“Aiutate i penitenti a vincere la vergogna, la rigidità non serve”

L’esortazione di papa Francesco ai Missionari della Misericordia, alla vigilia della loro investitura ufficiale

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I Missionari della Misericordia stanno per ricevere da papa Francesco un mandato di straordinaria responsabilità: testimoniare la “vicinanza di Dio e del suo modo di amare”. Lo ha ricordato il Pontefice stesso nel corso dell’udienza loro concessa oggi pomeriggio nella Sala Regia del Palazzo Vaticano.
L’investitura ufficiale dei missionari – 1142 in totale e provenienti da tutto il mondo – avrà luogo domani pomeriggio, nel corso della Santa Messa del Mercoledì delle Ceneri.
Il Santo Padre ha ricordato che tale “segno di speciale rilevanza” che caratterizza il Giubileo, “permette in tutte le Chiese locali di vivere il mistero insondabile della misericordia del Padre”.
E Dio non ama secondo “il nostro modo, sempre limitato e a volte contraddittorio”, ma secondo “il suo modo di amare e perdonare, che è appunto la misericordia”, ha sottolineato il Papa.
Ai 726 Missionari della Misericordia ricevuti in Vaticano, Francesco ha raccomandato di esprimere la “maternità della Chiesa”, la quale continuamente genera “nuovi figli nella fede”. La Chiesa, quindi, è “madre” perché “nutre la fede” ed “offre il perdono di Dio,  rigenerando a una nuova vita, frutto della conversione”.
Secondo il Pontefice, non si può affatto “correre il rischio che un penitente non percepisca la presenza materna della Chiesa che lo accoglie e lo ama”. Se, al contrario, prevalesse la “nostra rigidità”, sarebbe “un danno grave in primo luogo per la fede stessa, perché impedirebbe al penitente di vedersi inserito nel Corpo di Cristo”, limitando anche “il suo sentirsi parte di una comunità”.
Ogni cristiano, dunque, è chiamato ad essere “espressione viva della Chiesa che, come madre, accoglie chiunque si accosta a lei, sapendo che attraverso di lei si è inseriti in Cristo”, ha ricordato il Santo Padre.
“Entrando nel confessionale – ha proseguito – ricordiamoci sempre che è Cristo che accoglie, è Cristo che ascolta, è Cristo che perdona, è Cristo che dona la pace”.
Sono proprio i ministri di Dio, ha aggiunto il Papa, ad aver “bisogno di essere perdonati da Lui” e, qualunque peccato essi assolvano, sono chiamati a “ricordare la propria esistenza di peccatore e a porsi umilmente come ‘canale’ della misericordia di Dio”.
A questo proposito, Bergoglio ha rievocato con gioia” la sua confessione più importante: quella fatta a 16 anni, il 21 settembre 1953, che orientò la sua vita verso la vocazione sacerdotale. “Cosa mi ha detto il prete? Non mi ricordo” – ha raccontato a braccio -. Solo mi ricordo che mi ha fatto un sorriso e poi non so cosa è successo”.
Ogni confessore, ha proseguito, dovrà sempre saper guardare al “desiderio di perdono presente nel cuore del penitente”, alla sua “nostalgia di Dio, del suo amore e della sua casa”. Tale desiderio si rafforza in modo particolare “quando si decide nel proprio cuore di cambiare vita e di non voler peccare più”.
C’è poi una componente della quale “non si parla molto, ma che è invece determinante” e che Francesco ha indicato nella “vergogna”. Non è infatti facile confessare il proprio peccato a un altro uomo, “pur sapendo che rappresenta Dio”. Tale sentimento di vergogna, che si riscontra già in Adamo ed Eva, dopo il compimento del peccato originale (cfr Gen 3,7-10) “richiede  da parte del confessore un atteggiamento di rispetto e incoraggiamento”. Un buon confessore, ha aggiunto Bergoglio, dovrà “capire non solo il linguaggio della parola, ma anche il linguaggio dei gesti”.
È ancora l’Antico Testamento a raccontare un analogo e sorprendente episodio: quello dell’ubriachezza di Noé, che arriva a “venir meno alla propria dignità, fatto che la Scrittura esprime con l’immagine della nudità”, prima che due dei suoi tre figli decidano di prendere il mantello per coprirlo “perché ritorni nella dignità di padre (cfr Gen 9,18-23)”.
Chi confessa, dunque, dovrà sempre tener conto che davanti a sé, non ha “il peccato, ma il peccatore pentito”, vale a dire una persona colma di vergogna e desiderosa di “essere accolta e perdonata”.
Nessuno di noi, allora, è chiamato a “giudicare, con un senso di superiorità, come se noi fossimo immuni dal peccato – ha spiegato il Pontefice -. Al contrario, siamo chiamati ad agire come Sem e Jafet, i figli di Noè, che presero una coperta per mettere il proprio padre al riparo dalla vergogna”.
Amministrare la confessione “secondo il cuore di Cristo, equivale a coprire il peccatore con la coperta della misericordia, perché non si vergogni più e possa recuperare la gioia della sua dignità filiale”.
Non è certo con la “clava del giudizio”, che si potrà “riportare la pecorella smarrita all’ovile, ma con la santità di vita che è principio di rinnovamento e di riforma nella Chiesa” e che porta su di sé “il peso di chi è più debole”, consolandolo “con la forza della compassione”.
Anche ai Missionari della Misericordia, il Santo Padre ha indicato l’esempio di San Leopoldo Mandic e San Pio da Pietrelcina, due “santi ministri del perdono” che, “nella loro vita  hanno testimoniato la misericordia di Dio”.
“Quando sentirete il peso dei peccati a voi confessati e la limitatezza della vostra persona e delle vostre parole, confidate nella forza della misericordia che a tutti va incontro come amore che non conosce confini”, ha poi concluso papa Francesco.

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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