Una fila silenziosa e orante, preceduta da una croce in legno con il logo dell’Anno Santo, camminava questa mattina in piazza San Pietro per attraversare la Porta Santa. Sono i dipendenti della Curia Romana, del Governatorato e delle Istituzioni collegate con la Santa Sede che, oggi, nella festa liturgica della Cattedra di san Pietro, celebrano il loro Giubileo.
In mezzo a loro, tra vescovi, cardinali e sacerdoti con indosso i paramenti, tra i dipendenti laici, tra cui anche operai e spazzini, in terza fila, come un pellegrino qualunque, c’è anche Papa Francesco. A piedi il Pontefice ha raggiunto la processione che, dall’Aula Nervi, procedeva verso la Basilica e si è inserito nel gruppo, attraversando la Porta Santa a testa bassa e mani giunte.
“Abbiamo attraversato la Porta Santa e siamo giunti alla tomba dell’Apostolo Pietro per fare la nostra professione di fede; e oggi la Parola di Dio illumina in modo speciale i nostri gesti”, spiega poi nell’omelia. E sottolinea che a noi, “chiamati ad essere Pastori nella Chiesa”, ci farebbe bene “lasciare che il volto di Dio Buon Pastore ci illumini, ci purifichi, ci trasformi e ci restituisca pienamente rinnovati alla nostra missione”.
L’auspicio del Santo Padre è “che anche nei nostri ambienti di lavoro possiamo sentire, coltivare e praticare un forte senso pastorale, anzitutto verso le persone che incontriamo tutti i giorni”. “Che nessuno si senta trascurato o maltrattato, ma ognuno possa sperimentare, prima di tutto qui, la cura premurosa del Buon Pastore”, è l’invito di Francesco, che ricorda la chiamata “ad essere i collaboratori di Dio in un’impresa così fondamentale e unica come quella di testimoniare con la nostra esistenza la forza della grazia che trasforma e la potenza dello Spirito che rinnova”.
“Lasciamo che il Signore ci liberi da ogni tentazione che allontana dall’essenziale della nostra missione, e riscopriamo la bellezza di professare la fede nel Signore Gesù”, esorta Papa Francesco. Richiama quindi la domanda che Cristo, dopo duemila anni, continua a ripetere ad ognuno di noi: «Voi, chi dite che io sia?».
“Una domanda chiara e diretta, di fronte alla quale non è possibile sfuggire o rimanere neutrali, né rimandare la risposta o delegarla a qualcun altro”, dice il Pontefice. “In essa non c’è nulla di inquisitorio, anzi, è piena di amore”: l’amore dell’unico Maestro “che oggi ci chiama a rinnovare la fede in Lui”. Per primo il Successore di Pietro è “chiamato a rinnovare la sua professione di fede”, perché “porta con sé la responsabilità di confermare i fratelli”.
“Il nostro pensiero e il nostro sguardo siano fissi su Gesù Cristo, inizio e fine di ogni azione della Chiesa”, rimarca allora il Vescovo di Roma. “Lui è il fondamento e nessuno ne può porre uno diverso. Lui è la ‘pietra’ su cui dobbiamo costruire”; e su di Lui si fonda la Chiesa che – come scriveva sant’Agostino – “pur agitata e scossa per le vicende della storia, non crolla, perché è fondata sulla pietra”.
Da qui deriva il nome di Pietro: “Non è la pietra che trae il suo nome da Pietro – ricorda Francesco – ma è Pietro che lo trae dalla pietra; così come non è il nome Cristo che deriva da cristiano, ma il nome cristiano che deriva da Cristo”.
E’ in virtù di questa professione di fede che ciascuno di noi ha “il compito di corrispondere alla chiamata di Dio”. Anzitutto i Pastori, a cui è richiesto “di avere come modello Dio stesso che si prende cura del suo gregge”, quale segno “dell’amore che non conosce confini”. “È una dedizione fedele, costante, incondizionata, perché a tutti i più deboli possa giungere la sua misericordia”, afferma il Papa.
E sottolinea che “la fedeltà al ministero bene si coniuga con la misericordia di cui vogliamo fare esperienza”. D’altronde, nella Sacra Scrittura, “fedeltà e misericordia sono un binomio inseparabile”, annota: “Dove c’è l’una, là si trova anche l’altra, e proprio nella loro reciprocità e complementarietà si può vedere la presenza stessa del Buon Pastore”.
La fedeltà richiesta è, dunque, “quella di agire secondo il cuore di Cristo”. Come dice l’apostolo Pietro, “dobbiamo pascere il gregge con animo generoso e diventare un modello per tutti”. “In questo modo – conclude il Pontefice – quando apparirà il Pastore supremo potremo ricevere la corona della gloria che non appassisce”.