Il valore economico ed occupazionale della White Economy

Nella Ricerca Censis – Unipol del dicembre 2015

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Prima di addentrarci nei valori economi ed occupazionali della White Economy (WE), è opportuno ricordare quali sono le attività in essa incluse. Nella Ricerca Censis – Unipol di fine 2015 [1], in questo cluster si racchiudono le attività di Servizi Sanitari; Previdenza pubblica e istituzioni sanitarie; Produzione e Commercio di prodotti farmaceutici e dispositivi medicali; Previdenza complementare e assicurativa; Personal Care (servizi di assistenza e cura alla persona); Istruzione in campo medico e paramedico.
Il contributo che la WE fornisce al valore complessivo della produzione nazionale è pari al 9,4% quantificabile in circa 290 miliardi di euro di cui, per indicarne alcuni, il 42,2% del totale va ai servizi sanitari (122 miliardi di euro) o il 10,4% al personal care (dati riferiti al 2013).
Pur rimanendo stabile nel corso degli anni la produzione complessiva, vi è stato un aumento intorno al cinque per cento della previdenza complementare e assicurativa e, confrontando il settore della WE con gli altri settori economici sempre riferiti ai valori 2013, si riscontra come solo quello del Commercio presenti un valore di produzione complessivo superiore (314 miliardi di euro).
Il valore aggiunto per addetto [2], che può indicare la produttività del settore della WE evidenzia che, con 60mila euro, si posiziona molto vicino al valore medio del totale delle attività economiche in Italia (62mila euro) superando Commercio e Costruzioni ed al di sotto della Industria Manifatturiera e del Trasporto.
Se si approfondisce il tema dell’occupazione generata negli ambiti della WE; alle unità di lavoro direttamente operanti nelle diverse branche, pari a 2milioni e 867mila, vanno aggiunti quelli che operano nelle attività a monte (cioè quelle che consentono l’attività della WE) pari a 810mila, e quelli che operano nelle unità a valle (sostanzialmente solo nella produzione e commercio prodotti farmaceutici e medicali) pari a 150mila, per un totale quindi di oltre 3milioni e 800mila unità di lavoro. Quest’ultimo dato fa sì che l’incidenza delle unità di lavoro nella WE sono pari al 16,5% del totale nazionale.
Da rilevare che le unità di lavoro nel Personal Care sono il 28% delle unità di lavoro nella WE, la cui spiegazione viene fornita nella ricerca del Censis per l’altissima intensità di lavoro di questo settore di attività.
L’impatto della WE sulle altre branche produttive, in termini di effetti moltiplicativi per il reddito sia a monte che a valle, evidenzia come per 100 euro spesi nell’ambito della WE [3] si attivano 158 euro di reddito complessivo nel sistema economico nazionale, con i valori estremi polarizzati tra i 118 euro come contributo dell’Istruzione ed i 214 della Produzione e commercio di prodotti farmaceutici e dispositivi medicali.
Infine, l’altro impatto della WE in relazione all’occupazione, mostra come 100 nuove unità di lavoro attivano 133 in altre branche dell’economia italiana, con il picco che in questo caso si raggiunge con i 281 unità di lavoro del settore pubblico della previdenza e degli organismi di regolazione del sistema sanitario centrale.
 
 
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NOTE
 
[1] Per altri approfondimenti sul tema si può fare riferimento sia alla edizione di Zenit del 10 dicembre 2015 che, naturalmente, alla documentazione presente sul sito www.censis.it inerente la ricerca “Welfare Italia 2015 – Impatto e potenziale di crescita della White Economy”.
 
[2] Il Valore aggiunto per addetto è dato dal rapporto tra il valore aggiunto generato – valore dei ricavi dalla vendita di beni e servizi decurtata degli acquisiti – sul numero degli addetti impiegati.
 
[3] E’ la somma di quanto si spende per investimenti, per aumentare la produzione, per migliorare i servizi, ecc..

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Antonio D'Angiò

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