Avevo tre anni; ancora piccolo godevo quando zia Teresa mi valorizzava chiedendomi qualche servizio. Aspettavo con un certo senso di orgoglio le sue richieste.
Qualche volta mi chiedeva di prendere il “pignatino” da due litri e riportarglielo pieno dell’acqua del mare.
Erano poche centinaia di metri. Ma una sera non mi andava di camminare né di portare il pentolino che comunque ho riempito di acqua alla fontana vicina.
E’ stata la barzelletta della serata in casa mia. Non sapevo che da quell’acqua di mare, la zia doveva ricavare il sale necessario per il condimento.
E’ stata la volta che imparai definitivamente ad essere fedele alle richieste e che per avere acqua del mare dovevo proprio andare al mare. Il mio piccolo vuoto lo dovevo immergere nell’onda per riaverlo stracolmo. Al rientro ripetevo: zia ti ho portato il mare.
Quella immensità mi dava la certezza che mai mi sarebbe mancata l’acqua da portare a casa e che in nessuna altra parte avrei potuto trovare l’acqua richiesta.
Ora posso vivere se obbedisco alle domande, non della zia, ma di ogni prossimo che mi chiede un servizio, una mano, una parola, un piccolo gesto, un sorriso.
Sono consapevole di essere quel vuoto prezioso, quel “pentolino” che può sempre immergersi nell’onda e ripetere a chiunque: ti porto il mare.
Caro Anselmo, il vuoto mio e tuo può fare ottimo servizio se ad ogni richiesta ci immergiamo nell’immensità dell’amore. Possiamo allora ripetere ad ogni prossimo: ti porto Dio.
Ciao da p. Andrea
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Il “pignatino” di zia Teresa
Essere quel vuoto prezioso, quel “pentolino” che può sempre immergersi nell’onda e ripetere a chiunque: ti porto il mare, ti porto Dio