L’SS-Obersturmbannführer Adolf Eichmann, responsabile del traffico ferroviario che trasportava gli ebrei nei campi di concentramento, viene catturato dal Mossad in Argentina l’11 maggio 1960. L’11 aprile 1961 ha inizio a Gerusalemme il processo a suo carico.
Il produttore televisivo Milton Fruchtman riesce, non senza fatica, a convincere le autorità israeliane e i giudici della necessità di riprendere le varie fasi del dibattimento. Altrettanta fatica deve sopportare per convincere i responsabili della televisione ad assumere come regista Leo Hurwitz rimasto per dieci anni nella lista nera della commissione McCarthy impegnata nella caccia alle streghe ‘comuniste’.
Si tratta della prima occasione per il mondo intero di assistere alle testimonianze sconvolgenti dei sopravvissuti e quindi prendere direttamente coscienza delle dimensioni dell’Olocausto.
Una regia e una sceneggiatura attente ripercorrono con rispetto della storia un evento che ha svelato il grande potenziate comunicativo della televisione
Sembra quasi impossibile crederlo oggi, ma nel 1961, quando a Gerusalemme iniziò il processo ad Eichmann, gli stessi ebrei non credevano ai racconti dei sopravvissuti dai campi di concentramento: li consideravano inverosimili, degni di un film di Hollywood o peggio, pensavano che fossero sopravvissuti perché collaborazionisti.
Ci vollero le riprese televisive del processo, il primo evento televisivo mondiale della storia (distributo in 37 paesi), perché ebrei e tedeschi, europei e americani venissero messi di fronte a una realtà che appariva ormai, dopo quelle riprese, inconfutabile.
Questo Eichmann Show si muove abilmente su due fronti: quello prettamente mediatico, mostrando le difficoltà ma anche le abilità che furono necessarie per arrivare a realizzare quel programma, e quello delle coscienze turbate di tutti gli spettatori, sia di coloro che erano impegnati direttamente nelle riprese, sia del pubblico che in Israele poté ascoltare il dibattito il diretta alla radio e poi in differita alla televisione.
Il film ricostruisce il lavoro della troupe televisiva (tutti israeliani tranne il produttore Milton Fruchtman e il regista Leo Hurwitz, entrambi ebreo-americani) e non ha timore di entrare nei dettagli tecnici delle riprese, allora pionieristiche, realizzate tramite telecamere multiple (inclusa la necessità di nascondere le telecamere dietro un muro dell’aula, all’epoca molto ingombranti), con la precisa intenzione di voler ricostruire un punto nodale della storia recente della comunicazione pubblica.
All’epoca non c’erano certo le trasmissioni satellitari e il mondo-visione veniva realizzato riversando le riprese fatte su dei nastri che venivano poi spediti per via aerea alle varie capitali del mondo.
Il racconto porta avanti in contrasto fra due modi diversi di concepire l’uso dei media: quello del produttore Milton, attento all’indice di ascolto, e quello di Leo, desideroso di trovare, con le telecamere puntate sull’imputato, le radici stesse del male.
Se il primo è preoccupato che l’imperturbabilità del volto di Eichmann non riesca a vincere la concorrenza di altri eventi televisivi concomitanti come il volo di Gagarin nello spazio e la crisi di Cuba, Leo al contrario cerca di cogliere, nel volto di Eichmann, una benché minima traccia di umana commozione di fronte alle atrocità raccontate nel processo.
Fu proprio il primo piano di Eichmanm, più di altre testimonianze ascoltate al processo, che turbarono la coscienza collettiva. Possibile che il male possa incarnarsi in quella persona tranquilla, rispettosa della corte, perfino onesta, quando deve ammettere le sue responsabilità nei trasporti ferroviari dei deportati, ma così imperturbabile di fronte alle testimonianze di tante atrocità?
E’ lo scandalo che percepì Hannah Arendt (raccontato nel film omonimo) e che finirà per scrivere le sue riflessioni nel suo libro più famoso: la banalità del male.
Ma anche il regista Leo, come è messo in evidenza in questo film, non volle che le riprese che sta facendo servissero solo per costruire il mito di un mostro; sarebbe stato troppo semplice, troppo assolutorio da parte di tutti, mentre quell’uomo grigio, di modesta intelligenza, ligio al dovere, non certo un leader, stava lì a dimostrare che il male può impossessarsi di ognuno di noi, in particolari circostanze.
Alla fine, quelle riprese sortirono l’effetto desiderato. Non solo a vantaggio del governo israeliano che potè dire di aver avuto il suo “processo di Norimberga” ma per la coscienza di tutti gli israeliani e di tutti i popoli dell’Occidente che non poterono più dire di non sapere. La prima ripresa in mondo-visione aveva mostrato che la televisione poteva diventare “agente della storia”.
Titolo Originale: THe Eichmann Show
Paese: GRAN BRETAGNA
Anno: 2015
Regia: Paul Andrew Williams
Sceneggiatura: Simon Block
Produzione: FEELGOOD FICTION, BRITISH BROADCASTING CORPORATION (BBC)
Durata: 90
Interpreti: Martin Freeman, Anthony LaPaglia
Pixabay
Il Processo del secolo per tentare di capire l’origine del male
Un film che racconta l’arresto ed il processo all’ufficiale nazista Adolf Eichmann