Questa volta è avvenuto davvero: lo scorso sabato 30 marzo, Papa Francesco ha incontrato in Vaticano mons. Bernard Fellay, superiore generale e diretto successore di monsignor Marcel Lefebvre alla guida della Fraternità San Pio X. La notizia è stata diffusa dal quotidiano italiano Il Foglio e confermata in mattinata dal vicedirettore della Sala Stampa vaticana, Greg Burke.
Già nel dicembre del 2013, il sito angolofono Rorate Caeli aveva parlato di un incontro tra il Papa e il superiore generale a Santa Marta. In realtà si trattava di un breve saluto avvenuto nel refettorio della Casa vaticana dove il Pontefice dimora, in occasione di una visita a Roma di Fellay e dei suoi assistenti su richiesta della Commissione Ecclesia Dei.
Nulla a che vedere, dunque, con l’appuntamento di sabato che invece ha registrato un vero e proprio colloquio tra Francesco e il presule svizzero dal tono decisamente “positivo”, come riferito dal Foglio che parla pure di una “buona intesa” tra i due.
Sentori di questa “buona intesa” erano state già le dichiarazioni rilasciate da numero uno dei lefevbriani in una recente intervista pubblicata sul sito della Fraternità e tradotta in più lingue, in cui egli si mostrava assai disponibile al dialogo e sottolineava in più d’un passaggio l’apprezzamento per il Pontefice regnante.
“Non mi stupirebbe – ha detto Fellay – che ci considerasse come una di queste periferie alle quali dona palesemente la sua preferenza. E in quella prospettiva, usa l’espressione ‘compiere un percorso’ con la gente in periferia, sperando che si arriverà a migliorare le cose. Dunque non è una volontà ferma di risolvere subito: un percorso va dove va… ma, alla fine, è abbastanza calmo, tranquillo, senza troppo sapere ciò che potrà risultare. Probabilmente, è questa una delle ragioni più profonde”.
Da parte sua Bergoglio aveva compiuto un gesto di grande appianamento concedendo ai cattolici la facoltà di confessarsi anche presso sacerdoti lefebvriani durante il Giubileo. Nella Lettera del 1° settembre inviata a mons. Rino Fisichella con la quale concedeva l’indulgenza per l’Anno santo, il Papa scriveva: “Un’ultima considerazione è rivolta a quei fedeli che per diversi motivi si sentono di frequentare le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità San Pio X. Questo Anno giubilare della Misericordia non esclude nessuno. Da diverse parti, alcuni confratelli vescovi mi hanno riferito della loro buona fede e pratica sacramentale, unita però al disagio di vivere una condizione pastoralmente difficile”.
“Confido – diceva il Santo Padre – che nel prossimo futuro si possano trovare le soluzioni per recuperare la piena comunione con i sacerdoti e i superiori della Fraternità. Nel frattempo, mosso dall’esigenza di corrispondere al bene di questi fedeli, per mia propria disposizione stabilisco che quanti durante l’Anno Santo della Misericordia si accosteranno per celebrare il Sacramento della Riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati”.
Un passaggio, questo, molto apprezzato a Econe dove ha sede la Fraternità, che in un comunicato esprimeva la sua riconoscenza al Pontefice “per questo gesto paterno”. Apprezzato è stato pure l’incontro di sabato che, secondo diversi esperti, costituisce un passo avanti verso il riconoscimento canonico della Fraternità da parte della Santa Sede. La forma sarebbe quella di una prelatura costituita ad hoc sul modello dell’Opus Dei, quindi con ampi margini di autonomia non solo organizzativa.
Fondata dall’arcivescovo francese Marcel Lefebvre nel 1970 in rottura con le conclusioni del Concilio Vaticano II, la Fraternità sacerdotale San Pio X fu scomunicata latae sententiae nel 1988 da Giovanni Paolo II, quando Lefebvre consacrò quattro vescovi a Econe, tra cui lo stesso Fellay.
La scomunica fu revocata nel gennaio 2009 da Benedetto XVI. Un gesto storico grazie al quale i vescovi della FSSPX “non sono più soggetti a questa grave punizione ecclesiastica”, come ha spiegato in una recente intervista a ZENIT monsignor Guido Pozzo, segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei. È questo l’organismo istituito da Ratzinger attraverso il Motu proprio Ecclesiae unitatem (2009) con il precipuo scopo di avviare un dialogo con i lefebvriani, per giungere un giorno alla loro piena reintegrazione.
“Con tale provvedimento, tuttavia, la FSSPX rimane ancora in una posizione irregolare, perché non ha ricevuto il riconoscimento canonico da parte della Santa Sede”, sottolinea Pozzo. E finché la Fraternità non ha una posizione canonica nella Chiesa, i suoi ministri non esercitano in modo legittimo il ministero e la celebrazione dei sacramenti.
A seguito della remissione della scomunica, sono stati comunque avviati una serie di incontri di carattere dottrinale tra esperti nominati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede ed esperti della Fraternità per discutere e confrontarsi sui principali problemi dottrinali che sono alla base della controversia con la Santa Sede. Tra questi, principalmente, il rapporto tra tradizione e magistero, la questione dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso, della libertà religiosa e della riforma liturgica, nel contesto dell’insegnamento del Vaticano II. “Tale confronto, durato circa due anni, ha consentito di chiarire le rispettive posizioni teologiche in materia, di mettere in luce i punti di convergenza e di divergenza”, spiega ancora mons. Pozzo.
Da non dimenticare, in tal contesto, anche l’incontro “cordiale” del 23 settembre 2014 tra mons. Fellay e il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto dell’ex Sant’Uffizio, durante il quale “si sono esaminati alcuni problemi di ordine dottrinale e canonico e si è inteso di procedere per gradi e in temi ragionevoli verso il superamento delle difficoltà e l’auspicato della piena riconciliazione”.