La conferenza politica organizzata dal Movimento cristiano lavoratori lo scorso fine settimana all’Ergife di Roma è una novità nel panorama scontato di questa campagna elettorale che, ancora una volta, si risolve in un balletto di candidature esibite non per i programmi da realizzare ma per la debolezza delle compagini, le quali non convincono neanche chi le dovrebbe sostenere.
La scelta di riunire nella capitale 250 amministratori di diverse provenienze partitiche, ma tutti accomunati dalla fedeltà alla dottrina sociale della Chiesa, è sicuramente un fatto nuovo.
Innanzi tutto perchè, con quest’iniziativa, il Mcl diversifica una proposta politico-culturale che negli anni scorsi aveva avuto un’unica declinazione possibile: quel nuovo partito dei cattolici che, preconizzato da papa Benedetto XVI a Cagliari, provò a muovere i primi passi a Todi e si fermò definitivamente con Todi 2.
Costalli, presidente del Mcl, non fece mai mistero di averci creduto e di essere rimasto deluso. Con la medesima franchezza, alla recente convention dell’Ergife, ha dichiarato “Non dobbiamo e non vogliamo parlare di un partito, ma siamo convinti che esista una classe dirigente sul territorio che va sostenuta e motivata. La crisi della partecipazione ci impone di collegare quell’attivismo civico che si manifesta in molti piccoli e medi enti locali”.
Insomma, si riparte dal pre-politico, come si sarebbe detto negli anni Ottanta.
Questa volta, però, non è una scelta rinunciataria, bensì la risposta a un bisogno: in ciò consiste il secondo motivo di novità.
La conferenza ha fatto emergere la domanda di minoranze creative come quella che il Mcl cerca di innescare, chiamate a mettersi in rete per dare voce alla maggioranza, oramai preda dello sconforto e, ella sì, della rinuncia.
Il Mcl si candida a essere “il connettore di questa maggioranza”, forte del mandato, ricevuto da papa Francesco durante l’udienza del 16 gennaio, a perseverare nell’opera di “educazione, condivisione e testimonianza”.
L’obiettivo è creare nel mondo cattolico una “minoranza creativa” in grado di sintetizzare l’antidoto a una politica sempre più malata di personalismo e autoreferenzialità e segnata da lotte intestine, come ha denunciato Costalli, sottolinea anche che oggi “chi partecipa non decide e chi decide non partecipa”.
La formula prevede un impasto di territorio e di partecipazione che deve ancora lievitare ma che ha già qualche autorevole imprimatur. All’incontro, infatti, ha partecipato il direttore dell’ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro, il quale ha invitato pubblicamente i presenti a “ricominciare a fare politica dal basso, riprendendo l’idea dell’agorà”.
“Molti problemi del nostro Paese – ha aggiunto – non ci sarebbero se si fosse ascoltato di più, fin dall’inizio, la partecipazione popolare”.
“È un lavoro lungo, che chiede perseveranza, ma i corpi intermedi (lo strumento chiave del progetto del Mcl, tant’è vero che a questo tema sono stati dedicati gli approfondimenti scientifici del convegno; ndr) avranno efficacia se avranno creato intorno a loro un sistema di ascolto. Tuttavia, questo non qualche giorno prima delle elezioni”.
Parole che confermano come il secondo tempo di Todi debba essere prepolitico.
La rete prepolitica dei cattolici
C’è bisogno di “fare politica dal basso, riprendendo l’idea dell’agorà”.