Lo scorso 20 gennaio, prima di un’Udienza generale, Papa Francesco ha ricevuto una delegazione islamica che lo ha invitato ufficialmente a visitare la “Grande Moschea” di Roma. Sarebbe un evento storico, giacché mai un Vescovo di Roma ha visitato questo luogo, inaugurato nel 1995 e ad oggi la più grande moschea del mondo occidentale.
A guidare la delegazione c’era Rayed Khaled A. Krimly, presidente del Centro Islamico Culturale d’Italia nonché ambasciatore del Regno dell’Arabia Saudita. A oltre un mese di distanza, ZENIT lo ha incontrato. Per parlare di quell’incontro sì, ma anche di conflitti internazionali e della Dichiarazione di Marrakech, che il Centro Islamico Culturale d’Italia ha adottato la scorsa settimana. Parte proprio da quest’ultimo tema il colloquio con cui ci intratteniamo nell’elegante edificio a ridosso di Villa Borghese che è l’Ambasciata del Regno dell’Arabia Saudita in Italia.
***
Dr. Rayed Khalid A. Krimly, che valore assume la Dichiarazione di Marrakech?
È una dichiarazione storica, perché a Marrakech si sono incontrati i leader della umma islamica (Paesi a maggioranza islamica, ndr) a livello mondiale. È stato affermato un valore basilare dell’Islam, che è la libertà per tutti, compresi i non islamici, di professare la propria religione. Questo diritto deve essere garantito a ogni persona che vive nei Paesi islamici. Il Centro Islamico Culturale d’Italia lo ha approvato perché ciò corrisponde ai principi del Centro stesso. Essi riflettono i valori dell’Islam e il meglio della convivenza tra musulmani e non musulmani. Un buon musulmano è un buon cittadino del suo Paese.
In linea con i principi espressi dalla Dichiarazione di Marrakech si pone l’incontro con Papa Francesco. Che impressione ha avuto dal colloquio con il Pontefice?
Come delegazione ufficiale del Centro Islamico siamo stati molto onorati di aver incontrato il Pontefice. Ci ha ricevuti calorosamente ed ha accettato il nostro invito a visitare la Grande Moschea di Roma. Naturalmente la data deve essere determinata secondo la sua agenda. Ciò che noi auspichiamo è che la visita avvenga nel corso del Giubileo, perché il valore della misericordia è centrale in tutte le religioni, compresa quella islamica. Siamo grati a Sua Santità Francesco per il suo continuo sostegno morale e spirituale per i diritti di ogni persona. Ciò si ricollega alla Dichiarazione di Marrakech: devono essere rispettati tutti i musulmani in Europa e tutti i cristiani nel mondo arabo.
A proposito dei cristiani nel mondo arabo. Qual è la loro situazione in Arabia Saudita?
I cristiani vengono considerati arabi-cristiani e come parte integrante dei Paesi nei quali vivono. In Arabia Saudita la popolazione saudita è musulmana. I non musulmani sono non cittadini ma residenti in Arabia Saudita, e sono i benvenuti. L’Arabia Saudita costituisce un’eccezione nel panorama islamico, perché è la sede delle due sacre moschee (Makkah, dove è nato Maometto, e Medina, dove è sepolto, ndr). È come se fosse il “Vaticano islamico” e come tale solo l’Islam può essere pubblicamente espresso. Tuttavia, chi decide di vivere nel nostro Paese è libero di praticare il cristianesimo privatamente.
La Dichiarazione di Marrakech condanna fermamente l’uso della religione “con scopo di aggressione ai diritti delle minoranze”. Il Washington Institute ha stimato che gran parte dei finanziamenti nei confronti di gruppi terroristi del Medio Oriente provengono dal Golfo Arabico e che oltre mille volontari dell’Isis sono sauditi. Come valutate queste stime?
Il terrorismo è nostro nemico ed è il nemico di tutti i musulmani. Esso sta tentando di abusare della nostra religione e di prenderla in ostaggio. In Arabia Saudita abbiamo le leggi più severe nei confronti non solo di chi aderisce al terrorismo, ma anche verso chi lo finanzia. E queste leggi sono supervisionate da una Commissione internazionale composta da agenzie sia americane che europee, coordinate con comitati permanenti. Sono misure così severe che talvolta anche donazioni innocue hanno difficoltà ad aver luogo perché entrano nelle maglie di questa legge. Il nostro strenuo tentativo è di fare guerra al terrorismo, a prescindere dalla nazionalità di chi lo compie. Molte operazioni hanno colpito infatti alcuni stessi sauditi. La nostra gente, le nostre forze di sicurezza, i nostri leader religiosi sono pronti a sacrificare le proprie vite per combattere il terrorismo. Continuamente e pubblicamente lo condannano. Certo, questo non significa che non ci siano persone giovani che sono mal guidate e sfruttate da menti deviate, che provengono dall’Iraq, dalla Siria, dallo Yemen, anche da Paesi europei. Analisi molto attuali hanno dimostrato che la maggioranza degli europei che si sono affiliati all’Isis, sono diventati estremisti all’interno delle prigioni europee. Magari sono finiti in carcere per questioni di droga, di furti, di crimini comuni. E poi, lì dentro, hanno incontrato un ambiente di criminali e di estremisti che li ha corrotti. Quella al terrorismo è una lotta che dobbiamo combattere tutti insieme.
