Persone disabili e privacy: le discriminazione degli algoritmi

Le limitazioni imposte dal Garante della Privacy ad alcuni enti territoriali per i concorsi nella Pubblica Amministrazione.

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Nell’ultima newsletter dell’Autorità Garante per la Privacy disponibile sul sito internet da pochi giorni [1], viene segnalato un importante provvedimento in tema di riservatezza delle informazioni pubblicate online in merito alle graduatorie dei concorsi pubblici per disabili nella Pubblica Amministrazione.
Su alcuni siti internet di diverse Province e di una Regione,  sono apparsi centinaia di nomi di disabili affiancati da informazioni non solo inerenti la data ed il luogo di nascita, risultanti  immediatamente visibili inserendo le informazioni nei motori di ricerca, ma anche tutta un’altra serie di dati quali il reddito, la percentuale di invalidità civile, il numero di familiari a carico.
Il Garante, non ha solo dichiarato illeciti i trattamenti dei dati da parte di questi enti territoriali, dati che peraltro non possono essere resi disponibili online. Ma ha richiesto anche a questi enti di mettersi in regola per il futuro per poter pubblicare online le informazioni, attenendosi alle linee guida emanate dall’Authority in particolare sulla diffusione dei dati sanitari.
Poiché nell’ambito della Pubblica Amministrazione si sono già verificati numerosi casi di pubblicazione di dati riservati, il Garante della Privacy con un provvedimento ad hoc valuterà se contestare anche una sanzione amministrativa. Questo sarebbe peraltro la conseguenza di un intervento già fatto nel 2015 dal Presidente Antonello Soro nei confronti di Sergio Chiamparino [2] per richiamare l’attenzione della Conferenza sulla prassi di pubblicare sui siti web degli enti pubblici documentazione estremamente delicata come quella inerente i dati della salute, in particolare quelli sulla disabilità.
Il tema della corretta pubblicazione sul web di queste informazioni si connette indissolubilmente con quelle che Pietro Minto chiama “le discriminazione degli algoritmi” [3], ovvero come i motori di ricerca raccolgono le informazioni su età, etnia, sesso e altro ancora e poi, sulla base di ciò che si è, questi algoritmi decidono cosa far vedere all’utente davanti allo schermo di internet.
E racconta di come, digitando CEO (amministratore delegato) su “Google immagini” si nota la predominanza di maschi banchi, oppure uno studio della Carnagie Mellon University  secondo il quale Google sceglie di mostrare meno annunci di lavori d’alto livello agli utenti di sesso femminile e, soprattutto, di un report della Casa Bianca del maggio 2014 che metteva in guardia le istituzioni dai pericoli dei Big Data, in grado di produrre “effetti discriminatori” e di “eludere meccanismi per la protezione dei diritti civili in uso da tempo”.
Nelle settimane della disputa tra la Apple ed un giudice federale USA per lo sblocco dell’iphone5 di un terrorista, con il dilemma tra Privacy e Sicurezza, il Garante italiano segnala come una istituzione pubblica è tanto più credibile quanto più rispetta i diritti fondamentali dei deboli.
*
NOTE
[1] La Newsletter, pubblicata il 29 febbraio sul sito www.garanteprivacy.it, oltre al tema dei concorsi per disabili nella PA, tratta della Banca dati delle opere d’arte rubate e su uno studio sui nuovi farmaci anticoagulanti.
[2] Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome
[3] All’interno del numero “La Lettura” del 26 luglio 2015, settimanale di cultura del Corriere della Sera.

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Antonio D'Angiò

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