Forgiveness

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Il perdono è terapeutico. Ora lo si impara anche in ospedale

Al via all’ospedale Fatebenefratelli di Brescia un corso con l’obiettivo di formare professionisti in grado di “insegnare” a perdonare

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All’ospedale Fatebenefratelli di Brescia si impara a ritrovare l’armonia e il benessere interiore mettendo in pratica il perdono. È una metodologia innovativa, quella proposta dall’Irccs San Giovanni di Dio, rivolta a tutti coloro che lavorano negli ospedali e nei centri di cura, con l’obiettivo di formare professionisti in grado di “insegnare” dei percorsi per “imparare” a perdonare e, là dove è possibile, a riconciliarsi; tutto questo, per aiutare le persone a superare le conflittualità e a ritrovare la pace in se stessi, con il mondo e, per chi ha fede, con Dio.
“Tutti abbiamo bisogno, in certi momenti della vita”, spiega fra Marco Fabello, responsabile scientifico del corso condotto il 9 e il 16 marzo, “di perdonare e di essere perdonati. Senza perdono, si finirebbe per rimanere avvinti al male fatto o subito, si continuerebbe a soffrire in noi stessi e si rimarrebbe prigionieri del passato, sciupando le opportunità che il presente ci offre”. Per questo, al centro San Giovanni di Dio di Brescia, spiegano agli operatori sanitari come incamminarsi nella “via della riconciliazione”, attraverso esercitazioni individuali e di gruppo sul valore delle emozioni, sul significato del tempo e della resilienza.
“Le offese – spiega la dottoressa Laura Maria Zorzella, docente del corso – provocano, in chi le subisce, una sofferenza persistente, che ne altera il benessere psicofisico”. Dal punto di vista cognitivo, sentirsi offesi provoca incredulità, smarrimento, senso di impotenza che si traducono sul piano emotivo in rabbia, indignazione, vergogna ma anche paura e senso di colpa. Tutto ciò porta a covare sentimenti di vendetta o di fuga (che può voler dire anche rifugio nell’alcol o nelle droghe). Tutte emozioni, queste, che fanno star male. E allora, che cosa fare? “Il perdono – rimarca Zorzella – è terapeutico, perché aiuta l’individuo a liberarsi di una situazione stressante, a consolidare stati mentali e comportamentali più adattivi alle situazioni, a migliorare le relazioni in cui la persona è coinvolta, talvolta perfino a ritrovare un senso sul piano esistenziale”.
Ma come può avvenire? Riuscire a perdonare aiuta a pensare al futuro con il desiderio di riprogettarsi, attivando risorse e la capacità di resilienza, mentre l’atteggiamento contrario fissa al passato (si continua a pensare all’offesa e a rimuginare sui propri comportamenti mancati e alla vendetta). Riuscire a perdonare aiuta peraltro a rivalutare i sentimenti legati alla speranza e alla compassione, verso se stessi, gli altri e a riprendere un eventuale cammino di fede. La prima cosa, allora, è capire la differenza tra perdono e riconciliazione. “Il primo è un processo unilaterale, che ha luogo nella vittima soltanto; il beneficio è sul piano personale con ricaduta positiva sulle relazioni interpersonali in generale. Anche la salute benefica di tutto ciò. La seconda, invece, è una conquista bilaterale, frutto di un impegno reciproco: anche all’offensore è richiesto un cammino di revisione interiore e il relativo concreto impegno al cambiamento dei propri atteggiamenti. L’effetto di questo duplice impegno tra offeso e offensore sarà un percorso volto alla riconciliazione che porterà a una reciprocità relazionale ritrovata e nuovamente espressa”.
Al giorno d’oggi, esistono diversi programmi di intervento per imparare a perdonare, favorendo al contempo una maggiore sicurezza e una migliore e ottimistica valutazione di sé, riducendo i livelli di ansia, rabbia e stress e controllando le situazioni dannose. Quello proposto è stato elaborato da Jean Mombourquette e prevede 12 tappe fondamentali da seguire:

  1. Non vendicarsi e far cessare i gesti offensivi: la vendetta, infatti, fissa l’attenzione sul passato, alimenta la collera e, quindi, lo stress.
  2. Riconoscere la propria ferita: soltanto così è possibile accettarla, curarla, trasformarla.
  3. Condividere la propria ferita con qualcuno: quando si racconta la propria storia, non si è più soli.
  4. Identificare bene la propria perdita per rinunciarvi: spesso, infatti, si è più colpiti dalla propria interpretazione dell’episodio, che non da ciò che è realmente avvenuto.
  5. Accettare la collera e la voglia di vendicarsi: bisogna imparare a gestirle e trasformarle in energie positive.
  6. Perdonare se stessi: soltanto con questa accettazione, si può essere più liberi.
  7. Capire chi ci ha offeso: non significa scusarlo o discolparlo, ma accettare quelle parti negative di sé che proiettiamo sull’altro.
  8. Trovare un senso all’offesa/ferita nella propria vita: è importante fare lo sforzo di abbandonare certe illusioni su di sé, interrogandosi sulla propria identità profonda, su ciò che vogliamo fare della nostra vita e su come stringere nuovi legami.
  9. Sapere di essere degni di perdono e già perdonati: la sfida è accettare di ricevere il perdono, senza sentirsi umiliati e diminuiti come persone.
  10. Non ostinarsi a voler perdonare a tutti i costi: non si può ridurre il perdono a un obbligo morale, lo si priverebbe del suo lato spontaneo e gratuito.
  11. Aprirsi alla grazia di perdonare: Dio detiene l’iniziativa del perdono, ma non lo impone.
  12. Decidere se porre fine al rapporto o rinnovarlo: la persona offesa deve fare verità su di sé e approfittare della sua esperienza per rivedere atteggiamenti e modi di comportarsi.
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ZENIT Staff

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