Nell’ambito delle attuali discussioni sul ddl Cirinnà e del ruolo dei pastori nella difesa della famiglia naturale, riceviamo e volentieri pubblichiamo, la riflessione di monsignor Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano.
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Ho scelto di prendere parte al Family Day dello scorso 31 gennaio, al Circo Massimo, perché ho sentito il dovere di dare un segno concreto come pastore che crede alla potenza del lievito evangelico, quando esso trova l’accesso all’interno della società, con tutte le sue ferite e le sue contraddizioni.
Ho sentito necessario capire da vicino, stando in mezzo, questo grido che sale dal nostro tempo in fase di cambiamento. Non sono qui per affermare un rigore morale. Ma con il mio esserci, desidero partecipare a quello che la Chiesa esercita, attraverso l’ascolto dello Spirito, come discernimento sapienziale sulla storia in cui viviamo.
Sono andato a Roma, con la mia diocesi, per testimoniare che il messaggio cristiano non toglie niente a nessuno, poiché non marcia mai contro nessuno e che in fondo occorre capirci di più, visto che tutti, in fondo, cerchiamo che il nostro Paese non scarti mai nessuno. I valori cristiani propongono, infatti, strade inequivoche, solide per quanto riguarda la difesa della dignità della persona. Il matrimonio va distinto dalle altre forme di convivenza.
Ho vissuto perciò quella giornata come un appuntamento irrevocabile, in cui chi vi ha partecipato ha avuto il dovere di annunciare che la Chiesa vigila sull’ordinamento politico, nelle questioni economiche, chiede che tutti possano avere lavoro e spazi di realizzazione, perché ha a cuore la salvezza delle anime ed è giusto sforzarsi di finalizzare il futuro verso il bene comune e la sua improrogabile costituzione.
Questo tipo di manifestazione non si è tenuta per suddividere o selezionare da una parte i cosiddetti “normali” e dall’altra i “diversi”. Siamo tutti persone. Con scelte e aspirazioni completamente differenti. Ma sempre e prima di tutto persone! Ricordare la bellezza dei valori come la famiglia secondo il dettame divino, non significa abbandonare chi non condivide questo valore inviolabile o esercitare un dominio di giudizio contro di loro o di emarginazione verso chi richiede l’inalterabile!
Ma è impegno a difendere la specifica caratteristica della famiglia, il suo ruolo e il suo essere una comunità “naturale”. Anche la nostra Costituzione nell’art.29 riconosce che la famiglia è società naturale fondata sul matrimonio. E la famiglia scritta nella Costituzione, come nella Bibbia, non è un modello, ma è il modello. Unico. Sintesi perfetta di due identità diverse, uomo e donna. Quando si affronta la questione dei diritti, occorre chiedersi a cosa veramente può portare il travisare la natura, manipolarla secondo i nostri provvisori e mutevoli desideri. Dove ognuno ne può esprimere a piacimento.
Porsi di fronte alla verità delle cose, non significa subirle, ma fare attenzione per non turbarle o finire col controllare il timone sociale con i propri umori e attraverso tendenze transitorie. Perché i risultati, lo abbiamo visto tante volte nella storia, non sono certo rassicuranti e promettenti. Esiste una regola dentro la vita delle cose, che non è stata infusa ovviamente da mano umana. E’ nella natura. È la natura! Che va rispettata prima di ogni nostro diritto. Non si può rivendicare ciò che non è previsto assolutamente dall’orientamento naturale.
Poter frugare nelle profondità della nostra natura, non ci abilita a stravolgere un intero sistema sociale e culturale, lasciando in tempesta e confusione tutto ciò che si è spaginato. Non tenendo poi conto delle generazioni future, di quello che andremo a consegnare loro in eredità. Possiamo essere d’accordo o no con tutto ciò. Ma ne va della nostra libertà, della responsabilità verso noi stessi e gli altri. Cosa cerchiamo veramente? Una società che pretende di strutturarsi soltanto su iniziative individuali, alla fine reggerà? Occorrono radici solide e condivise per germogliare frutti buoni e non avvelenati sui rami della storia.
Denken ist danken, diceva il filosofo Hegel, perché pensare è prima di tutto ringraziare e capire che è fondamentale, al di sopra di ogni altra urgenza o disapprovazione, rapportarsi con tutto ciò che la gratuità ci ha fatto trovare predisposto come spazio sacro, dove ognuno trovi posto e ricavi il senso alla propria vita. Mantenendo originale la propria visione del mondo, in una dinamica che non respinge nessuno, ma che richiede a tutti, non di aderire ad una fede invece che ad un’altra, bensì di porre la propria fiducia nei principi primi e nei fini ultimi che sono antropologici, coinvolgendo tutti gli aspetti fondamentali della vita. È necessario non idolatrare la propria autonomia, ma uscire da ogni particolarismo e dalle ideologie riduttive per l’uomo e la sua identità. La chiave risolutiva, in questi casi, è distinguere, porre cioè chiare le differenze di significato e di sostanza delle parti in questione. Tutti ci impegniamo allora a desiderare che l’uomo diventi ciò che veramente è chiamato ad essere.
La bellezza dei valori e il rispetto dei diritti
Le ragioni del Family Day spiegate da un vescovo, in termini cristiani e, allo stesso tempo, laici