2014 da una folla di musulmani a Kasur (Pakistan) che li accusava di blasfemia. “Non sarà facile ottenere giustizia” per la morte dei due sposi, dice all’agenzia Fides l’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, impegnato come legale di parte offesa, rappresentando il fratello di Shahzad che ha presentato la denuncia.
Yousaf Gujjar il maggiore imputato, ha ottenuto la libertà su cauzione, intanto il processo entra nel vivo. Gli avvocati hanno interrogato dei testimoni dell’accusa, che confermano il linciaggio. “Il confronto giudiziario è molto duro” spiega il legale. “Gli arrestati hanno anche lanciato minacce verso dei testimoni, per intimidirli, perfino nell’aula giudiziaria” racconta. Alcuni sono pentiti: “Durante gli interrogatori, ho sentito personalmente il dolore, hanno versato lacrime”.
Dalla parte della difesa degli imputati ci sono 24 avvocati, affiancati da altri collaboratori, mentre dal lato dell’accusa (i familiari dei coniugi uccisi) ce ne sono solo 3. Secondo le disposizioni del Tribunale anti-terrorismo davanti al quale si tiene il processo, 106 uomini sono stati arrestati e tre rilasciati su cauzione.
“L’iter giudiziario si presenta lungo e difficile: speriamo che la magistratura riconosca l’orrendo crimine e faccia giustizia” conclude l’avvocato Gill. La prossima udienza è fissata per il 28 aprile 2016.
Sul caso era intervenuta, due anni fa, anche la Corte Suprema del Pakistan per far fronte anche alle minacce che subivano i familiari delle vittime. Sehzad Masih e Shama Bibi sono stati assaliti il 4 novembre 2014 da una folla inferocita e gettati in una fornace, dopo che un leader islamico del villaggio aveva annunciato dall’altoparlante di una moschea che i due avevano commesso blasfemia bruciando pagine del Corano. La donna era incinta al quinto mese.
Yousaf Gujjar il maggiore imputato, ha ottenuto la libertà su cauzione, intanto il processo entra nel vivo. Gli avvocati hanno interrogato dei testimoni dell’accusa, che confermano il linciaggio. “Il confronto giudiziario è molto duro” spiega il legale. “Gli arrestati hanno anche lanciato minacce verso dei testimoni, per intimidirli, perfino nell’aula giudiziaria” racconta. Alcuni sono pentiti: “Durante gli interrogatori, ho sentito personalmente il dolore, hanno versato lacrime”.
Dalla parte della difesa degli imputati ci sono 24 avvocati, affiancati da altri collaboratori, mentre dal lato dell’accusa (i familiari dei coniugi uccisi) ce ne sono solo 3. Secondo le disposizioni del Tribunale anti-terrorismo davanti al quale si tiene il processo, 106 uomini sono stati arrestati e tre rilasciati su cauzione.
“L’iter giudiziario si presenta lungo e difficile: speriamo che la magistratura riconosca l’orrendo crimine e faccia giustizia” conclude l’avvocato Gill. La prossima udienza è fissata per il 28 aprile 2016.
Sul caso era intervenuta, due anni fa, anche la Corte Suprema del Pakistan per far fronte anche alle minacce che subivano i familiari delle vittime. Sehzad Masih e Shama Bibi sono stati assaliti il 4 novembre 2014 da una folla inferocita e gettati in una fornace, dopo che un leader islamico del villaggio aveva annunciato dall’altoparlante di una moschea che i due avevano commesso blasfemia bruciando pagine del Corano. La donna era incinta al quinto mese.