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L’orgoglio che non ci fa credere

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Lc 11,29-32

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Lettura
Poco prima della pericope che la Chiesa ci fa ascoltare oggi, l’evangelista Luca aveva narrato come i farisei accusassero Gesù di aver cacciato i demòni con l’aiuto di Beelzebul. Gesù risponde alla loro domanda, ma i farisei, non soddisfatti, gli chiedono un segno. Segno che Gesù indica riferendosi a quello di Giona (Gio 3,5) e a quello della Regina del Sud (1Re 10,1-13).
Meditazione
In molti abbiamo pensato, forse da bambini, che sarebbe stato bello vivere al tempo di Gesù, poterlo incontrare e vederlo con i nostri occhi compiere i miracoli. Forse abbiamo anche pensato che così sarebbe stato più facile credere in Lui. E forse ci siamo spinti ancora più in là e abbiamo pensato di dettare a Dio le condizioni per credere “Signore, credo se…”, oppure, al contrario, “non credo più perché…”. Così, sembra che siamo noi a dettare a Dio le condizioni del nostro credere. Anche noi, dunque, come i farisei, e un po’ anche come la gente comune, che ai tempi di Gesù lo seguiva solo per vedere i miracoli, finiamo per porre delle condizioni. Gesù non apprezza questo modo di fare e giudica in modo severo la generazione del suo tempo. In proposito, ricorda che gli abitanti di Nìnive credettero e si convertirono ascoltando le sole parole di Giona. Gesù è più di Giona, è più di un piccolo profeta dell’Antico Testamento, eppure la gente non crede. Cosa sarà stata mai la sapienza di Salomone in confronto a quella di Gesù? Eppure la Regina del Sud fece il lungo viaggio a Gerusalemme senza chiedere prima un segno speciale. Cos’altro avrebbe dovuto fare Gesù per confermare la sua missione? Cos’altro chiediamo noi, per credere? E perché gli abitanti di Nìnive, pur avendo avuto molti meno segni, hanno cambiato vita? Gesù, riferendosi ai suoi contemporanei, parla di “generazione malvagia”, ma noi non siamo da meno. Gesù risorge – può esserci un miracolo più grande? – e loro e noi non riusciamo a credere. Crediamo più facilmente agli uomini che il più delle volte ci ingannano, che a chi si è dimostrato infinitamente buono ed è morto, innocente per noi. È l’orgoglio che impedisce la fede, come nel caso dei farisei? Siamo arroganti anche davanti al Signore?
Preghiera
«Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace» (sant’Agostino).
Agire
Oggi farò un piccolo gesto, anche in pubblico, per mostrare la mia fede: per esempio, un segno della croce.
Meditazione del giorno a cura di Alexandra von Teuffenbach, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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