Costantemente Papa Francesco prega per la pace in Siria e invoca risposte efficaci della comunità internazionale per raggiungere questo obiettivo. Crede che la tregua in atto nel Paese sia un buon segnale?
Sosteniamo la tregua ma vigiliamo affinché tutte le parti in conflitto la rispettino. Sono già state individuate diverse violazioni di questa tregua, da parte del regime di Assad e dei suoi sodali. Riteniamo che questa tregua sia importante per poter distribuire aiuti umanitari alla popolazione, dopo di che si potrà passare a una transizione e a un processo politico. La soluzione per noi è una Siria senza Bashar al-Assad e senza il terrorismo.
Ritiene che questa soluzione sia compatibile con l’attuale geografia della Siria oppure ci sarà bisogno di ridisegnare i confini del Paese?
Noi sosteniamo una Siria sovrana e unificata, con un sistema politico che includa tutti, dove i siriani possano godere di tutti i diritti e della partecipazione attiva alla vita del loro Paese. Qualsiasi proposta di cambio costituzionale deve venire dai siriani stessi e deve essere approvata da loro.
E se i siriani stessi dovessero ribadire il proprio sostegno a Bashar al-Assad?
Le assicuro che è impossibile. Ha assassinato centinaia di migliaia di suoi concittadini, ha usato bombe barile contro i civili, utilizza la morte per fame come un’arma, quasi la metà della popolazione è stata forzata a lasciare le proprie abitazioni. Certo, se poi, considerando che Assad ha rimosso persone dalle proprie case, si chiedesse solo alle truppe di votare, possibile pure che egli avrebbe qualche possibilità di vincere le elezioni. Ricordo che già sei milioni di siriani sono scappati dalla Siria.
C’è un altro conflitto in cui l’Arabia Saudita è coinvolta, quello in Yemen. Come giudica la decisione del Parlamento europeo di votare l’embargo sulla vendita di tutte le armi al Vostro Paese?
Probabilmente alcuni parlamentari europei non si basano su notizie corrette. È nostro diritto e nostro dovere fornire dunque informazioni fondate. Le milizie Houthi (che sono sciite e contro le quali combatte l’Arabia Saudita, ndr) stanno saccheggiando gli aiuti umanitari, stanno assediando le città, stanno costringendo i bambini a diventare soldati, stanno bombardando aree civili, comprese zone all’interno del territorio dell’Arabia Saudita. I raid dell’Arabia Saudita vengono pianificati ed eseguiti con molta attenzione. Siamo in grado di offrire libero accesso ai nostri amici americani ed europei per esaminarle.
Qual è attualmente la situazione in Yemen?
Ricordo che la guerra in Yemen si fermerebbe oggi stesso, se le milizie Houthi e i loro sostenitori si uniformassero a quanto disposto dalla Risoluzione Onu 2216 (che prevede il ritiro delle milizie Houthi, ndr), che è stata approvata senza un solo voto contrario. I primi ad angustiarsi per quanto sta accadendo sono il Governo dello Yemen, riconosciuto a livello internazionale, e l’Arabia Saudita, che è di gran lunga il più grande fornitore di assistenza umanitaria nello Yemen. Se questo Paese sprofondasse nel collasso, con un Governo sostituito da milizie settarie e gruppi terroristi, andrebbe a beneficio dei civili yemeniti? I nostri amici del Parlamento europeo sarebbero pronti ad accogliere milioni di profughi dallo Yemen? Speriamo piuttosto che i parlamentari europei si possano unire a noi nel fornire assistenza ai nostri fratelli yemeniti.
Ad oggi Arabia Saudita e Santa Sede non intrattengono relazioni diplomatiche. Ciò nonostante, negli ultimi anni i rapporti si sono molto sviluppati. Prevede che in futuro potranno esserci ulteriori progressi?
Dobbiamo ricordare che il sovrano saudita nel 2007 ha incontrato il Papa in Vaticano. L’Arabia Saudita e il Vaticano già collaborano in organizzazioni internazionali a favore della pace. Credo dunque che ci potranno essere ulteriori progressi, anche perché non esistono problemi che pongono in alcun modo le due parti in conflitto.
Rayed Khaled A. Krimly - Ambassador of Saudi Arabia to Italy
Papa alla Moschea di Roma: "Speriamo venga durante il Giubileo"
Rayed Khaled A. Krimly, presidente del Centro Islamico Culturale d’Italia e ambasciatore dell’Arabia Saudita, parla dell’incontro con il Papa, della Dichiarazione di Marrakech e di conflitti in Medio Oriente