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Mons. Khazen: "Basta imporre interessi stranieri alla Siria"

Il vicario apostolico di Aleppo dei latini spiega gli effetti positivi della tregua in atto. Ma deplora le connivenze straniere con l’Isis e chiede di “lasciare liberi i siriani di decidere per loro stessi”

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Si sarebbe dovuto tenere questa settimana un tour in Italia di mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo dei latini. Il presule avrebbe partecipato ad una celebrazione quaresimale e ad una serie di conferenze per raccontare il dramma che si sta consumando in Siria, sulla pelle dei suoi abitanti, specie delle minoranze religiose come i cristiani.
Tuttavia, proprio l’improvviso rinfocolarsi di questo dramma ha costretto mons. Abou Khazen a rinunciare al suo viaggio in Italia. Per telefono egli ha annunciato che doveva annullare gli appuntamenti perché “Aleppo non ha vie percorribili in questo momento”, in quanto “l’unica strada che collega la città al Sud è stata liberata dall’esercito regolare, ma altre sono ancora in mano alle milizie armate”. Mons. Abou Khazen ha inoltre spiegato che Aleppo è “tagliata fuori dai rifornimenti”, pertanto non possono arrivare aiuti. A qualche giorno di distanza, ZENIT lo ha contattato per sapere come si sta evolvendo la situazione e quali sono le speranze del popolo siriano riguardo i negoziati di pace che riprenderanno il 9 marzo a Ginevra.
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Eccellenza, cosa sta accadendo in queste ore ad Aleppo?
In queste ore ad Aleppo la situazione è meno difficile e meno grave di qualche giorno fa. L’esercito regolare è riuscito a rompere l’assedio e liberare l’unica strada che collega Aleppo alle altre zone della Siria, che l’Isis ed al-Nusra avevano in parte occupato. Quindi ora i rifornimenti, i viveri, il carburante, ecc. stanno arrivando in città. Ma siamo ancora da sei mesi  senza elettricità e da circa due mesi anche senza acqua. E in questi giorni i bombardamenti sui quartieri civili sono diminuiti notevolmente.
Quindi la tregua scattata sabato scorso sta producendo effetti positivi?
La tregua scattata sabato scorso sta producendo effetti molto positivi: ha fermato i fiumi di sangue e risparmiato morte, distruzioni e tanto dolore e sofferenze. Sta inoltre incoraggiando il processo di riconciliazione tra i siriani in varie parti della Siria, oltre ad aver dato una bella spinta ai negoziati programmati. Questa tregua sta permettendo che gli aiuti umanitari arrivino nelle zone assediate. Speriamo solo che il cessate il fuoco duri.
Ritiene, come ha recentemente detto il presidente Bashar al-Assad, che la catastrofe umanitaria in Siria sia dovuta, oltre che alla guerra, anche all’embargo imposto dai Paesi occidentali?
L’abbiamo detto dall’inizio che l’embargo imposto dai Paesi occidentali è un crimine! Tale metodo non aiuta mai, come sempre chi ne soffre e ne paga le conseguenze è solo il popolo. Tutto il popolo, ma in modo speciale i più poveri e deboli: andiamo mendicando per aiutare la popolazione e la gente che soffre la fame, mentre a causa dell’embargo centinaia di migliaia di siriani che lavorano all’estero non possono trasferire una piastra alle loro famiglie in Siria. Migliaia di studenti siriani che si specializzano all’estero devono interrompere i loro studi perché le loro famiglie non possono inviargli il denaro necessario, né il Governo pagare la borsa di studio per molti di loro. La gente soffre il freddo – ad Aleppo d’inverno si arriva a temperature al di sotto degli zero gradi – senza che si possano avere né gasolio né gas per riscaldarsi. Per non parlare della mancanza di medicine, macchinari necessari per gli ospedali, pezzi di ricambio, etc… Mi chiedo, al di là di aver prodotto questi disastri, l’embargo è forse riuscito a portare la pace e risolvere il conflitto?
È cambiato qualcosa negli ultimi cinque mesi, da quando è iniziato l’intervento russo?
In questi  ultimi cinque mesi, da quando l’intervento russo è iniziato, molte cose sono cambiate. Nei 18 mesi di intervento della cosiddetta coalizione internazionale anti Isis (condotto dagli Stati Uniti e dai loro alleati, ndr), i terroristi avevano occupato il 50% dei territori occupati. In questi ultimi 5 mesi di intervento russo, l’Isis ha perso il 20% di territorio che occupava, e anche gli altri gruppi jihadisti – ad esempio al-Nusra – perdono posizioni. L’esercito regolare è riuscito ad avanzare e a liberare molti villaggi e cittadine, permettendo così ai profughi di tornare. Soprattutto, è riuscito a fare riaprire gli edifici scolastici in questi posti e far tornare i ragazzi alla scuola dopo qualche anno di abbandono. E poi ricordo che alla Russia dobbiamo riconoscere di essersi impegnata in modo particolare per i negoziati e per la tregua.
Lei ha parlato in passato di quella in Siria come di una “guerra per procura”. Quali Paesi sarebbero coinvolti? E a quale scopo?
Il mio non è un giudizio temerario. Sono i fatti a dimostrare questa affermazione e ormai anche tutti i mass-media lo confermano. Così come lo confessano i Paesi stessi coinvolti, a partire dagli Usa, passando per alcuni Paesi europei, la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar…
A quali fatti fa riferimento?
Ciò che affermo lo si può dedurre facilmente analizzando alcuni aspetti di questa guerra: come è stato possibile che decine di migliaia di combattenti stranieri riuscissero a varcare i confini per arrivare in Siria? Chi li ha armati ed addestrati? Come ho detto prima, durante l’intervento della cosiddetta coalizione internazionale anti Isis, con a capo gli Usa, l’Isis ha occupato il 50% della Siria, ossia la metà del territorio! E aggiungo: chi sta acquistando il petrolio dall’Isis a costi ridottissimi? Chi sta comprando i tesori archeologici rubati dall’Isis in Iraq e in Siria? Gli unici che combattono l’Isis sul territorio sono i curdi e l’esercito regolare siriano. Ebbene, la Turchia sta bombardando i curdi e gli Usa non ne vogliono sapere dell’esercito regolare…
Il 9 marzo a Ginevra riprenderanno i colloqui di pace per la Siria. Qual è la vostra speranza?
Abbiamo una forte speranza. Speranza che finalmente vengano lasciati liberi i siriani di negoziare e di decidere per loro stessi, senza imporre gli interessi delle potenze regionali straniere. Questa è la condizione affinché i colloqui siano proficui. I siriani sono ormai stanchi di questa assurda guerra, più stanchi ancora dei tanti combattenti stranieri giunti in Siria per creare scompiglio e per imporre la sharia.
Secondo Lei i cristiani siriani sono destinati a un futuro lontano dalla loro terra?
Purtroppo già molti cristiani hanno lasciato la Siria e l’Iraq per cercare un futuro altrove, lontano dalla loro terra. Altri sono invece decisi a rimanere nonostante tutto. Il nostro futuro sta nelle mani del Buon Dio, che nell’Antico Testamento ha realizzato il suo piano salvifico per mezzo del Piccolo Resto rimasto o tornato dall’esilio. La Siria è l’Antiochia da dove, dopo Gerusalemme, è partito l’annuncio della Buona Novella e dove i discepoli di Gesù sono stati chiamati cristiani per la prima volta. E non credo che questo nome e questi discepoli spariranno. Continueremo a dare testimonianza in Oriente. San Paolo si è convertito alle porte di Damasco ed il Signore è capace di mandare altri Paolo.

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Federico Cenci

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