“Il Sabato santo è il giorno del silenzio di Dio. Gesù deposto nel sepolcro condivide con tutta l’umanità il dramma della morte”. (Papa Francesco – Udienza Generale, 23 marzo 2016) E oggi più che mai, travolti da una sequenza interminabile di orrore, sentiamo il bisogno di silenzio, di dare respiro all’anima, di ritrovare stabilità interiore, occhi e cuore persi per strade buie e senza uscita per cominciare a vivere il ‘nostro Sabato’ come invita il Santo Padre e imparare a ‘stare’ nel tempo che ci attraversa.
Violenza, distruzione, morte, sfruttamento, schiavitù, emarginazione, degrado, fame, odio, guerra … in questo abisso di tenebra è possibile scorgere uno spiraglio di luce all’orizzonte e credere ancora alla ‘buona notizia’? È ancora possibile oggi scoprire la santità del tempo, avvolto dalla benedizione di Dio? Dov’è il Dio dell’alleanza che ha visitato e redento il suo popolo e non si stanca di custodirlo lungo il cammino verso la terra promessa?
Quel Padre che ‘ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito’ ha forse dimenticato i suoi figli?
Mentre il grido di ogni cuore ferito sale al cielo in questo Sabato santo, ecco elevarsi sovrana, al di sopra di ogni oscurità, una “Donna” bellissima, regale, splendente, “vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”, proprio come l’emblema dell’Europa.
La sua presenza silenziosa, più eloquente di mille parole, come Gesù con i discepoli di Emmaus, si accosta discretamente per ‘stare’ con noi. Sta nel nostro smarrimento e ci rischiara la strada. Ci ri-orienta.
Ci scalda il cuore e riaccende in noi la speranza di una vita nuova. Qualsiasi situazione viviamo o osserviamo, qualsiasi sia la nostra o l’altrui passione, ci chiede di sostare con lei ai piedi della croce e di guardare le cose da una prospettiva nuova, dall’alto, anothen.
Assente al tempo dei trionfi, ora lei è lì, sotto la croce, più che mai presente, a vivere in strettissima simbiosi la passione del suo adorato Figlio, a morire d’amore con lui, senza poter morire. È lì a vivere con Lui la più profonda kenosi nella storia dell’umanità.
Impietrita da tanto dolore, atroce, insopportabile, inimmaginabile, il più grande che un essere umano possa provare, non infierisce, non si contorce, non urla, non scappa.
Lei soltanto ‘c’è’, con tutto il suo cuore, con tutta se stessa e ci svela la strategia vincente dell’essere nel dolore, nostro e altrui, dell’entrare in sé prima di uscire, senza spendere parole inutili, frasi di convenienza, atteggiamenti teatrali e ipocriti, senza esperti e sapientoni.
Lei ‘sta’, ci sta, non compiange il Figlio, non si chiede “perché?”, non invoca miracoli, non aspetta parole. Lei è lì, semplicemente, totalmente, visceralmente, a testimoniare l’amore perfetto, inscindibile, che la unisce a Lui. Niente e nessuno potrà mai separarli, nemmeno la morte. Un amore così non muore mai, non può morire, vive in eterno.
In lei si condensa la storia d’amore di ogni figlio, di ogni padre, di ogni madre che è chiamata a vivere la stessa atroce esperienza, la morte di un figlio: solo in lei riesce a trovare misteriosamente la sua vocazione, la sua missione, il suo compimento.
Chi più di lei può chiedere ad ogni cuore trafitto di non fermarsi al buio del Venerdì Santo?
Siamo incamminati come pellegrini nel “sabato” del tempo, verso l’ottavo giorno, in attesa della piena rivelazione della vittoria di Pasqua. Siamo chiamati a guardare oltre, certi che le promesse di Dio si avvereranno, allora, non cediamo alla tentazione di assolutizzare l’oggi.
Per quanto la notte possa essere oscura, non ci smarriremo se continueremo a tenere accesa la lampada della fiducia in Dio che ci fa sperare contro ogni speranza. Se, come questa Donna intrepida, innalzeremo lo sguardo oltre lo scandalo di ogni croce, di ogni dolore innocente.
“La Madonna dovrà essere l’icona, per noi, di quel Sabato Santo. Pensare tanto come la Madonna ha vissuto quel Sabato Santo; in attesa. È l’amore che non dubita, ma che spera nella parola del Signore, perché diventi manifesta e splendente il giorno di Pasqua” (Papa Francesco – Udienza Generale, 23 marzo 2016)
Dalla Croce, dai cuori squarciati del Figlio e della Madre irrompe un fiume di amore, immenso, senza confini. Acqua viva che sana ogni ferita, lenisce ogni angoscia, rigenera ogni morte, purché trovi un cuore aperto, disposto a riceverla.
Attraverso la Donna del Sabato Santo l’amore di Dio potrà accarezzare ogni crocifisso della nostra storia. Ogni ferita, ogni morte sarà trasfigurata in feritoia da cui risplenderà un raggio di luce del Risorto.
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La Donna del Sabato Santo
Quel Padre che ‘ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito’ ha forse dimenticato i suoi figli?