“Siamo molto preoccupati per le recente decisione dell’Europa di chiudere le proprie porte ai rifugiati afgani, specialmente in questo periodo in cui il numero delle vittime civili in Afghanistan ha raggiunto livelli altissimi. Nel solo 2015 un quarto dei civili che hanno perso la vita nel conflitto erano bambini”. Goran Bilic, responsabile del team di Save the Children per la risposta all’emergenza nell’area balcanica, commenta così la notizia della chiusura delle frontiere tra Macedonia e Grecia ai rifugiati afgani, dove l’organizzazione sta operando a sostegno dei minori migranti e che sta creando grande tensione in questi giorni.
Sono, infatti, oltre 10 mila i profughi ammassati al confine tra Grecia e Macedonia, che da giorni cercano di proseguire il viaggio verso il nord Europa. Le autorità macedoni affermano che tale blocco si è reso necessario a causa del limite imposto dall’Austria di accettare non più di 80 richiedenti asilo al giorno.
“Dividere rifugiati e migranti alle frontiere sulla base della sola nazionalità viola il diritto internazionale e nega alle persone il diritto di essere ascoltate e di sentir prese in considerazione le loro istanze individuali da parte di valutatori esperti”, afferma Bilic. “Molti degli afgani si trovano in questo momento in condizioni sempre più precarie, con poche risorse finanziarie a disposizione e sono bloccati in zone di confine dove mancano strutture e servizi adeguati ad ospitare un numero così grande di persone”.
“Lo scorso anno – prosegue il rappresentante della ong – i minori afgani costituivano il maggior numero dei minori migranti non accompagnati. Ancora una volta le politiche di deterrenza dell’Europa aggiungono soltanto ostacoli, pericoli e incertezze al viaggio che i i più vulnerabili, ovvero i bambini, devono affrontare. Più le possibilità di viaggiare in sicurezza verranno limitate, più i minori si vedranno costretti a rivolgersi a sfruttatori e ad intraprendere percorsi illegali e pericolosi, aumentando così il rischio che diventino vittime di violenza e sfruttamento”.
Pertanto, conclude Goran Bilic, “i Paesi europei devono fornire una risposta unitaria alla crisi, assicurando percorsi sicuri e legali per raggiungere l’Europa, sostenendo i bisogni umanitari delle persone che si trovano all’interno dei loro confini e affrontando le cause più profonde che sono alla base della crisi. Solo in questo modo i bambini più vulnerabili e le loro famiglie potranno essere protetti”.